OGNUNO AL POSTO SUO


Sono profondamente deluso e amareggiato.
Non tanto perché una sola lettrice, dicasi una sola persona, anzi due in questo momento, mi hanno scritto di conservare il nome di nonno Talpone, forse per un commosso pensiero al papà o al loro nonnino.
La vera ragione del mio disappunto è che , una volta riparati i danni provocati dagli scassinatori, ho controllato con minuzia ossessiva gli oggetti custoditi nei miei box umbri, forniti di serrature e doppi lucchetti di sicurezza.
Il risultato è che gli ignoti intrusi avevano rovistato ogni cosa, messo sottosopra le attrezzature, ma alla fine non hanno rubato nulla.
Niente di niente capite ?
Ora un ladro, uno scassinatore che esce di notte al freddo, fatica per ore per tagliare recinzioni, intrufolarsi tra gli arbusti spinosi, forzare lucchetti e ganci saldati, tagliare le lamiere, infilarsi tra oggetti arrugginiti, ha il dovere morale di prendere almeno qualcosa.
Anche se dovevano essere degli sprovveduti, perché confondere una modesta casetta per una villa con piscina di un commendatore mi fa ricordare la scena finale del film “ I soliti ignoti”.
Mi ritengo comunque insultato.
Almeno avessero arraffato il tagliasiepi elettrico, la vecchia motosega, qualche badile, i tubi di gomma per innaffiare il giardino.
Niente, non date retta a quel maligno di nonno Talpone, il quale insinua trattarsi di oggetti ormai vetusti, acquistati a suo tempo ai discount.
Io quando passeggio nei sentieri dei boschi, se trovo un pezzo di ferro o la testa arrugginita di un martello lo raccolgo e me lo porto a casa, tutto può servire.
Ma ormai questi giovani delinquenti sono troppo schizzinosi, pensate che hanno persino snobbato le mie stampanti ad aghi, i computer da tavolo che girano con windows 3.1.
Rarità.
Per accontentarli dovrei forse acquistare dei tablet ultimo modello, magari con il simbolo della mela ?
Proprio schizzinosi, ecco cosa siete.
Ma già, loro non leggono le lagne di un anziano su internet.
Caro nonno Talpone, amico, fratello, forse effimera proiezione di me stesso, rassegnamoci a frequentare i bar degli oratori con i pensionati che giocano a scopa e tressette, o mettiamoci in fila in un ufficio postale o in un pronto soccorso, così per passatempo, per chiaccherare con i vicini dei bei tempi andati.
Ognuno deve stare al posto suo, con i suoi simili.
Grunt!

PICCOLE SODDISFAZIONI


“ Scusa se ti disturbo, te ne ricordi, vero?
La scadenza, quella per cui ti arriva ormai una mail al giorno e che tu cestini con noncuranza tra lo spam.
Lo so che sei impegnato con i lavori di ripristino di porte, infissi e recinzioni, ma poi è risultato che non ti hanno rubato niente questa volta, non voglio dire che vista la vetustà degli oggetti stipati nei tuoi locali, ecco, proprio in discarica no, saranno anche ricordi bellissimi, però …
No, non ti inquietare, ti capisco, anzi ti ammiro, sei un tipo diciamo romantico …
Ma il mio nome, si , il nonno Talpone, scade a fine dicembre, in fondo devi pagare solo 26$ per mantenere la registrazione su internet.
Pensa in che mani potrei capitare altrimenti …
Ne va il tuo, il nostro buon nome …
Sorridi ?
Cosa vuol dire … forse si ?”
E’ una piccola soddisfazione, forse leggermente sadica, il tenere in stato di turbamento la propria coscienza, quella che ti sta alle spalle in ogni momento, ti suggerisce, ti ordina, ti consiglia.
Cosa dite miei fedeli dieci lettori, pensate che debba rinnovare la registrazione di nonno Talpone.com ?

