ARCOBALENI


Una domenica uggiosa, fredda e battuta da una insistente pioggia primaverile che sembra non smettere mai.

Rimane il conforto di stare placidamente a casa, senza fretta e senza impegni esterni.

Questo vale soprattutto per la moglie Istrice, visto che oggi non deve correre fuori per fare qualche lezione o tenere un convegno.

Il vostro Talpone , che possiede una carta d’identità in cui è segnalato come pensionato, anche se lui avrebbe preferito la dizione “ nonno”, che gli pare più congegnale, non ha mai questi problemi, tanto che viene comunemente considerato da tutti un nullafacente.

Questa attribuzione che lo equipara a “ disoccupato “ , cui affidare ogni possibile incarico, giusto per tenerlo impegnato e fargli tenere in attività il cervello, al fine di contrastarne una possibile evaporazione.

La giornata stava appunto trascinandosi tranquilla, tra libri, giornali, computer e frequenti assopimenti involontari, quando sua moglie gli ha proposto un pomeriggio al cinema parrocchiale vicino a casa.

La proposta è apparsa subito avvincente e avventurosa a nonno Talpone, il che dimostra a quale livello di senilità sia ormai arrivato.

In compagnia di una signora, vedova di un carissimo amico che li ha lasciati pochi anni fa, si sono recati in quel modesto cinematografo, già affollato di persone piuttosto anziane, donne per la maggior parte, per assistere alla proiezione di “ Quartet “ un film diretto da Dustin Hofmann.

Per quanto leggermente infastidito dalla presenza di tanti vecchietti, quattro o cinque appoggiati a bastoni e stampelle, alcuni altri addirittura pilotati o trascinati da mature badanti, lo consolava il poter rivedere un attore che giudicava amabilmente simpatico; ricordava bene la scena del “ Laureato “ quando urlava il suo amore dall’alto dell’organo della chiesa e poi la giovane coppia fuggiva via, su un autobus, spensierata e felice.

Questo film invece era ambientato in una stupenda dimora inglese di campagna, in cui erano ricoverati una trentina di anziani musicisti e cantanti; si è subito mostrato piacevole, anzi divertente assistendo alle sciocchezze, alle amnesie e alle ripicche puerili dei protagonisti.

Talpone, stretto tra due anziani che lo urtavano con i gomiti e che commentavano ogni battuta, lo avrebbe detto persino definito comico, se non fosse per una certa comunione di sentimenti che inspiegabilmente cominciava a provare.

Lui non è mai stato musicista purtroppo, anche se possiede da anni e in tutta la sua vita ha cercato inutilmente di suonare la tastiera, la chitarra classica, la balalaika, tre ocarine, quattro diversi flauti a canna peruviani, il flauto dolce soprano e contralto, persino lo xilofono e una tromba.

Suo figlio, il Promettente Avvocato, ha ereditato molto da lui, infatti ad ogni Natale ha acquistato e riposto negli armadi un sassofono, un clarino, una chitarra; recentemente si è impossessato anche di un antico pianoforte della nonna, che la dolce consorte, la Capinera Tutto Piede, sta valutando in quale armadio riporre per l’uso futuro degli eredi.

Ma parlavo di quel crescendo di sensazioni provate da nonno Talpone nell’assistere al film, devo ammettere che verso la fine si è accorto che, tolto lo scenario della sontuosa dimora e gli allori della fama musicale dei protagonisti, questi avevano moltissimo in comune con lui e con le persone presenti nella sala.

Certo le arie del quartetto tratte dal Rigoletto erano coinvolgenti, anche se fastidiose nel belante accompagnamento che ne faceva il suo fastidioso vicino di sedia, ma il vedere nei titoli di coda le fotografie degli allora giovani concertisti affiancate agli odierni protagonisti del film, realmente piegati dagli anni, gli ha creato un commovente sconforto.

Accompagnata a casa l’amica, che hanno salutato affettuosamente, dispiaciuti per la sua solitudine, Talpone e signora sono tornati a casa fianco a fianco.

L’Istrice era felice e canterina, lui era perso nella tristezza dei ricordi.

Poi lei ha infilato il suo braccio sotto il suo con una mossa decisa e gli ha detto :

“ Dammi un braccio Zucca mia. – poi cantilenando – Zucca mia, Zucca tua, è più bella la mia o la tua ? – per rispondergli subito con una risatina divertita – La mia!”

