UN BAULE IN OSTAGGIO


“ E io lo voglio portare a Milano, sissignore. Quel ragazzo saudita mi doveva 600 sterline ed è scappato a casa sua lasciando dietro solo il suo baule valigia, è sempre di Pierre Cardin, anche se era colmo di vecchi cavi da computer, DVD di sesso e sangue e confezioni intonse di preservativi.”

“ Papà, papaa … l’hai vuotato della robaccia, ma è pesante ed enorme, ti fermeranno alla dogana, lascialo qua che lo buttiamo via noi.”

“ Non se ne parla, può sempre servire, metti che invece di andare in vacanza a Terni o in qualche agriturismo, voglia fare una follia e spendere la mia pensione per una notte in una suite di un grande albergo, non so quale, né dove, ma avrei la valigia adatta, di Pierre Cardin, anche se dovessi riempirla di giornali vecchi.”

“ Papà sii ragionevole, dai …”

“ Voi non avete avuto il coraggio di portarmela a Milano, ci penserò io, sono della generazione che ha fatto la guerra, mica come voi!”

“ Ma se avevi due anni quando è finita!”

“ Non importa, una generazione di ferro quella del ’43 !”

“ Papaa .. prima o dopo Cristo?”

LA BICICLETTA


Questi tempi ci offrono delle novità impensate anche nelle piccole cose.

Non parlo della rete di internet, computer, cellulari, l’elettronica applicata su ogni congegno, in questo caso mi riferisco semplicemente ad un oggetto comune come la bicicletta, utilissima per gli spostamenti, semplice, ecologica, compagna fedele che ci accompagna tutta la vita, dall’infanzia alla vecchiaia.

Credevo che fosse perfetta e immutabile ed ora, a parte quella di cartone pressato che hanno annunciato i giornali, scopro che mio figlio, quello inglese, ne ha una pieghevole come una valigetta di 40 cm di lato.

Uno dei problemi irrisolti che mi aveva affidato, prima di correre alla stazione per andare al lavoro, era di rimettere a posto sul cerchione un copertone della gomma bucata.

Un gioco da ragazzi, avevo pensato io, cose che ho sempre fatto in campagna dall’età di dieci anni.

Così mentre dentro casa il Tasso Irlandese rullava le pareti di un bianco candido ( da giorni si è licenziato per una pausa di raccoglimento casalingo, da massaia tuttofare ) io nel giardino con una borsetta degli attrezzi mi accingevo all’opera.

Dunque, è semplice, se non sbaglio basta infilare un fermo tra copertone e cerchione,fai scorrere dalla parte opposta un cacciavite o un pezzo di plastica dura, tiri, sforzi, tendi e a dieci centimetri dal loro ricongiungimento tutte le tue levette ti saltano dalle mani.

Riprovi, cerchi di girare la ruota per migliorare la presa, ti ungi le mani con l’olio della catena che ti incastra le dita e ottieni il medesimo risultato.

Bisogna anche capire che le due ruote, il sellino, il triangolo del telaio e il manubrio erano compattate tra loro in un groviglio intricato.

Dopo molti tentativi fallimentari, sempre più sporco di grasso e la fronte gocciolante di sudore, il Tasso gentilmente è uscito fuori a portarmi uno sgabello, commentando che anche loro in precedenza ci avevano provato inutilmente.

“ Pfui ! Gioventù moderna! Da ragazzo io …”

Parole sprecate, quel maledetto copertone sembrava essersi trasformato in una biscia furente e scivolosa, lo fissavi da una parte e saltava dall’altra con un guizzo improvviso.

“ Cosa mi succede ? – mi sono chiesto perplesso – sessanta anni fa ci riuscivo in pochi minuti. A Terni un paio di settimane fa avevo cercato di cambiare l’olio dell’auto, strisciandovi sotto come un verme e per la prima volta dopo cinquant ’anni di pratica non ci ero riuscito per quanti sforzi facessi. Vuoi vedere che sto diventando vecchio ?”

