IL PRINCIPE CONSORTE


“ Piacere, sono Alfredo Nogavi, principe consorte.”

Così mi sarei potuto presentare oggi ad un ipotetico visitatore che avesse suonato alla mia porta.

Mia moglie è stata fuori tutto il giorno per lezioni all’università, come ha fatto e farà per questo e analoghi motivi didattici ogni giorno della settimana, specialmente in questi due mesi.

Mi domando “ Ma ti stai forse lamentando? Sei geloso, invidioso, accidioso? E’ primavera, c’è il sole, non sei malato, nel tuo modesto tenore di vita non hai voragini improvvise. Smettila dunque di brontolare.”

E’ vero, è tutto perfettamente ragionevole, mi sento giù, se proprio fosse necessario andrei dal medico della mutua o dall’amico psichiatra a chiedere qualche pillola, di quelle che schiacciano e allontanano il senso di angoscia, di paura immotivata, di questa tristezza insensata che mi lascia a guardare immoto la parete di fronte, mentre mi manca il respiro, subendo inerme un improvviso attacco di panico.

La colpa non è della moglie, intelligente, motivata, con solide e innate capacità di comunicazione e di empatia, il responsabile sono solo io, mi vergogno di ammetterlo.

Ma quando manca il supporto dei bambini, quando i pochi amici rimasti sono lontani, non mi rimane che questa ciambella di salvataggio del blog, che senza un tocco di autoironia mi tiene a galla a stento.

Passerà, magari anche nel breve periodo, ma sento che descrivere le mie sensazioni mi accomuna a tanti altri principi consorti.

Niente regine, manager di successo, docenti o impiegate, anche solo casalinghe regine della loro casa, parlo solo dei principi consorti arrivati all’età della pensione, e in questo già dei privilegiati, quelli che si sentono soli, inutili, brontoloni e accidiosi, relegati in casa.

Le mogli hanno l’abitazione da seguire, i pasti da preparare, mille piccoli impegni e inesauribili conversazioni con amiche, vicine, parenti.

L’uomo in questo è carente, direi che soffre di una serie di handicap.

Se cerca di fare qualcosa nella casa, lasciando anche perdere la difficile arte culinaria, di solito la fa sbagliata, crea maggior danno e la moglie lo manda fuori con un consiglio “ Esci a fare due passi, qua ingombri, fai un po’ di moto, smettila di guardare la televisione o di stare appiccicato al computer, anzi visto che sei in strada comprami queste cose che ti ho scritto nella lista”.

Lo accompagna materna alla porta, con la consapevolezza che dei quattro oggetti segnati, due li sbaglierà, come marca o tipologia, tornando invece con altri acquisti inutili.

Ecco questo è un breve schizzo dei principi consorti, eppure anni fa erano così brillanti e simpatici …

IL MONDO SENZA LE DONNE


Questa mattina al ritorno dalla piscina stavo facendo una serie di considerazioni di tipo statistico.

Contando la presenza femminile nel corso di nuoto per la terza età, mi sono accorto che il rapporto donne uomini era due a uno.

Nel corso di ginnastica comunale per anziani il rapporto sale a venti a uno, talvolta sono il solo maschio, peraltro a rimorchio di mia moglie, in una palestra con quaranta donne.

Quando praticavo yoga vi era il medesimo rapporto, ero costretto a cambiarmi in bagno, per quanto le mie eventuali velleità mache nello spogliatoio comune fossero pressoché nulle.

Nei blog della rete la maggioranza femminile è schiacciante, come nonno poi mi sento tremendamente solo, se non contiamo quello che vende formaggini e un defunto bestemmiatore campione della parolaccia.

I pochi amici rimasti della mia età nella maggioranza non sanno usare il computer, non praticano sport, lavorano spesso disperatamente per non sentirsi inutili, ne vedo molti girovagare stralunati per le strade, trainati da zampettanti cagnolini.