Lui, il Talpone, sconcertato e felice, non so come spiegarlo, ad un tratto gli è sembrato di scorgere lassù, tra i tetti contornati dalla prima oscurità della sera, un improbabile scintillante arcobaleno.

ALI’ BABA’


L’altro giorno abbiamo ricevuto una telefonata da una vecchia amica, che ha raccontato la storia drammatica di comuni conoscenti che abitano a Reggio Emilia.

In quella città emiliana, una volta ricca, opulenta, laboriosa, ove tutti avevano un lavoro che svolgevano coscienziosamente, con inventiva e operosità unica, la gente era allegra e buontempona, amava godersi la vita con i soldi guadagnati con fatica;  ora subisce la mannaia della crisi economica, come nel resto dell’Italia, oltre a soffrire i danni dell’ultimo terremoto.

Posti di lavoro sono  tagliati, gli stabilimenti e le fabbrichette ora annaspano in un mare di debiti, con meno ordinativi, meno pagamenti ricevuti, più tasse e balzelli burocratici da subire.

In quella famigliola, che conosco appena, lui ha perso il lavoro, lei è in cassa integrazione, per ora, la figlia che si era appena iscritta all’università  non trova sbocchi occupazionali.

Ora con la vecchia auto battono i mercatini di provincia, cercando di vendere oggettini usati, quelli da un euro o poco più.

Hanno chiesto ad amici e conoscenti se avessero qualcosa di vecchio o superfluo da dare a loro.

Noi abbiamo pulito e impachettato vecchi biberon che i nipotini non usano più, coppie di tazzine mai usate, orologi e radio datate, brocchette, vestiti, libri, che saranno da loro esposti su un lenzuolo o su un tavolino da campeggio in una piazza rumorosa e affollata.

La cosa incredibile è che non si tratta più di mercatini di brocantage ove gironzolare curiosi per cercare l’impossibile affare, ma di posti dove la gente va a cercare e acquistare per necessità le stoviglie o il biberon perché solo un euro può spendere.

Ormai sembra caduta anche la vergogna di mostrarsi poveri, loro, gli emiliani, fino a pochi anni fa così esuberanti e opulenti.

Voglio citare anche il caso di una giovane signora in Umbria, brillantemente laureata in scienze, con una bambina, che ha lavorato per anni come impiegata in varie istituzioni come esperta di contributi e contabilità, sempre con contratti a tempo determinato, poi in vari uffici quale collaboratrice con partita IVA, con stipendio sempre ridotto fino a perdere anche le 500 euro che guadagnava.

Non ha mai trovato un lavoro stabile, nonostante le mille promesse, perché non era raccomandata da un potente locale, di qualsiasi bandiera fosse.

Tante storie simili potrei raccontare, di famiglie che sopravvivono in qualche modo grazie ai genitori o ai nonni pensionati, che fortunosamente sono riusciti a farsi una casa tanti anni fa.

Dalle inchieste giornalistiche e in televisione emergono invece, elitari e staccati dalla gente comune, i rappresentanti di una classe politica parassitaria che sembra non avere questi problemi, anzi si dimostra sempre più arrogante, arricchita e rapace.

Non sono più quaranta i ladroni della favola, secondo le stime di Rizzo e Stella questa nuova classe di potere conta circa due milioni di persone, aristocratici non tanto per nascita ma per cooptazione connivente.

E Alì Babà direte voi?

I tesori nascosti certe volte li trova la Finanza e la Magistratura, anche se non so quanto si riesca a rimettere nelle disponibilità delle casse dello Stato, credo ben poco.

A noi, novelli Alì babà resta solo il “ Gratta e vinci” quel foglietto colorato da un euro che ci offre con insistenza tentatrice la cassiera del supermercato o il tabaccaio sotto casa.

Ecco balenare oltre la porta della grotta il tesoro nascosto dei milioni, delle rendite mensili da diecimila euro, la metà di quella di un parlamentare.

Paga e spera, tanto sperare non costa niente.

Anzi no:  un euro prego.

RIENTRI


Come rientrare, in una giornata di pioggia, con un mal di stomaco che sembra strizzarti dentro, con la solita stanchezza svogliata, senza alcuna idea brillante ?