SCUSATE SONO UN VECCHIO PENSIONATO


Ero così deciso di fermarmi in pace nella mia città, odiata e d amata insieme, una grande e piccola metropoli, mi contentavo di stare tranquillo con gli amici, figli e nipotini.
Basta con i viaggi, anche perché il tardo autunno, il maltempo e il freddo invogliano a crogiolarsi nella propria tana.
E invece due giorni fa una chiamata allarmata dall’Umbria mi ha portato alla cruda realtà.
Dei ladri hanno tagliato la rete di recinzione, ha scardinato la chiusura dei due box degli attrezzi, sfondato una delle due porte di ingresso di casa con cesoie e piedi di porco.
Questa è la dodicesima effrazione negli ultimi anni.
Ricordo ancora molto bene il clima felix di prima: le auto lasciate aperte con le chiavi dell’accensione inserite, i portoncini di casa senza maniglie, perché si usava girare la chiave inserita all’esterno della toppa per entrare, la gentilezza premurosa e la serenità ella popolazione umbra.
Invece ora si ha un senso diffuso di insicurezza, di paura, di rabbia, credo che siamo ormai alla guerra tra i poveri.
Condivido un’avversione feroce contro i potenti, gli arricchiti, i politici sempre più arroganti e depredatori, nei loro attici inconsciamente regalati da ignoti ammiratori, nelle loro ville con piscina con muraglioni, cani da guardia, vigilantes.
Penso a un certo personaggio condannato più volte che invece di essere in galera o fuggito all’estero vive e discetta tranquillamente tra noi con una scorta di ben 35 poliziotti, mentre nelle periferie come la nostra hanno chiuso la locale stazione dei carabinieri per risparmiare le risorse dello stato, cioè di tutti noi.
Invece chi ha poco, o poco più, non solo è tartassato da nuove imposte, balzelli, regolamentazioni sempre più caotiche e ferraginose, ma è indifeso dall’assalto dei disperati, siano rumeni, albanesi, zingari o ragazzi drogati.
Nella mia casetta di collina, da me costruita personalmente in dieci anni di lavoro e di sacrifici, mai completamente finita, ecco l’elenco di vari oggetti rubati, per quanto mi ricordi, che mi paiono di uno squallore incredibile:
– Tutti i cucchiai di metallo del cassetto delle posate
– Un vecchio ferro da stiro
– Uno scalda sonno
– Alcuni anellini d’argento
– Una scacciacani mignon acquistata da ragazzo
– Un materassino leggero da sdraio
– Un vecchio giaccone
– Un barattolo semivuoto di caffè
– Due computer preistorici
– Una mezza bottiglia di Stock 84
– Mezza forma di pecorino
– Il timer usato della caldaia
Il costo e la fatica nel riparare vetri, infissi, porte e serrature è stato di decine di volte superiore al loro misero bottino.
Calmata la mia rabbia omicida ho pensato ad una possibile soluzione: lasciare le porte socchiuse con un cartello ben in vista.
“ Servitevi da soli con moderazione e lasciate pulito come foste a casa vostra, per il disturbo troverete sul tavolo una banconota da 10 euro per una pizza e birra.
Scusate, siete capitati male, sono solo un vecchio pensionato.”