Mentre seduto sullo sgabello mi perdevo in queste considerazioni filosofiche sulla precarietà dell’esistenza, il buon Tasso Irlandese è uscito ancora una volta dalla porta finestra, chiazzato di vernice bianca, con l’asta del rullo gocciolante e come un angelo candido mi ha annunciato che, nel caso, in fondo alla discesa della strada esterna, verso il centro, girate due o tre stradine, c’era un negozio di ciclista.

Qualcuno magari si sarebbe posta la domanda sul perché sia lui che il Martello di dio non ve l’avessero portata da più di un mese prima, ma io che sono uomo di pensiero, o se volete tardo nell’agire e nel capire, ho apprezzato che avessero aspettato l’aiuto del  loro papà e ho soppesato le due possibilità conseguenti.

Una era quella di seguire l’orgoglio dell’uomo faber, che tutto può fare con la dovuta determinazione e concentrazione, l’altra  quella di scegliere la logica minimalista e codarda, consistente nell’affidarsi ad un tecnico più giovane ed esperto.

Mentre mi riposavo e stropicciavo le mani sporche per cercare di pulirle, ungendomi ancora di più, devo ammettere con vergogna che alla fine mi sono rassegnato alla seconda soluzione.

Così, sollevato quel pesante pacchetto metallico, ho infilato la porta e sono uscito in strada.                    Fatti una cinquantina di metri di quella ripida discesa mi sono chiesto “ Perché faticare ?”.

Il genio talponesco ha prevalso: ho cercato di staccare il manubrio, guardando dove fossero le cerniere, poi ho provato a districare una ruota, ma non ci sono riuscito.   Ho svitato il tubo del sellino, facendo ribaltare  la ruota posteriore.

Mentre cercavo di dare a quel complicato groviglio una parvenza di bicicletta, è uscita da un portone, prospiciente lo stretto marciapiede dove mi stavo esibendo, una signora di mezz’età che, quasi inciampandovi sopra, mi ha lanciato un’occhiata allarmata e disgustata, quasi sospettasse che fossi un ladro di biciclette.

Sorridendo umilmente ho sollevato una parte dotata di ruota, che si è subito ripiegata schiacciandomi una mano, l’ho rimessa a terra, cercando di sollevarla e mi è rimasto in mano il sellino.

Sempre più confuso e affannato ho preso in braccio quell’ infernale attrezzo e mi sono allontanato piegato in due, cercando di non perdere qualche pezzo per strada.

Appena giunto in quel luccicante negozio, che esponeva nelle vetrine una superba esposizione di lucide e fiammanti biciclette di gran marca, devo aver suscitato un’immediata compassione, forse anche per la mia età, forse per lo stato pietoso in cui mi trovavo con quell’intrico di tubi e ruote tra le mani, così, invece di telefonare alla polizia, il distinto commesso ha chiamato un giovane robusto dal retro che ha portato via la ferraglia.

Dopo cinque minuti è ritornato con una miniciclo funzionante in cui svettavano un manubrio e il lungo sellino.

Ho pagato quattro sterline e sono risalito, a piedi ovviamente, per quella salita del 30% di pendenza, stanco ma trionfante.

Alla sera il Martello, alla vista del suo destriero funzionante, è rimasto stupito e meravigliato. “ Ma come ci sei riuscito papà ?”

Io ho sorriso compiaciuto, con i baffi che fibrillavano come un gatto che si fosse appena pappato un topolino.

Una ventina di secondi di gloria, mantenendo un orgoglioso silenzio, poi ho dovuto raccontare come si erano svolti i fatti.

“ Ah, ah,ah, scommetto che ti avranno preso per un ladro di biciclette – si è subito sganasciato lui – Povero il mio papino, vieni qua che ti strizzo, ciccione ! Sei grasso, grasso, grasso !”

Mi sono sentito come un tubetto di dentifricio.

Se non esco con le costole rotte da questa vacanza inglese vuol dire  che i tanto vituperati rotolini adiposi a qualcosa sono serviti.

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CACCIA AL TESORO


“ Povero piccolo !”

Bisogna dire che nonno Talpone si sta sentendo colpevole, direi rammaricato per l’ultimo post che ha scritto sul suo figliolino, il cucciolo, sì proprio lui, il bistrattato Martello di dio, il suo ultimogenito inglese.