Esiste anche la minoranza dei sempre giovani, che sfoggiano macchine sportive, battelli e barche da regata attorniati da ventenni innamorate, secondo il noto cliché  del nostro piccolo comandante supremo.

La vecchiaia è una malattia inguaribile, in fase di deterioramento progressivo ( oggi sono come al solito ottimista ), ci sono rassegnato e vengo tenuto a galla principalmente dalla mia Istrice Premurosa.

Intelligente quella ragazza.

Essendo ormai nota la mia paura per i cambiamenti, i viaggi e gli spostamenti, che mi procurano insonnie e tremori preventivi, sabato scorso, la mattina, sono uscito a passeggio con lei, siamo passati vicino alla Stazione Centrale, ove mi ha chiesto di seguirla all’interno e poi su un treno.

Mi sono trovato così a viaggiare sino a Verona, per ammirare l’esposizione “ Da Botticelli a Matisse, volti e figure”.

Due ore d’incanto davanti a quei capolavori, poi un ristorantino “ Romeo e Giulietta “ i cui locali erano addobbati con sorridenti streghe che montavano manici di scopa.

Una piacevole passeggiata per le antiche vie del centro, una visita a Castelvecchio e il ritorno in serata, senza ansie e traumi.

Mi sembra di averla vista al computer a smanettare qualcosa su New York, ma non voglio approfondire.

Mi domando, e non da oggi, come sarebbe il mondo senza le donne.

T’ARRICORDI ?


Oggi finirà la nostra piccola quaresima, dopo una settimana di assenza andremo all’asilo e alla scuola dei nipotini per stare insieme con loro, giocando e scherzando per tre sole ore.

Sentirò ancora il Polipetto chiedere “ T’arricordi nonno quando facevi il cavallo e io l’imperatore ?”

Poi messo a carponi lo farò salire in groppa al vecchio ronzino, con una tovaglietta legata al collo come un mantello, mentre lui brandendo uno stecco o un ombrello come una spada, mi spronerà verso la conquista dell’altra stanza.

I “ T’arricordi ?” arriveranno a fiotti, per disegnare insieme castelli e animaletti, per costruire il palazzo di Lego del sindaco Pisapia e dei suoi vigili, per iniziare gare di formula uno con macchinine malconce.

I piccoli non sanno ancora che i nonni vivono di ricordi, anzi questi sono ogni giorno più preponderanti dei fatti reali, verso la fine saranno quasi assoluti, rendendoli più facilmente assimilabili alla loro essenza finale : un ricordo, si spera piacevole.

Forse per questa magia del ricordo nonno Talpone cerca di frequentare le persone che gli fanno rivivere gli amici più cari, quelli di cui non è rimasto che un nome, delle immagini care.

Ieri ha finalmente incontrato in una pasticceria ( luogo perfetto di incontri, vero mammina?) un vispo ragazzino di due anni, che porta il nome di un suo caro amico, che lo ha lasciato tre anni fa.

Un’assurda e puerile speranza di trasmigrazione delle anime, legata alla fatalità di un nome.

Il piccolo biondo e vivacissimo, doverosamente accompagnato dalla sua dolce mamma, ha giocato, scherzato, strillato di gioia in compagnia di un vecchio signore, alto, pelato, dal naso buffo, specialmente quando vi ha appiccicato una rossa pallina da clown.

Talpone cercava di impersonare anche il nonno che il piccolo non ha mai potuto conoscere e in realtà si è divertito immensamente, come fosse un nuovo compagno di giochi.

Spera di rivederlo ancora, mamma permettendo, per poter scherzare come un nonno virtuale, in forza di un ricordo di un nome.

Chissà, in futuro, una volta cresciuto, il ragazzo chiederà “ Mamma, ti ricordi quel signore che veniva a giocare con me ogni tanto, ma chi era ?”

Un nonno, un uomo buffo, un guizzo di ricordi,  come lo stridio gioioso di un gabbiano.