Sono sempre io purtroppo, un anziano pensionato che brontola, si lamenta, depresso nei giorni pari, nei giorni dispari solo abbacchiato.

Perché scrivere dunque ?

Meglio continuare a stare zitto, covare i propri nuvoloni di pioggia, latitare, fingere di essere impegnato in qualcosa di importante, di necessario, attività che impediscono per un certo periodo di avere del tempo da dedicare ad un post di nonno Talpone.

Il fatto reale è che questa latitanza mi crea un senso di colpa abbastanza insistente e fastidioso, con un ridicolo effetto di corto circuito.

Mi sento troppo stanco e depresso per scrivere una pagina delle cronache di nonno Talpone, ma se me ne allontano per troppo tempo mi sento ancora peggio, senza una valvola di sfogo ai pensieri negativi che mi ribollono dentro, senza una valida risposta alle domande che mi vengono poste sul motivo di questo silenzio.

Questo blog è nato casualmente due anni fa come tentativo autoironico di sopportare me stesso, una persona qualsiasi che si ritrova improvvisamente, come per caso, carico di anni, con un corredo di piccoli tic e manie in fase di preoccupante espansione, dei vuoti di memoria e un dilagante bagaglio di ricordi lontani, un incerto futuro a cui assoggettarsi, alla scoperta di un mondo sia interno che esterno che appare difficile da interpretare.

Nello stesso tempo con la consapevole felicità nel frequentare i bambini con il loro universo incantato e puro, che ne fa dei provvisori angeli presenti tra noi, noi adulti colpevoli spesso di non ascoltare e imparare da loro, per ritrovare una gioia e un’innocenza primitiva, che abbiamo ormai dimenticato.

Dimenticavo: questo blog è anche e soprattutto un atto d’amore verso i miei figli, l’Avvocato Sportivo e il Martello di dio, i rispettivi adorabili consorti, i due teneri nipotini, la cui presenza fa di me un nonno felice, non ultima la mia Istrice Prussiana, che non gradisce che si parli di lei, richiesta che fatico ad accogliere, dato che è parte di me stesso, la mia metà migliore, il mio amore spinoso.

Ecco, in qualche modo sono rientrato nel blog, con un atto di incosciente spudoratezza, ripetendomi forse, da anziano noioso, ma è stato un atto liberatorio.

Il  vecchio amico nonno Talpone spero  mi assisterà ancora, per aiutarmi nelle giornate future, come un bizzarro placebo medicinale, da assumere a piccole dosi, via internet.

RAGNATELE


Mi spiace, sono stanco,attardato e quasi catatonico.

Per le vacanze di Pasqua mi sono trovato in Umbria tra piogge, cene inesauribili e lavori di potatura affrettati.

Quella che dovrebbe essere una sensazione di fiacchezza primaverile la interpreto come un logorio interno con cui devo convivere e assoggettarmi pazientemente.

Le scale risalite con il batticuore, aggrappato al corrimano, l’ansimare ad ogni sforzo, il torpore che spesso mi avvolge come una ragnatela.

Poi avviene la scossa, un improvviso risveglio, come oggi quando per poche ore abbiamo avuto a pranzo i gioiosi piccoli con l’aitante papà e la sorridente fringuellina, avvolta in una vaporosa sciarpa a difesa di un’influenza che la perseguita da giorni.

Il sorriso gioioso dei nipotini è sempre un tonico miracoloso, scuote la polvere dell’accidia, stimola la mente rattrappita, risolleva dal torpore.

I bambini hanno raccontato eccitati le loro giornaliere scoperte, si sono confidati trepidanti, il loro è stato come sempre un cinguettio armonioso che non manca mai di incantare.

Oggi con lo Scoiattolino abbiamo provato a contare sulle dita la quantità delle lettere di ogni possibile parola scoperta, per quanto difficile e contorta.

Accoccolato in grembo, enumeravamo intenti, stendendo le dita delle nostre mani, sillabando cauti le nostre invenzioni, che poi lui trascriveva in modo accurato su grandi fogli di carta quadrettata.

Ora a sera scruto i nostri fogli di gioco e mi sorprendo di vedere delle lettere contorte in serpentine islamiche, quasi scarabocchi senza senso, come un minaccioso avvertimento del sentirmi solo, sotto l’abbagliante lampada che sta a fianco della mia vecchia scrivania.