LA MAGIA DEL SABATO SERA


Il sabato sera ha in sé una certa magia, in fondo è un’implicita promessa di festa, di divertimento, di baldoria.
Poi passano gli anni e purtroppo le serate folli dei vent’anni, quelle passate in compagnia di un’incredibile numero di conoscenti e di amici, si riducono ormai a qualche cena in casa di uno o dell’altro, ad un film visto in coppia nel vicino cinema o a una tranquilla serata a casa propria, minestrina e televisione.
Questo sabato sera mi pareva vagamente che ci fosse in previsione una trattoria fuori porta a mangiar le rane e quindi non mi sono stupito quando alle sette ho visto mia moglie che si era cambiata l’abito e si truccava.
“ Quindi andiamo fuori a degustare le rane? – ho chiesto, alzandomi pigramente dalla poltrona con un libro tra le mani.
“ No, vado a teatro con quattro amiche , quelle di ginnastica, non ti ricordi?
Ma già, tu in palestra ormai ci vieni poco o niente.
Ti avevo anche detto che la cena delle rane ci sarà la prossima settimana, se c’è brutto tempo, altrimenti andremo a Casina d’Emilia con i nostri amici , il chirurgo e la moglie.
Non farmi ripetere sempre le stesse cose, guarda che è anche scritto sul calendario in cucina. – fa lei infastidita – Ti ho lasciato il minestrone e il bollito con i nervetti in frigo, io torno prima delle undici.”
L’abitudine di scribacchiare su quel calendario color paglia della famiglia meneghina, appeso sull’uscio dello sgabuzzino, nascosto dietro la porta della cucina, è una calamità costante che non capirò mai.
Abbiamo già il grosso frigorifero nascosto da decine di foglietti, poster e gualciti volantini, fermati fortunosamente da piccole calamite colorate, che occorre acquistare ad ogni viaggio, mostra o negozietto.
Tutte le pareti piastrellate invece sono oscurate da disegnini, acquarelli, foglietti di ogni forma e colore ricoperti da schizzi e artistici sgorbi prodotti degli amati nipotini.
La nostra cucina ricorda quei corridoi d’università con tabelloni in cui si mescolano confusamente proclami, disposizioni, offerte di corsi di yoga e di meditazione zen, proposte di scambi di libri e oggetti di ogni specie.
Quindi le decise affermazioni di mia moglie mi fanno rimanere piuttosto male, la carenza di memoria è sempre una cosa vergognosa, come la sordità senile o la dentiera che ti balla in bocca.
“ Me ne andrò fuori al ristorante –ho subito risposto indispettito, con un’aria di dignità offesa.
Così lei è uscita con una scia di profumo e io con un paio di vecchi pantaloni di fustagno e un corto gilet di piumino, determinato e altezzoso.
Sceso sotto casa nel buio umido della strada, ho lasciato che i piedi mi portassero avanti con un passo frettoloso verso una meta, di cui non avevo la minima idea.
Più tardi mi sono ritrovato tra le vie della periferia di Lambrate, in viali quasi deserti, con fari delle auto che schizzavano via intorno a me, tra una nebbiolina maleodorante e un’oscurità rotta ogni tanto da insegne di negozi chiusi e bar deserti in cui venivano calate le saracinesche.
Finalmente è apparsa la salvezza: un ristorante pizzeria arabo, con le vetrate opache ma luminescenti.
Una volta entrato mi sono ritrovato in mezzo a una lunga fila di persone di mezz’età che attendevano pazientemente di ritirare i cartoni di pizza da portare a casa, oltre loro si intravedeva uno stanzone con una decina di tavoli con tovaglie di plastica, su cui galleggiavano alcuni cestini di vimini con fette di pane, solitari mini confezioni di grissini, dei gruppi di olio-aceto-sale-pepe in metallo scrostato e qualche bicchiere con fiorellini di plastica opaca.
Mi hanno trovato un posto al tavolo degli avventori solitari, con un vicino che dormiva con la testa appoggiata al muro, davanti ad un piatto sporco di avanzi.
Ho ordinato in fretta un piatto di spaghetti alle vongole, che mi sono stati portati dopo tre minuti, insieme ad un quartino di vino acidulo.
La pasta tiepida sguazzava in un brodo abbondante con qualche vongola mestamente adagiata nel groviglio degli spaghetti.
Ho avuto anche l’incoscienza di ordinare in seguito una pizza, dal curioso nome che gli veniva dato nel menù plastificato che mi avevano portato, “ Mangia e Taci”.
Così ho ubbidientemente consumato in silenzio la mia cena del sabato sera delle meraviglie, di fronte ad un televisore megaschermo in cui si agitavano dietro ad un pallone degli uomini con magliette diversamente colorate.
La fila dei mangiatori di pizza si muoveva lentamente ma mutava poco la tipologia: giovani coppiette male in arnese, anziani sposini con cappotti e sciarponi, un paio di famigliole con piccoli rumorosi e urlanti, che ci passavano vicino e ci scrutavano incuriositi come allo zoo.
“ Mamma perché quel signore pelato ha il cestello del pane se mangia la pizza?”
“ Perché quello là dorme contro il muro, non ha una casa con il letto?”
Sbocconcellata in fretta la mia pizza piccante e oleosa, mi sono alzato, in qualche modo mi ero nutrito, non avevo nemmeno una parete su cui appoggiare la testa, se avessi potuto ignorare il brusio crescente, le risate e i commenti dei clienti che continuavano ad entrare per celebrare nel loro piccolo la festosità del sabato sera.
L’aria fuori era ancora più umida e fredda, le vie ancora più solitarie e cupe, non mi restava che ritornare infreddolito verso casa.
Intanto pensavo a come sia triste il vivere soli, anziani e senza futuro.
Le immagini mentali incalzavano sempre più cupe e frenetiche, quasi assaporavo quell’amarezza rancida del solitario, del reietto, del fallito.
Dopo una mezz’ora mi sono rifugiato a casa, per fortuna la vecchia casa centenaria di mio padre, con i suoi libri, i variopinti quadri alle pareti e il suo disordine creativo mi ha accolto e coccolato.
Due bicchierini di grappa hanno dissolto il freddo e gli incubi.
Poi è ritornata lei, allegra, briosa, cinguettante e chiacchierina.
Ha voluto raccontare minuziosamente la complicata trama della commedia a cui avevano assistito.
Io, ancora con il volto imbronciato, dentro mi sono sciolto e silenziosamente mi sono detto che per essere un pasticcione solitario e permaloso ho avuto l’incredibile fortuna di aver incontrato un piccolo angelo, dalle ali candide come il suo nome.