L’ANZIANO MARINAIO


Domenica mattina al mercatino dei libri di piazza Diaz a Milano ho scoperto, tra un cumulo di libri accatastati su un instabile tavolino, una copia dei “ Giornali di bordo “ del capitano James Cook, dedicati al primo viaggio in cui circumnavigò la Terra da est a ovest.

Mi aspettano tranquille serate di avventurose letture, controllando i dati con gli altri quattro libri che possiedo sull’argomento.

Sono sereno, non avrò i soliti terrori e ansie che mi colgono ad ogni partenza, sia pure di poche centinaia di chilometri in treno o in aereo.

Forse sto cominciando ad assomigliare a quel Tartarino di Tarascona che leggevo da bambino.

I libri fanno piacevolmente sognare, quindi leviamo le ancore, ma Talpone più che capitano in poltrona vorrebbe tornare mozzo sui fantasiosi  vascelli dei suoi nipotini.

ESTASI E DIGIUNO


Avevo letto su Twitter un’affermazione del professor Veronesi ( 87 anni ) “ Un giorno di digiuno leva il medico di torno”.

Ohibò, sapevo della mela quale cura preventiva di ogni male, con l’immaginario collettivo di una giovane ragazza che addenta con gusto una succosa mela verde, magari con una gocciolina di sugo che scivola da una abbagliante dentatura.

Peccato che con i veleni irrorati copiosamente sulle bucce ormai il magico frutto assomiglia più a quello consegnato a Biancaneve dalla perfida strega.

Avevo cliccato sul codice a fianco della notizia e letto l’articolo della Stampa, che in realtà era la presentazione dell’ennesimo libro del professore.

“ Una scelta etica che aiuta a formare il carattere e protegge la salute”.

Fin qui non vi trovavo niente di invitante, alla mia età , da settantenne, il caratteraccio è già fin troppo radicato e in quanto alla salute sono fatalista e epicureo.

Però alcune frasi mi avevano colpito “ Niente cibo, massimo un caffè, yogurt, spremute di arance … vi siete mai chiesti perché l’ascesi sia legata al digiuno ?  …

il contatto con Dio …”

Questo avveniva giovedì sera dopo un’ottima cena e questa possibilità mi aveva intrigato.

Durante la notte mi ero svegliato con un tremendo languore allo stomaco.

L’impiccione ( lo stomaco intendo ) doveva aver in qualche modo ascoltato quanto stava ruminando il mio cervello, circa le mirabolanti prospettive di provare quanto affermato da un così insigne professore.

Venerdì mattina a colazione ho fatto allibire mia moglie “ Sai, oggi ho deciso di digiunare. Inoltre è venerdì.   Infine è la giornata della donna, auguri!”

“ Grazie caro, ma non capisco, non sei cattolico e non hai mai fatto il digiuno al venerdì; poi cosa c’entrano le donne ?”

“ L’ho letto su Twitter, lo afferma il professor Veronesi – le ho esposto freneticamente – è intelligente, più anziano, dice che fa bene, il fatto che sia venerdì capita a fagiolo e poi in questo giorno mi sento di dover espiare i miei sensi di colpa di maschio “.

Avevo ritenuto marginale dover aggiungere la mia aspirazione ad una trascendente visione mistica.

“ Amore ieri sera avevi mangiato troppo, ti avevo avvisato, dopo la spaghettata, la frittata ai carciofi, le verdure, avevi insistito per assaggiare tutte le qualità di formaggio che avevi acquistato alla tua bancarella di gastronomia al mercato. Non è che non hai digerito e hai avuto i soliti incubi?”

Nonno Talpone aveva rassicurato la sua dolce metà, quella migliore, che stava benissimo, poi si era limitato ad un tè , una mela e un mandarino. Lei aveva gustato il suo caffelatte, la fetta di pane e marmellata di prugne casarecce, finendo con il nuovo pacco di taralli al finocchietto.

Quello che lui aveva incautamente acquistato al banco gastronomia il giorno precedente.

A gola asciutta, la vista di quei taralli a treccine, sbriciolanti in bocca con quel tremulo sgranocchia mento è stato un colpo basso.

