JOLANDA


“ Nonno guarda, è il regalo che ci ha portato lo zio Federico, come aiutante di Babbo Natale !”

Appena aperta la porta nonno Talpone scopre che i nipotini stanno giocando ammirati con un enorme galeone pirata della Playmobil, sdraiati tra il corridoio e la sala della loro casa, quella degli avvocati di Wisteria Lane.

Lo zio è un amico di famiglia, ex compagno di lavoro di suo figlio, una persona amabile, dolce e gentile come pochi, giunto da Roma a Milano per una riunione di lavoro, con l’occasione ha voluto anticipare i doni natalizi.

Liberatosi in fretta della sua giacca a vento marinara color rosso pomodoro, il nonno si sdraia anche lui a terra per vedere da vicino lo stupendo galeone, osserva con occhio intenditore le velature, le funi, i paranchi, dà consigli sulla disposizione dell’equipaggio e mette un piccolo mozzo sulla coffa in cima all’albero più alto per avvistare in tempo i nemici.

Però occorrono altri navigli, rovistando nella camera dei bambini si recuperano in fretta altre due feluche minori, due barchette a remi e un piccolo gommone in cui mettiamo un vigile per dirigere il traffico.

Non si trova invece il veliero che il nonno aveva regalato loro due anni fa, quello che ballonzolava sulle sue ruote per simulare le onde marine, dotato di una capace stiva per i tesori.

“Dov’è il nostro vecchio galeone ? – domanda allo Scoiattolino.

“ Eh … Papà l’ha regalato all’asilo, io gli avevo detto di no, ma lui l’ha portato via lo stesso – piagnucola amareggiato il piccolo.

Questo fa arrabbiare seriamente il nonno, oltretutto con quell’acquisto al grande magazzino gli avevano consegnato, forse per sbaglio, dieci tagliandi di una lotteria, non aveva vinto niente come al solito, ma in compenso aveva ricevuto dieci SIM telefoniche da tre euro, iniziando così la sua avventurosa esperienza con tutti gli operatori telefonici nazionali, che con straordinarie offerte promozionali per cambiare gestore gli hanno via via consegnato decine di bonus gratuiti fino a duecento euro, fino a collezionare quattordici SIM per undici cellulari ( sic !).

Una numerosa flotta nell’appartamento può forse sembrare ingombrante per la mamma Tuttopiede che deve mettere in ordine casa, ma via, noi siamo pirati, abbiamo le nostre esigenze.

Quando potremo da grandi ci compreremo una casa dei giochi tutta per noi.

Comunque ci arrangiamo con i navigli che restano, scegliamo gli ometti, le armi, proviamo i cannoni a elastico.

E i tesori ?

Già, le piccole casse di plastica con i dobloni dipinti ci sono, ma i piccoli vogliono monete vere.

Si accontentano degli spiccioli del nonno, per fortuna aveva il borsellino pesante e soprattutto hanno sorvolato sulla mancanza di monete d’oro.

Abbiamo gattonato tra le varie stanze, spingendo i nostri velieri, lanciando urla di guerra e cercando anche di far ragionare il Polipetto, che a quattro anni ad un certo punto voleva far volare in alto il suo galeone pirata.

“ Non è giusto ! Devi stare a terra! – si lamenta il fratello più grande.

“ Ma io l’ho visto fare a capitan Uncino – piagnucola l’altro.

“ No guarda, semmai era Peter Pan, ma quì non abbiamo Campanellino, quindi tutti a terra, ma ora ho le ginocchia rotte, non si può giocare con gli aeroplanini o fare dei bei disegni seduti al tavolo ? – azzarda speranzoso nonno Talpone, alzandosi a fatica, con le articolazioni intorpidite.

Nonna Istrice si propone come valida sostituta e manovra il suo vascello, ma sul suo legno integra la ciurma con due pupazzetti dalle forme inequivocabilmente femminili.