Non che abbia ricevuto rimproveri a tal proposito, il Martello è così impegnato con il suo lavoro di effetti speciali, credo abbia vicina una deadline del film, che ogni giorno parte di casa alle 7.30 del mattino per ritornare alla sera dopo le 9, stracotto, affamato e pronto solo per la cena e il letto, come suo fratello maggiore d’altronde.

Probabilmente non ha ancora avuto il tempo di leggerlo e questo evita per ora dei piccati riscontri.

Ma è giusto precisare che fin da quando il suo babbo, per dirla alla toscana, o “ Il suo Ciccione”, versione famigliare, è arrivato all’aeroporto di Gatwick, il Martello lo ha sempre circondato di affettuose attenzioni, portando la pesante valigia, ripiena di tre grossi pezzi di parmigiano, caciotte, gongorzola dolce, un grosso prosciutto crudo disossato, whisky irlandese single malt di 10 anni; offrendo inoltre generosamente tutta la disponibilità della sua casa.

Appena entrati dalla porta ha chiesto con noncuranza “ Papino, non ti formalizzi vero?”

La domanda era magari superflua, dato che erano tre maschi quelli che dovevano convivere insieme, senza nessuna fanatica dell’ordine prussiano, così si sono inoltrati spavaldi tra bici, mobili, casse accatastate e svariate palline di carta per far giocare i gatti.

Dopo aver gustato giuste porzioni da una scenografica zuppiera di riso bollito con fagioli, carote, lenticchie , finocchietti e altre verdure esotiche elaborate dal barbuto Tasso Irlandese, nella sua fase  momentanea di cucina vegetariana, il figliolo ha voluto precisare “ Ciccione, siamo felicissimi che tu sia qua con noi, che bello! Ma non sentirti in obbligo di fare qualcosa, riposati, vai in giro in centro e goditi la vacanza.   A proposito hai visto il giardino?  No, va bene è buio, domani ti spiego, i pezzi del camino sono quelli là in terra, cosa ne pensi ?”

Poi lo ha strizzato fortemente al petto, cantilenandogli gioiosamente “ Sei grasso, grasso, grasso !”

Ovviamente non contano le parole, ma il tono e le intenzioni con cui vengono pronunciate, per lui era il massimo delle manifestazioni d’amore.

Credo e spero che in ogni famiglia ci sia un piccolo dizionario segreto di parole e frasi, ad uso tribale, per cui appellativi come “ Papera Quack  Quack , Pollo, Tuttopiede, Tappa, Cuccioli di uomo, Grasso Grasso “ sono forme verbali equivalenti ad un bacio o ad un abbraccio affettuoso.

La mattina seguente l’anziano genitore è stato fornito di un mazzo di chiavi per garantire la sua totale indipendenza, ha potuto visionare il giardino e lo stato di consistenza delle varie stanze, con il relativo stato di manutenzione, libero di scegliere e pensare.

Durante le giornate ha sempre ricevuto telefonate affettuose, in cui si chiedeva se si stava divertendo e cosa avesse fatto di preciso.

Non c’è cosa più apprezzabile della libertà, così nonno Talpone, con varie pause per il tè, le puntatine al pub, il sonnellino pomeridiano e i giretti tra vari negozi di ferramenta, ha svolto le sue piccole mansioni da bravo pensionato, quasi fossero una serie di piccoli hobby da svolgere in una caccia al tesoro.

Cavi e prese elettriche, avanti un passo, tavole da segare e fissare al muro, avanti, sciacquone smontato ma bloccato da viti marcescenti, passo laterale, manopole delle porte che cadono a terra avvitate, passo avanti, un’ottantina di quadratoni di pietra impossibilitati da smuovere senza leve e posto dove accatastarli, passo indietro, messa in ordine di attrezzi spaiati, latte di vernice, stracci e rimasugli inclassificabili, passo avanti, come nel gioco dell’oco ( o era dell’oca, non ricordo ).