“Resistenza, ora e sempre”.

Quel vecchio ritornello sessantottino gli era risalito incongruamente al cervello, come un grido di battaglia nella difesa estrema.

Aveva deciso di tenere un piccolo diario di lotta e forse anche di visioni.

Ore 10  Tutto bene, la moglie è uscita, ho sparecchiato il tavolo.

Ore 11  Mi sento in forma.

Ore 12  Sono tornato da una camminata sotto la pioggia, resisto.

Ore 13  Apparecchiata la tavola, poco dopo ritornata l’Istrice dall’università con le cartelle gonfie degli appunti della sua lezione.

Ore 14  Ho toccato solo una mela, un’arancia, due carciofi in padella che mi guardavano smarriti, in fondo sono quasi un succo vegetale, no?                         Bevuto solo acqua, che saporaccio inodore.

Ore 16  Un tè leggero giapponese. Resisto ma non ho ancora visioni.  In compenso sono dovuto correre tre volte in bagno, deve essere stata l’acqua o i carciofi.

Ore 18  Ormai i miei diverticoli infiammati mi portano ad una prolungata frequenza in bagno, mi fa compagnia il mio bianco Android, vi leggo le notizie del mondo, con lui sento la musica, leggo qualche pagina dei libri che vi ho registrato. Ho ampia scelta dalla Bibbia a Giorgio Baffo, da Lakhous a Kapuscinski. Peccato che il mio smartphone, multifunzione come un coltellino svizzero non sappia preparare un piccolo tè.     Sarebbe un incentivo commerciale incredibile.    Che idea geniale, non sarà un anticipo di quelle ascesi promesse dal professore ?

Ore 20 Ritorna la mia fanciulla, sembra felice, è stata a casa di una sua amica a bere tè, aperitivi e sembra abbia gustato un vassoio di pasticcini alla panna.   Meglio così, a cena mangiamo due mele. Però lei si apre una bottiglia di Barbera piacentino che spumeggia.    Io solo acqua.     Provo una patata bollita con sale.

Ore 22  Assistiamo ad un film su Sky che tratta la burrascosa relazione del pittore  Diego Rivera con la sua terza moglie, la burrascosa artista Frida Kahlo.   Lei mi tiene la mano e io gliela bacio due volte delicatamente. La vedo bellissima e dolce. Amore senile o estasi da digiuno ?

Al risveglio l’indomani rileggo l’articolo e mi colpisce un’affermazione “ Quali idee fulminee, intriganti, appassionate, geniali possono mai arrivare dopo un’abbondante mangiata ?”

Eh no, caro luminare, la stimo e la rispetto ma devo precisare che le mie idee migliori sono giunte in quelle occasioni, accompagnate da ottimo vino. Sarò magari un’eccezione alla sua regola, niente fulmini, niente estasi.   Devo però anche ammettere che un effetto collaterale impensato l’ho avuto: i miei pantaloni, che per la lunga permanenza nell’armadio si erano ristretti, infeltriti direi, stamattina li ho potuti indossare con maggiore facilità.

DOLCETTO O SCHERZETTO ?


Camminando lungo il marciapiede, mentre sorpassavo un banchetto dei fiori ho notato il gestore che spezzava su un tavolino un grosso mazzo di rami di gialle mimose.

Personalmente amo quella gentile piantina che, insieme alla forsitia, con i loro gialli fiorellini annunciano il prossimo arrivo della primavera e mi spiace lo scempio che ne viene fatto per la festa dell’8 marzo.

E’ un simbolo, siamo d’accordo, ma è ugualmente triste che a pagare siano le piante, come la distruzione dei pini per Natale, abbandonati nelle pattumiere un paio di  settimane dopo il loro acquisto.

Mentre mi allontanavo quello spiritello pungente di nonno Talpone ha borbottato ad alta voce “ Ma quali mimose, ci vorrebbero degli spini, anzi dei rami di piracanta dai lunghi aculei !”

“ Ma che dici? – ho risposto allarmato – sei diventato misogino?”

