PAMOCK E LA SCATOLA MAGICA ( 2°)


Dopo il sequestro delle sue scatolette di caramelle passarono giorni tristi per il povero Gavij, se ne andava in giro senza meta, lontano dalle scuole dei bambini, camminando con passi strascicati, a tratti fermandosi come per cercare una strada o una destinazione ignota.

Avvenne poi per caso, passando in una viuzza della città del distretto, di notare, quasi nascosta tra muri di mattoni e porticine, un’antica e dimessa drogheria, giusto una finestrina e la vicina porta d’ingresso, inquadrata da piccoli vetri bombati.

Poiché la vetrinetta esibiva un piccolo campionario di dolci, torroni e caramelle di vario colore, graziosamente esposti su piattini di porcellana, tra nastri e piccole scatolette di caffè, il Gavij, oltremodo incuriosito, provò la maniglia d’ingresso ed entrò, o meglio vi precipitò dentro, sbattendo la testa contro la bassa cornice ed il soprastante campanello, incespicando nel piccolo scalino che scendeva nella stanzetta del negozio.

Il tonfo e lo scampanellio furioso, provocato dal suo catastrofico ingresso, fecero uscire da una tendina color zafferano la proprietaria, una vecchina, esile e sorridente, che portava con eleganza antica una svolazzante veste violetta, orlata da preziosi, bianchi ricami, e che inalberava un’alta crocchia di capelli inargentati, ingentiliti da graziose striature color azzurro indaco, che si intonavano meravigliosamente all’abito indossato.

Con voce canterina e ben modulata si presentò come nonna Marjeta e si informò premurosamente se lo sprovveduto avventore si fosse fatto male e in che cosa potesse servirlo.

Il buon Gavij rispose che non era nulla, si rialzò da terra, si diede uno scossone, come un vecchio cane intirizzito, poi candidamente riferì che al momento si era dimenticato il motivo del suo ingresso.

Ma di fronte alla gentilezza e alle premure della donnina ritrovò la memoria e non poté frenarsi dal raccontare i suoi passati guai e sventure.

L’elegante nonnina lo stette ad ascoltare attenta e partecipe, lo rincuorò con un bicchierino di dolce rosolio ed un saporito biscotto al cioccolato, poi gli consegnò, traendolo fuori da un cassetto del bancone, una strana scatola ottagonale a forma di torre, con un piccolo ponte levatoio e una chiavetta dorata che sporgeva da un lato.

“Vanlig sjal, animo gentile, te la regalo perché sei un uomo candido – disse con la sua graziosa voce canterina – quando sarai davanti ai bambini, gira tre volte la Gyllene stick, la chiavetta dorata, il ponte si abbasserà, mostrando dolcetti e caramelle per loro.   Ma bada, nient’altro dovrai fare se non alimentarla con le risate gorgoglianti e felici e la loro allegria “.

Il Gavij ringraziò di cuore la  fatina Marjeta, si ricordò di inchinarsi e sfiorare con un bacio delicato la sua piccola mano e, stringendo al petto il suo regalo come fosse un delicato lattante, uscì fuori, tornandosene in fretta alla sua casa.

L’indomani era già di fronte alla porta di uscita della scuola, i bambini lo riconobbero subito e strillarono entusiasti e felici.

Lui mostrò la sua nuova scatoletta, girò la chiavetta e dal ponte levatoio si mostrarono subito le dolcezze agognate, accolte con gioia dai piccoli amici.

Il giorno appresso però davanti alla scuola era presto intervenuto il collerico vecchietto severo, che urlò, strepitò, chiamò la guardia, la quale accorse e, con occhi famelici, afferrò la scatola, cercando i dolci con cui ingozzarsi.

Ma quel castello di latta sembrava inespugnabile, non si apriva affatto, anche se scuotendolo vi si sentiva rotolare qualche piccolo oggetto.

I due predatori, il collerico vecchietto e l’agente goloso, si allontanarono ad una certa distanza e, trovato un coltello, con grugniti e sbuffi affannosi riuscirono finalmente a far muovere il piccolo ponte levatoio.

Ma invece delle caramelle apparvero delle piccole sfere colorate, che si aprirono, allungandosi e distendendosi fino ad apparire come lunghi vermi pelosi, muniti di mandibole a tenaglia e da zampette artigliate, che si aggrapparono subito ai loro vestiti, pizzicando la pelle e mordendoli a sangue.

I due uomini urlando e gemendo buttarono a terra la scatoletta e corsero via in tutta fretta, buttandosi nel fiume vicino per cercare scampo.

I bambini guardavano la scena stupiti e paurosi, anche il Gavij con loro, però lui si fece coraggio e si avvicinò al piccolo castello di latta, nonostante le ammaccature era ancora integro, così sbottò subito in una risata di infantile gioia, lo raccolse e corse indietro dai bambini in attesa.

“ Forse funziona ancora, piccoli cari, pronunciate una parola magica,  sorridete speranzosi, abbiate fiducia in lei, non potrà che rendervi cose buone”

Sentite le vocette che declamavano le loro improvvisate cantilene, ridendo felici, lui girò la chiavetta dorata e lentamente ridiscese il ponte levatoio, mostrando piccoli tesori di caramelle, cioccolatini, pupazzetti  e macchinette colorate, per la gioia dei coraggiosi bambini.

Anche il Gavij era commosso e quasi piangente dalla felicità, ora, meglio di un prestigiatore, aveva finalmente compiuto una vera magia.

3 pensieri riguardo “PAMOCK E LA SCATOLA MAGICA ( 2°)

  1. è molto bello per me leggere queste storie! io adoro le storie, mi piace il circo, mi piace il teatro, i libri… ho letto dell’uomo verde e non ho commentato subito, e poi sono stata lontana dal pc per un po’ di sere, ma quella mi faceva compagnia; e adesso che l’ho riacceso me le sono lette tutte d’un fiato. Grazie! ma si possono fare domande come farebbe un nipotino? tipo, ma quella lingua della signora-fata, cos’è? 🙂

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    1. Ho perso non so come la prima replica, comunque la lingua è lo svedese, come la nazionalità acquisita dall’adorabile signora, sfuggita tanti anni fa dalla barbarie nazista e che mi sono permesso di descrivere come mi appare gentile, signorile e fatina birichina

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