Sono entrato nel cottage di mio figlio e ho subito notato che la temperatura gelida esterna si manteneva intatta anche dentro le sue mura.
“Ma non é freddo qua dentro ?”- ho chiesto ingenuamente.
” No, perché? Ho cambiato l’aria per tre ore aprendo le finestre, ma non ho freddo, perché?”
Lui ormai si sente inglese, o irlandese per osmosi e matrimonio, così in casa accendono il riscaldamento per un’ora al giorno ( sic ).
Mi siedo al tavolo, apro l’album e l’astuccio delle matite graduate da disegno, ma ho i brividi e la bramosia di fuoco e di calore é feroce.
Mi accosto al camino e lo carico di fogli di carta, ramaglie, legnetti e ciocchi di pino.
Il fuoco scoppietta subito, manda una nube bianca come un sospiro di sollievo e un’ondata di calore si allarga intorno a me.
Questa benefica emanazione, tepore, odore, rumore che sia, arriva al piano superiore, perché scende di corsa il gatto Tobias, che si strofina sui miei pantaloni, circondandomi con una lenta danza ed emettendo una serie di sordi mugolii.
Si acciambella poi sul divanetto davanti al camino e insieme, nuovamente amici, ci incantiamo davanti alle fiamme guizzanti e allegre.
Ripeto a me stesso, come una nenia, la bella poesia di Humberto Ak’abal sul fuoco, mentre Tobias, da buon gatto selvaggio, forse non pensa, gode il calore, dorme e i sogni sono solo suoi.
Humberto Ak’abal
IL FUOCO
Il fuoco
Accucciato
Calma la tristezza del legno
Cantandogli
La sua ardente canzone.
E il legno
Lo ascolta
Consumandosi
Fino a dimenticare
Che fu un albero.