A sera, attorno al tavolo con il solito riso, verdura e condimenti cino-giapponesi-cambogiani, si chiacchera, si discutono progetti, si beve del buon vino e si finisce con un bicchierino digestivo.

Come avviene in ogni coppia, se uno dice bianco, l’altro ribatte che è nero, così il prato all’inglese ritorna alle beole di cemento, il porta tende di ferro si deve mettere o togliere, le rose si devono o non si devono trasformare in zucchine e pomodori. Nonno Talpone assiste equidistante e salomonico nel dibattito di coppia, molti lavori progettati per ora non saranno eseguiti e lui coltiverà le minuzie : l’ordine e l’acquisto degli attrezzi, le viti da fissare, le lampadine da cambiare, le gomme bucate delle biciclette.

I dieci scatoloni di latte d’olio umbro, le bottiglie e le taniche di vino, le conserve di Nonna Papera sono appena arrivate intatte dallo spedizioniere italiano.

Vuol dire che in ogni caso sopravviveremo.

PAPAAA … PAPAAA …


Qualche tempo fa a casa squillò il telefono e la voce del mio secondo figlio, quello che si considera profugo in Inghilterra anche se là ha passato la maggior parte della sua vita, si è fatta sentire, suadente, insistente, imperiosa e squillante come una tromba che aduni la truppa.

“ Papaaa … papaaa … dai venite su a trovarmi, vorrei vedervi, daiii !”

“ Ma caro, veramente a luglio ci vedremo lassù per più di un mese, ora siamo impegnati – ha cercato di tergiversare nonno Talpone, usando il plurale maiestatis “

Lo si potrebbe considerare un padre amorevole, ma inspiegabilmente ad ogni viaggio, ad onta delle sue pretese di avventuroso esploratore, entra in uno stato di angoscia inconsulta e immotivata.

“ Papaaa … papaaa … daiii!  Ho bisogno di consigli per il giardino di casa, vorrei creare un orto per far crescere delle verdure fresche, daiii !”

“ Ma sì, vai che ti diverti – interloquì subito mamma Istrice – verrei anch’io, ma ho delle lezioni, delle conferenze, dei convegni, ho troppi impegni che non posso disdire”.

Così nonno Talpone accettò incautamente quell’invito pressante; come dire di no ad un figlio?

“ Verrei anch’io – disse poi anche il figlio promettente avvocato – ma devo sempre lavorare, beato te papà che non fai mai niente!”

Ma la trombetta inglese non aveva finito di suonare.

Dopo qualche giorno e via via a giorni alterni il famigerato Martello di dio, quello che pensavo si fosse da tempo acquietato negli ozi matrimoniali, ha continuato a telefonare e domandare.

“ Papaaa … papaaa … si sono rotte le lampade, tu sai aggiustarle, vero ?”

“ Papaaa … papaaa … lo sciacquone del bagno perde acqua, tu dovresti metterlo a posto, quali attrezzi ti occorrono ?”

“Papaaa … papaaa … dobbiamo metter su le tendine in sala, ma con il trapano abbiamo scoperto che il muro esterno è pieno di sassi, tu useresti il martello demolitore, quando vieni lo affitti tu ?”

“ La balaustra di legno si è rotta, vorrei anche mettere un altro corrimano sulle scale “

“ Il camino di pietra nera della sala ci è caduto a terra ed è tutto smontato, tu sai cementarlo di nuovo al muro, vero ?”

“ Pensavo di togliere la pavimentazione di blocchi di pietra nel patio e fare un bel prato all’inglese, sarebbe fico, si tratta solo di un pezzetto, 50 o 60 metri quadri, tu sai come farlo, ne sono sicuro.”

Queste ed altre supplicanti richieste d’aiuto sono arrivate a nonno Talpone, precedute e seguite dal solito ritornello “Papaaa … papaaa … “.

E lui non solo è partito, rassegnato al suo destino di padre, che impone doveri sino alla tomba, ma nel vento gelido e con una sferzante pioggia intermittente ha iniziato da due giorni il suo lavoro di rammendatore casalingo, quello che di solito riesce a procrastinare ed eludere persino a Milano.