“ Non è valido ! Non ci sono le donne pirata ! – strilla il purista Scoiattolino.

“ Beh non è vero, lo dice anche il tuo libro dei pirati, ti ricordi ? – afferma pacioso il nonno – E poi rammento benissimo, da piccolo leggevo del Corsaro Rosso, di quello Verde e di un libro sulle avventure di Jolanda, la figlia del Corsaro Nero.   Li ho ancora in cantina.  Salgari docet !”

I piccoli alfine accettano il  parere del nonno e le battaglie continuano tra urla e proclami di abbordaggio.

Nonna Istrice, seppure senza il vocione del marito, si sta comportando bene, tra scontri, lancio di cuscini e rovesciamento di navigli.

Il gommone del solitario vigile di Pisapia viene ignorato completamente, il traffico delle imbarcazioni è impazzito, come i questi giorni di pioggia e di scioperi dei trasporti pubblici.

Nonno Talpone, seduto su una sedia, ammira il gioco e guarda amorevolmente la sua Istrice, scarmigliata e vociante.

Bisogna riconoscerlo: sembra proprio la sua eroina di un tempo, Jolanda, la spavalda figlia del Corsaro Nero.

LEZIONI DALLA STRADA


Bisogna ammetterlo: questi extracomunitari non conoscono il codice della strada.

Siamo tutti fermi davanti al semaforo rosso ed eccone uno di loro che attraversa la via, sgusciando tra le auto, senza aspettare il segnale verde.

D’accordo, anche qualche italiano ora lo fa, soprattutto giovani donne, scommetto che non sono del nord.

Quando invece devono attraversare le strisce pedonali li vedi indecisi e intimoriti sul bordo del marciapiede, non osano attraversare.

Per fortuna quando ci sono io, con l’esperienza dei miei anni, gli faccio vedere come si fa: cipiglio duro, sguardo fisso e truce verso la corsia di marcia, discesa lenta ma costante dal marciapiede e , facendo segno di seguirmi agli indecisi, li guido fino a metà corsia, per ripetere la stessa operazione dall’altra parte di marcia e portarli in salvo sul marciapiede opposto.

Certo qualcuno non rallenta e allora, calcolando con la prontezza di un torero, volteggio a lato e lancio sonori improperi e insulti a quei delinquenti che non si sono fermati.

Le urla hanno anche una funzione liberatoria e poi fanno allegria sulla strada.

Per ora nessun automobilista si è fermato poco più avanti per ribattere, ci mancherebbe altro, le mie esternazioni sono sempre avvenute quando sono in numerosa compagnia.

Stamane, mentre andavo al vicino mercato ambulante di via Padova, vedo davanti a me la solita vecchia zingara accosciata a terra, da professionista dell’elemosina, che tenta di intenerire i gonzi.

Rallento per ammirare la sua recitazione e mi sorpassa un uomo di mezz’età, giubbotto malconcio e pantaloni sformati, dai capelli crespi, che si ferma presso la vecchia, si china, scambia due parole, getta qualche monetina e si allontana.

Incuriosito lo seguo, mi affianco, lo guardo: è un arabo di quelli che cercano di rifilarti ombrelli, scarpette e giochini cinesi di pessima qualità.

“ Scusa amico – gli dico gentilmente in tono paterno – guarda che quella è una professionista dell’elemosina, magari hai più bisogno te di lei”

Lui si gira, mi guarda con un viso mite e bonario e risponde gentilmente “ Non so, magari aveva proprio bisogno di un’offerta, chi lo può sapere?”

Poi si è voltato e quasi scusandosi si è allontanato.

Facendomi sentire un verme.

Aveva ragione mio padre buonanima, non si finisce mai di imparare.

LA CURA


Sono giornate di luce breve e di pioggia sottile e insistente, giornate di doloretti, raffreddori e stanchezza.

La moglie ti impone diete leggere e pillole ignote, forse antibiotici.

Ci si sente flaccidi, svogliati ed assenti.