“ Come al solito non hai capito niente, è per la loro difesa, non ti accorgi che è un’ipocrisia consumistica, un regalo a san Valentino, la mimosa per l’8 marzo, ma poi tanta violenza contro le donne, in un anno ne sono state uccise una ogni tre giorni, oltre a tutte quelle picchiate, stuprate, minacciate.     Meglio regalarle uno spillone come quello delle bisnonne, meglio uno stiletto affilato per cautelarle meglio”.

“ Ma sei impazzito? Questo è istigazione all’omicidio !”

“ No caro amico, è consiglio alla difesa.         Vedi anni fa ho visitato una mostra storica sui coltelli popolari.         Erano esposti quelli a serramanico, quelli fissi, da lavoro, da caccia, da difesa personale.         Avevano manici di corno, di legno, di metallo lavorato artisticamente, anche con lame arabescate.           Curiosi alcuni di metà ottocento che le fidanzate regalavano ai loro promessi sposi, su cui era inciso il motto “ Per lavare l’onore “.         Capisci, fornivano l’arma per essere uccise in caso di tradimento.         Perché il regalo non potrebbe essere valido nel caso opposto, quando loro subiscono la violenza ?”

Non mi ha convinto, ma, mentre camminavo pensieroso, più tardi ho dovuto ammettere che se dovessi mai spezzare il cuore della mia amata Istrice, usandole violenza, non meriterei forse la stessa sorte da parte sua, la più debole, l’ offesa?

Ovviamente domani non le regalerò stiletti, spade, pistole.

Opterò per delle rosse praline di cioccolato Lindor e le domanderò invece di “ Mimose o stiletto ?” , pur sapendo di essere fuori tempo massimo, “ Dolcetto o scherzetto ?”

Pretendendo ovviamente un bacio in cambio.

Perché cosa volete, questi anziani sono sempre degli eterni bambinoni.

UN’ARCA COME TANTE


Lo so, mi chiamano Talpone, per via dei miei baffi bianchi a spazzola, il testone pelato, la vista scarsa nonostante i grossi occhiali bifocali, i movimenti tardi e impacciati, sempre con l’aria di una grassa talpa che sbuca a sorpresa da una buca del terreno, mostrando una curiosità stupita verso il mondo esterno, come se fosse stato creato dal nulla qualche momento prima.

Devo anche ammettere che mia moglie mi chiama spesso per afferrare oggetti e stoviglie posizionate sui piani alti, come se fossi una giraffa.

Quando andiamo insieme a fare la spesa al supermercato o nei negozi, come questa sera dopo aver accudito i piccoli, io sono l’addetto al trasporto delle pesanti borse degli acquisti, con le quali mi trascino fieramente per i tre piani a piedi, come un docile somarello.

Lei invece, la mia Istrice Fascinosa, se affaticata e nervosa sa trasformarsi in un piccolo drago sbuffante nuvoloni neri che promettono tempesta e lanciare getti di fuoco ustionanti.

Quando però incontra gli altri maschi di casa, i due figli e gli adorati nipotini, sembra sciogliersi in una marea di dolcissimo miele, con l’aspetto di una mansueta mamma cerbiatta.

Il nostro saltellante e squillante Scoiattolino e suo fratello, il carezzevole Polipetto, sono due amorevoli cuccioli che sanno donarci una continua allegria, quasi fossero novelli Dioscuri che guariscono da ogni melanconia o piccolo malanno, a cui non si può non perdonare anche le poche volte che per stanchezza ci fanno disperare.

La loro madre, quando a sera torna a casa dal lavoro, entra quasi in punta di piedi, con un tremulo sorriso timido e stupito, come un piccolo uccellino che si posa su un ramo con un breve frullo d’ali, quasi avesse timore di aver sbagliato nido.

Alla sera tardi arriva finalmente il papà Leone, il re della foresta legale della sua banca, però appena entrato lascia fuori dalla porta la sua grinta sbrigativa e irritata, forse anche la sua criniera, perché i suoi piccoli cuccioli gli si buttano addosso quasi fosse il loro pelato orso di peluche.