AZIONE E REAZIONE


“Vedo che ti ricordi ancora i principi di Fisica – mi sussurra alle orecchie nonno Talpone – anche se …( pausa d’attesa perfidamente sottolineata ) … anche se allora prendevi sempre 3 e ti rimandavano regolarmente agli esami di riparazione a settembre.”
Ecco, vedete cosa succede ad un povero pensionato settantenne quando lascia parlare la sua coscienza, che, invece di essere del tipo angelo custode, assume le fattezze impertinenti di nonno Talpone.
Poi lui serafico continua:
“ L’altro giorno per iniziare a fare finalmente qualcosa hai scritto un paio di paginette, era anche ora che ti muovessi dal torpore.
Poi si era rotta improvvisamente la lavastoviglie e allora ti eri offerto di lavare tu i piatti a mezzogiorno, cosa buona e giusta.
Ma nel pomeriggio eri andato dal tuo dentista di fiducia che ti aveva tolto dolorosamente due radici e così, per due gocce di sangue e due iniezioni antidolorifiche, a cena hai così lasciato i piatti a tua moglie, che poverina aveva stirato tutto il pomeriggio, cucinato, fatto la spesa e pulito casa.
Azione – reazione come vedi; cosa farai oggi ?”
Come può diventare odioso alle volte questo nonno Talpone non riuscite neanche ad immaginarlo.
“ Lavorerò, farò la mia parte, cosa credi ? – ho risposto piuttosto infastidito – anche se …”
“ Se ?… “
“ Anche se mi sono svegliato stamattina con una fitta dolorosa al fianco sinistro, verso il cuore …”
“ Il cuore è situato al centro del petto, ignorante !”
“ Veramente io sapevo che stava a sinistra, inoltre tutti lo sanno che sono stato sempre di sinistra, per non dire che ammetto di essere un , come dicono a Milano; ma venendo al dunque, ho paura che potrebbe essere un principio di infarto, come quel papà sessantenne che ho visto eri sera in televisione, quel siciliano, in quel film famoso con Mastroianni … come si chiamava?”
“ Il Bell’Antonio forse?”
“ Proprio quello! A una certa età i rapporti amorosi possono essere pericolosi, pensa che io ne ho ben dieci in più di anni !”
“ Ma se stanotte hai dormito e russato come sempre.”
“ Si ma questa notte invece del solito incubo ho sognato un’avventura … diciamo galante, è quasi la stessa cosa, o no?”

OZIO FINITO ?


Ero così comodo, rilassato, imbozzolato nella mia pigrizia appiccicosa, quasi fossi una salsiccia annegata nel lardo fuso di un barattolo di vetro, grassa, morbida, che trattiene in sé i suoi aromi profumati.
Certo vi era ogni tanto una venatura di noia, un’increspatura di melanconica depressione; anche un certo personaggio più volte al giorno bussava al mio vetro, ovviamente il solito querulo Nonno Talpone , con le sue storie fantasiose, che dovrei trascrivere e perdere in tal modo almeno un paio d’ore del mio tempo prezioso.
Siamo sinceri : il pensionato serio non dovrebbe cedere alle lusinghe di cercare un nuovo lavoro, poiché sarebbe un controsenso, una bestemmia, visto che è pagato per lasciare definitivamente un impiego e quindi dovrebbe solamente inventarsi una nuova esistenza di fantasia e riposo.
Il pensionato serio dicevo deve limitarsi nelle sue esigenze e se proprio vuole può trovare infiniti compiti irrilevanti, alcuni piacevolissimi come frequentare e giocare con i nipotini, visitare i mercati ambulanti settimanali, curiosare tra le vie della città, riposare le proprie membra, appisolarsi con i giornali e i libri sulle ginocchia.
Inoltre dovrebbe curare le sue ore di sonno e i suoi momenti di sogni ad occhi aperti, diciamo le sue reverie poetiche.
Insomma bisogna riconoscere che personalmente sono costretto a bilanciare una moglie pensionata, ma indaffaratissima in un’incredibile vortice di attività, un figlio promettente avvocato che lavora dalle otto del mattino alle undici di sera, saltando anche il pasto, un altro figlio emigrato al nord che era sempre impegnato a creare effetti speciali dalla mattina alla sera, spesso sabato e domenica compresi.
Se ipotizziamo statisticamente che uno dovrebbe lavorare 40 ore settimanali, casalinghe lavoratrici ovviamente escluse, capirete bene i miei strenui sforzi per riuscire a garantire un risultato finale approssimativamente bilanciato.
Ora invece, forse a seguito di un infortunio al piede destro e ad una lunga convalescenza, il mio piccolo, parlo del Martello di dio inglese, sembra che abbia deciso di prendersi un anno di ritiro sabbatico, rilassandosi e godendosi la vita.
Questa eventualità mi costringerebbe statisticamente a fare qualcosa, tipo verniciare quel telaio della finestra da anni scorticato e consunto, riprendere a fare ginnastica alla palestra della tarda età, cambiare la terra ai vasi sul balcone, passare l’aspirapolvere in casa.
Per iniziare sul morbido prendo carta e penna e cerco di trascrivere questi momenti di allarmanti riflessioni sul mio blog.
Nonno Talpone già freme e mi sta tormentando per dire la sua.
Ozio finito?