Oggi, dopo aver segato e montato in mattinata una doppia scaffalatura per le scarpe, è uscito fuori, ansante e con il mal di reni, ma era spuntato il sole e dopo aver vagato a caso per le vie come un sonnambulo, è entrato in un pub e si è concesso un tardivo breakfast  a base di salsiccia, uova, bacon, fagioli al pomodoro e funghi fritti, accompagnato da una grossa pinta di birra scura e amara, la Bitter .

Quando è ritornato al suo cantiere ha sorbito un solitario tè, ha sgranchito le dita trascrivendo queste poche righe e serenamente ammette di essere inspiegabilmente felice.

BRACCIO DI FERRO


Era poco prima del 25 aprile, se non sbaglio, quando un anziano signore, da tempo in pensione, si è trovato su un treno che lo doveva portare nella sua campagna umbra.

La moglie gli aveva detto “ Vai pure da solo, così non ti annoi qua in città, io ho tanto da fare, inoltre potrai vedere come stanno le nostre gatte e ti divertirai con il giardino”.

Lui si era rassegnato coscienziosamente, come al solito non aveva dormito la notte precedente per una forma di ansia congenita, eppure aveva riempito con cura maniacale il suo zainetto da ragazzo, con il solito computer portatile, una borsetta di pen card varie, qualche cellulare, tre libri cartacei, l’Ebook con 820 titoli, due taccuini per i futuri post e un sacchetto di taralli alla patata e rosmarino, insomma l’usuale kit di sopravvivenza.

Comodamente assiso nella sua poltrona di 1° classe, in offerta a 35 euro, 10 in meno del sedile di 2° del solito Intercity con sconto Carta d’Argento, era stato inizialmente stuzzicato da un buon numero di idee, alcune osservazioni brillanti, qualche spunto polemico e un paio di lontani dolci ricordi.

Ma le gentili hostess erano sempre intorno a lui, offrendo giornali, bibite, dolcini, tè e caffè, così pur con la penna in mano si era trovato a Roma in un attimo.

Arrivato poco dopo alla sua casetta tra gli ulivi, gelida per il lungo periodo di chiusura, era stato assediato da sei gatte festanti e gravide all’ultimo mese, che chiedevano imperiosamente, con cadenza oraria, ciotole di cibo, di latte, di razioni extra di carne, per non parlare delle continue coccole consolatrici.

Il giorno seguente dopo aver ammirato il magnifico prato erboso che arrivava al suo ginocchio, bianco di fiori come fosse appena nevicato, ha dovuto iniziare la consueta schermaglia con il decespugliatore per rendere praticabile un percorso tra gli ulivi, le viti e le piante da frutta.

Dopo una sola ora di lavoro era grondante di sudore, con le braccia doloranti e ancora scosse dal tremito delle vibrazioni subite.

Il giorno dopo ha resistito per un paio di ore e così nei giorni seguenti, con una conseguente stanchezza che perdurava fino all’ora del rifugio serale nel letto.

Si chiedeva speranzoso “ Pioverà domani ?” per essere sempre deluso il giorno seguente; a Milano pioggia a torrenti, a Terni sole e lavoro.

E’ tornato dopo una decina di giorni, “ adesso scrivo “ diceva convinto a sé stesso, ma il tempo è passato e lui ha spesso le mani stanche e la schiena dolorante.

Ieri a tavola incitava i nipotini “ Mangia le lenticchie … assaggia gli spinaci .. prova questo spicchio di mela che ti ho tagliato … vedrai che diventerai fortissimo. Forse riuscirai anche a battere a braccio di ferro nonno Hulk “

Loro due, ingenui e volonterosi, smettevano i capricci, ingurgitavano cucchiaiate e bocconi, provando a turno le forze acquisite e sbattendo fragorosamente sul tavolo la mano del nonno.

Forse il loro vecchio Hulk personale, pelato, con baffoni bianchi e un’ingombrante pancetta addominale, dovrebbe mangiarne anche lui di spinaci.

In fondo nonno Talpone è abbastanza ingenuo da credere lui stesso a queste magiche promesse.