Sono purtroppo lontani gli zii inglesi, uno, nonostante la sinistra fama di Martellus Deus, viene sempre calorosamente accolto e da tempo benignamente chiamato “ Il Pollo Inglese”.

Il marito, ormai foltamente barbuto, forse per nascondere in qualche modo la placidità del suo viso, sta sempre più assomigliando ad un grande Tasso, ovviamente di razza irlandese.

Questa è la nostra piccola Arca di Noè, che galleggia fortunosamente sulle acque tumultuose della vita, insieme a tante altre piccole arche, di ogni taglia, colore e fede.

Tutte aspettano che le acque turbolenti si calmino, mandando fuori di tanto in tanto, come sbuffi di fumo, i nostri pensieri come fossero delle  colombe di pace e di serenità, perché non dobbiamo mai perdere la speranza di un mondo meno funesto.

I SOPRA E I SOTTO


Poco più di due settimane fa, all’inizio di una splendente giornata di sole, avevamo lasciato il nostro storico albergo che dall’alto dominava il mare della Riviera di Chiaia.

Saliti in un vicino taxi, avevamo l’intenzione di lasciare le valige al Deposito della Stazione prima della partenza serale, per poterci godere l’ultima giornata di vacanze napoletane tra i saloni e il parco della Reggia di Capodimonte.

Eppure …Eppure già qualcosa non mi quadrava.

Il taxista quando nonno Talpone, appena salito in auto, aveva iniziato la sua sacrale trattativa ad oltranza per concordare il prezzo del tragitto, ( A me nun me frega nisciuno !) si è sentito rispondere placidamente “ Ma lei paga secondo il tassametro!”.

Già, nell’auto esisteva un apparecchio che calcolava il prezzo della corsa in base al tempo e  i metri di utilizzo !

Lui, infatuato dall’aria levantina di Napoli, se l’era bellamente scordato.

Risultato: arrivati alla Stazione pagò la metà della cifra faticosamente concordata cinque giorni prima per fare il percorso inverso.

Ma non era finita: al Deposito Bagagli una piccola folla inferocita assediava un omino in camicia, semi-barricato dietro la porta a vetri che urlava “ Siamo in sciopero, è chiuso !”

“ In sciopero? Ma perché? E fino a che ora ?- chiese smarrito nonno Talpone.

“ Da sedici giorni siamo chiusi qua dentro a scioperare !- gemette l’omino con voce ormai strozzata.

Risultato: il consiglio dei quattro vecchietti a maggioranza decise di acquistare subito altri biglietti per correre sul primo treno che li avrebbe riportati a Milano.

Una decisione rabbiosa, improvvisata e folle, con un coro di voci che mugugnavano “ A Milano! Là sì che le cose funzionano!”.

Infatti poi lassù hanno votato la Lega Nord e il corteo dei nanetti lestofanti.

Ma sul treno, mestamente, Talpone guardava allontanarsi la sua Napoli inondata dal sole e, lasciato ogni disappunto, gli venne in mente che forse l’omino in camicia e i suoi colleghi erano mesi che non ricevevano la paga, come le altre addette alle pulizie della Ferrovia Cumana.

Lavorare anche senza paga ? Sembra che anche a Napoli sia un’amara realtà.

L’alternativa sarebbe la disoccupazione senza fine, quindi ci si aggrappa al lavoro che si ha, con la rabbiosa determinazione di un naufrago al suo relitto.

Da Firenze in poi trovammo solo pioggia che ci inondò fino a Milano.

Come un bambino deluso da allora mi sto ripromettendo “ Tornerò Napoli, tornerò !”

Anche con l’amarezza e la rabbia per il tuo stato di abbandono di capitale defraudata, sfregiata da crolli di palazzi, umiliata da roghi criminali al tuo gioiello di Città della Scienza a Bagnoli.