Andare dall’amico medico per una cura ?

Suvvia ormai ti conosci abbastanza vecchio nonno Talpone, la tua cura, le tue necessità sono giochi e allegria sconsiderata con i bambini.

APPUNTI SPARSI


Ricordi, immagini, frasi, pensieri.

Affiorano all’improvviso, si espandono lucidi, brillanti come sgargianti bolle di sapone … poi esplodono con un flop.

In questi giorni si accumulano le mezze pagine compitate in fretta, quando posso, ma non ne trovo il senso.

Santo Talpone  aiutami tu, sono sprofondato nelle ripetute abitudini di ogni giorno, fammi divertire o arrabbiare ancora.

I frizzi, le fantasie brillanti richiedono la tenace fatica di inseguirle subito, notte o giorno che sia, lasciando anche il letto caldo, il libro che stavi leggendo, le piccole comodità e gli altri impegni.

La pagina scritta è un’amante esigente e permalosa, ogni incostanza o presunto tradimento scatena la sua vendicativa scomparsa.

Pertanto non so, care amiche ed amici, se bastano le mie scuse per la mia assenza dal blog, ma vi prego, accettatele senza troppa insofferenza.

Scusate, mia moglie mi chiama.

Si, ho capito, vuole che esca ancora per andare al supermercato per fare la spesa.

Va bene cara, ma non è troppo presto per acquistare la farina 0 e 00 per preparare i ravioli di Natale ?

Povera piccola, devo caricarmi dei borsoni, sono il suo uomo di casa.

D’accordo, anche l’olio di mais, si, non mi sbaglio questa volta.

Come ?

Anche l’olio d’oliva dalla cantina per la salsa verde, sì lo so, è stata colpa mia di farmi regalare quel grosso mazzo di prezzemolo dal mio amico ambulante, quello del Bangladesh con sei figli, sai mi chiama sempre zio, quasi quasi penso di esserlo diventato, speriamo che non ci invitino per i matrimoni di tutti quei bambini.

Va bene devo uscire signore e signori, non ho mai avuto amanti e penso di aver poca fortuna anche con quella di fantasia.

PICCOLI MIRACOLI


Sono più di due settimane di naso a fontanella, mal di testa, catarro, dolori alla schiena e lagna lamentosa che affliggono nonno Talpone e i pochi sfortunati che gli stanno intorno.

L’Istrice, da poco ritornata, è dotata di pazienza infinita e ora gli ha somministrato gli antibiotici, facendogli riprendere i sensi.

Perché, ammettiamolo, è sempre spiacevole diventare vecchi, gli uomini poi, forse perché non sono coinvolti dal trauma del parto, il dolore vero proprio non lo sopportano.

Non consola abbastanza il leggere libri truci su crudeli prove di sopravvivenza nei lager e nei gulag, di naufraghi che stentano su isole deserte o gialli tenebrosi che descrivono serial killer maniaci, no, basta un dolorino all’anca e subito il mondo crudele ti crolla addosso, solo su te, sfortunato Giona biblico.

Nonno Talpone non solo si sente depresso e accidioso, ha assunto la viziosa abitudine di consultare ogni dieci minuti le eventuali mail che potrebbe aver ricevuto, nessuno gli scrive ovviamente, talvolta sente un trillo emesso dalla sua bianca tavoletta magica, guarda subito speranzoso, per scoprire che si tratta solo della pubblicità di una banca o dell’offerta scontata di voli natalizi verso mete lontane .

In tanta miseria spicciola ieri l’Istrice, avendo completato la sua relazione, gli ha improvvisamente chiesto di poter leggere il blog.

“ Veramente eri così impegnata, credevo non ti interessasse, poi tu mi sgridi perché non vuoi che si parli dei fatti di famiglia !”