La pazienza è tanta e la speranza non dovrebbero mancare mai.

Anche se una signora diceva “ Ma quale sinistra e destra, qua ci sta il partito dei Sopra e dei Sotto. Noi magari siamo messi pure in cantina”:

IL FOIONCO CHE TI ASPETTA


Nelle campagne a nord della Bassa Padana, recentemente funestate da un rovinoso terremoto, sorgono ovunque come funghi capannoni, industrie, caseggiati e villette che assediano i campi sapientemente coltivati.

Gente pratica e industriosa quella, ama il lavoro ben fatto, come la buona tavola e le belle donne.

Ma in quelle zone “ Ancora ci sono relitti delle antiche paludi e delle antiche foreste … forse abitate da animali della mitica Atlantide … la polpastriga, la bosma, il foionco”.

“ Nella Bassa – affermava Giuseppe Pederiali, il suo ultimo poeta – vive una stirpe di uomini che sa tenere i piedi ben dentro la propria terra e la testa tra le nuvole, magari fino a sfiorare la Luna”.

Questo narratore fantasioso, ammaliatore cantore de “ L’osteria della Fola”, incredibilmente sorto nel nostro tempo così squallido e imitatore, in cui la realtà è data spesso solo dai pettegolezzi televisivi e dai videogiochi, è morto nella mia Milano, per i traumi di un rovinoso incidente, travolto da un’auto mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali.

Non conosco i dettagli, per mia esperienza giornaliera me lo immagino il criminale automobilista: distratto, con il cellulare tenuto all’orecchio, alla guida di un SUV con una sola mano mollemente appoggiata al volante, frenetico e menefreghista, un occhio casualmente prestato a quelle persone a piedi che disturbano la sua corsa verso il nulla, da evitare o abbattere come birilli al bowling.

Ogni giorno quando scendo sulle strisce zebrate mi pare di scendere nell’arena di una corrida mortale, talvolta accompagnando una signora impaurita o un extracomunitario indeciso che non osano lasciare il marciapiede.

Li guardo negli occhi quei tipi chiusi nei loro involucri di metallo, giovani ragazze spavalde, bulletti in giaccone, anziani signori con il berretto ben calcato sulla testa.

Scruto le loro intenzioni, cerco di fulminarli con le mie miopi pupille, ma spesso vedo solo disinteresse, noia e ottusità.

Loro sono assisi sui troni del loro carro, noi siamo solo pedoni fastidiosi, come loro d’altronde quando scenderanno dai loro mezzi, ma forse no, se li porteranno fin dentro lussuosi box, ove l’architetto ha graziosamente sistemato il set tecnologico: tavolo, microonde per il cibo precotto, la gigantesca TV a parete, la poltrona e il letto.

Addio mio amato poeta, salutami le tue chimere.

Il Foionco, pigro rapace a tre zampe e ineguagliabile bevitore di vino, ti aspetta già con grandi bicchieri colmi del succo di Bacco, per il tuo benvenuto.

CONDIVISIONI


Ho avuto una notte agitata e questa mattina mi sono svegliato molto presto, ansimavo e non riuscivo a respirare bene, mi lacrimavano gli occhi, in casa vi era uno strano silenzio, salvo il sommesso respiro di mia moglie.

Alzandomi, vacillando leggermente e tossendo a lungo, finalmente ho capito.

Dopo due settimane di convivenza allegra e rumorosa siamo rimasti soli.

Mio figlio, i due nipotini e la madre,l’uccellino Tuttopiede, il giorno precedente erano tornati a casa loro, dopo ben tre mesi di assenza per i lavori di ristrutturazione del loro appartamento.

Felicissimi loro di non essere più profughi ospitati nelle varie case.

Triste io di sentirmi solo, quasi abbandonato.

Piangevo e tossivo convulso.

Veramente da giorni soffro di una leggera bronchite e una fastidiosa forma di congiuntivite acuta.

Però mi piace pensare che anche il mio corpo voglia mostrare di condividere il mio momentaneo sconforto.