“ Dai, fammi vedere, su zucchino …”

Nonno Talpone le ha porto la sua lavagnetta bianca, quella che ormai porta sempre con sé, come uno scolaretto con il suo portafortuna, lo apre sull’ultimo post e lei lo legge con il suo grazioso nasino a tre centimetri di distanza.

Comincia a ridacchiare, emette dei buffi “Ih!  Ih !”, un singulto, gli occhi le si inumidiscono, piange e ride simultaneamente, facendo traballare lo smartphone davanti al viso.

Nonno Talpone la guarda, ogni volta stupito e ammirato, ogni volta la riscopre buffa e bellissima, si perde nella visione di questa ragazza che l’ha fulminato in un remoto passato, un affascinante animaletto speciale.

Dimentica ogni cosa, immerso in uno di quegli strani miracoli che talvolta possono accadere a tutti nella loro breve esistenza.

LA ZUCCA


Il ritorno a casa della mia signora e padrona ha ristabilito usanze e abitudini che tendevo ormai a dimenticare.

La più antipatica è la mancanza di un posto sicuro e definito per poter leggere e scrivere con tranquillità.

Così ogni mattina inizia con “ Cara, dove vuoi usare il tuo computer oggi ?”

“ Zucchino, vai pure in studio, io uso la cucina perché ho bisogno del tavolo lungo per posare libri, riviste e fogli di appunti “

Dopo un quarto d’ora, mentre sto consultando internet sul mio portatile piccolo, vengo chiamato d’urgenza, il suo computer, non quello nuovo appena regalatole, perché si sa, è nuovo, quindi usa quello amorevolmente prestatole dal padre dei suoi nipotini, che improvvisamente, da solo, ha deciso di ridurre le parole a formichine quasi invisibili.

Dopo qualche tentativo risolvo spegnendo e resettando il malevolo aggeggio.

Non passa mezz’ora che un nuovo guaio cibernetico la turba ancora, oppure è la traduzione appropriata di una parola, ogni volta devo alzarmi e correre in soccorso.

Più avanti lei vuole usare lo studio, perché la grossa stampante multifunzione sta lì, ma io non posso trasferirmi in cucina, il cui tavolone è ancora sommerso dal suo portatile , dai libri e dalle altre molte carte, inoltre è vicina l’ora del pranzo.

In sala no, si mette in disordine, in camera da letto guai, inoltre non vi sono ripiani utili, l’unico bagno è sacro  e , data la nostra età avanzata, deve essere sempre disponibile per le urgenze.

Non bisogna dimenticare che il telefono cordless ora funziona, richiede quindi un addetto alle risposte, stranamente non è la stessa persona destinataria di quasi tutte le chiamate.

Personalmente nonno Talpone ha molti amici defunti, quindi anche se li pensa spesso, finora non gli hanno ancora telefonato.

Ieri mattina mentre relegato in un cantuccio compitavo degli appunti, si era sentito l’ennesimo squillo ed ero corso in corridoio a rispondere.

Si trattava del Martello deus, stranamente alle dieci di mattina, a quell’ora di solito è chiuso nel suo cubicolo alla Company davanti ad uno schermo.

“ Pronto ?”

“ Papà ciao. Passami la mamma.”

“ No, scusa, non puoi dire a me, la mamma è in cucina a lavorare sul suo computer.”

“ Papaa, papaa, devo parlare con la mamma, sbrigati !”

“ Eh no! In questa casa io non conto proprio niente, si sa. Cos’hai da chiedere, ricette di cucina, medicinali o consigli per malattie, pareri per l’arredamento ? Ci sono anch’io sai ? Chiedi e ti sarà dato !”

“ Papaa, papaa, papaa, non farmi perdere tempo, passami la mamma, daiiii !”

Ruggendo fremente ho passato la cornetta alla moglie con mezze frasi sdegnate.

“ E’ per te ! Al solito ! E’ tuo figlio ! Quello inglese ! “

Poche parole e la mia Istrice ora risplendeva di gioiosa commozione.

“ Oh caro !  Ti sei ricordato !  Si, sono tanti, ma io sto benissimo.  Come ?  Beh lo conosci, lui si lamenta sempre, basta farci l’abitudine.  Si, tutto bene, sono felice, credo che quando sarò calata nella tomba dirò ugualmente  – come sto bene ! –  Grazie per gli auguri !”

“ Riagganci tu per favore, zucca mia ?”

PROVE DI FUTURI SCENARI


Una settimana in solitudine e malattia, chiuso in casa con montagnole di fazzoletti di carta umidicci, piatti sporchi nel lavello, libri sparpagliati alla rinfusa in ogni stanza, aperti o piazzati in equilibrio instabile con pezzi di giornali tra le pagine, letto sfatto e plaid buttati sulle poltrone, insomma il prevedibile appartamento del maschio single.

Mi sono trovato più volte impegnato a ragionare con nonno Talpone sui possibili foschi scenari futuri.

Ad esempio cosa succederà tra cinque, dieci o vent’anni, nello sfortunato caso che dovessi sopravvivere alla mia dolce Istrice, sempre più decrepito e ammalato, in ristrettezze economiche, in solitudine sepolcrale ?

Mentre si ipotizzava e si pigliavano appunti su un mucchietto di fogli era improvvisamente arrivata la telefonata del figlio inglese.

“ Come va papà ? Tutto bene lì ?”

“ Si, non ti preoccupare, raffreddore, catarro e male alle ossa, ma passerà – ho risposto imbarazzato e leggermente indispettito.

Ci si era rovinato lo scenario, si era frantumata l’atmosfera drammatica che stavamo costruendo, così, dopo una decina di minuti di conversazione, ci eravamo lasciati, Talpone era sparito e personalmente non mi rimaneva altro che mettermi davanti alla televisione, per assistere sfortunatamente ad un bel film, coinvolgente e con un commovente lieto fine.

La giornata seguente, mentre mi stavo preparando un piatto di tortellini, preparati con un brodino di dado, mi ero ricordato di averli acquistati al supermercato vicino casa con il fatidico sconto del 50 %.

Facendo due conti, quei tortellini pregiati di marca Rana mi erano costati solo due euro, essendo due porzioni e tenendone una metà per l’indomani stavo per cenare con un solo euro.

Tra venti o trent’anni, con la mia pensione ormai ridotta al lumicino per l’inflazione, avrei potuto vivere con due- quattro euro al giorno, contando anche un bicchiere di vino a pasto e una patata lessa per secondo.

Potendo ipotizzare inoltre di subaffittare un paio di stanze ad estranei, avrei avuto anche i soldi per poter pagare le bollette di luce, gas e le spese condominiali verso il 2030 e i decenni successivi.

Afferrati dei foglietti pubblicitari e rovesciabili sul retro stavo preparando dei calcoli più precisi con la penna quando è arrivata la telefonata del figlio valente avvocato.

“ Papà come stai ? Senti, mi ha chiamato la mamma, adesso arrivo in auto e ti porto un vassoio di polenta, un barattolo di sugo e un grosso pezzo di bollito, va bene ?”

Come rispondere di no, assolutamente no accidenti, mi rovinava anche questi brillanti piani futuri di economie nei prossimi quarant’anni.

Ho dovuto nascondere i preziosi foglietti, ho ricevuto mio figlio accompagnato dal suo vecchio amico Carlone, ammucchiato sul tavolo della cucina la borsa delle provviste, ci siamo bevuti del Limoncello casalingo, riso e scherzato come fossimo in una piacevole stanza d’osteria.

Una volta usciti che fare ? Scenari spazzati via, ho ripreso in mano un libro, per fortuna era una raccolta di racconti di Solzenitsyn, tra cui il meraviglioso “ Una giornata di Ivan Denisovic”.

Le giornate della settimana sono passate in fretta, gli scenari per un motivo o un altro sono stati sempre rovinati, poi inaspettato è arrivata la telefonata che comunicava il ritorno anticipato della moglie dall’Umbria.

Di corsa pulizie generali, rifacimento del letto, lavatrice che svuota il cassonetto degli indumenti sporchi, lavastoviglie a manetta, libri frettolosamente rimessi a posto negli scaffali, spesa al supermercato, infine ho apparecchiata la tavola e preparato il sugo per gli spaghetti alla chitarra.

Come ritrovare la concentrazione per ipotizzare gli scenari futuri ?

Nel tardo pomeriggio siamo stati dai genitori dei nipotini per la cena di compleanno dell’Istrice Amorosa.

Ho trovato i piccoli sdraiati sul pavimento della sala, stavano guardando un vecchio cartone animato, il nonno si è steso vicino a loro, stuzzicandoli bonariamente, dondolandoli per aria e assoggettandosi a fare da morbida poltrona con il suo pancione.

Quando ci hanno chiamati a tavola per la cena nonno Talpone si è sentito chiedere:

“ Che faccia gioiosa che hai, cosa ti è successo ?  Ah capisco, si è illuminato con i bambini come al solito !”

SAGGEZZA RAGAZZI !


Dopo una notte passata tossendo in modo catarroso, con le ossa doloranti, ingrugnito,  con passo strascicato, a metà mattina nonno Talpone ciabatta verso la cucina, mette a scaldare l’acqua per il tè, sciorina sul tavolo una varietà di taralli pseudo pugliesi e finalmente guarda fuori dalla finestra con aria truce.

Toh ! C’è il sole.

“ Ma come ! – gorgoglia con voce roca – Doveva piovere secondo le previsioni !”

Perché dovete sapere che lui è un uomo d’ordine, di quelli che credono alle previsioni del tempo annunciate alla radio, alla televisione e sui giornali, da quando poi gli hanno regalato un costosissimo mini computer – maxi cellulare bianco, che secondo lui hanno pagato con l’equivalente di uno stipendio mensile di un precario, non fa che consultarlo ogni mezz’ora, come fosse un oracolo.

Così, colto dal dubbio, si precipita nello studio, stacca la spina di ricarica del suo giocattolo senile e con voce tremula chiede :

“ Android caro, com’è il tempo a Milano?”

L’altro si illumina sullo schermo gigante e gli presenta la risposta scritta:

“ Tendenzialmente nuvoloso con acquazzoni !”

Nonno Talpone non può dubitare di quel miracolo coreano della tecnica, quello che un giorno futuro forse gli preparerà anche il tè; ma è chiaro, quel pallido sole esterno non è che uno specchietto per le allodole, come si suol dire.

Scuotendo la testa si avvicina  alla porta finestra, scruta la strada oltre il balcone, cercando se vi siano degli ingenui incoscienti che osino girare senza ombrello.

Con grande sorpresa si rende conto che i marciapiedi sono affollati di creduloni che camminano tranquilli senza impermeabili, cappucci o parapioggia.

Perfino le auto si muovono senza azionare i tergicristalli !

Proprio una marea di babbei.

Alla fine scopre là in fondo, verso l’angolo della piazza una coppia di anziani che si trascina lentamente, tenendo ben stretti due ombrelli neri arrotolati.

“ Ecco là, si vede la saggezza dell’età! – gongola nonno Talpone trionfante.

Se non avesse questa maledetta tosse, andrebbe subito fuori anche lui, con i suoi quattro cellulari in tasca, indossando cappello cerato e il suo giaccone rosso da vela, adatto anche alle tempeste di mare, con un paio di ombrelli appoggiati al braccio.

Non si sa mai, se un ipotetico colpo di vento ne squarciasse uno, lui avrebbe pronto la riserva.

E non provatevi a ridere, quando girate in macchina non tenete forse nel bagagliaio la ruota di scorta?

LA POLENTA DELLA MAMMA


I riti, le cerimonie a cui ci abituiamo, dettagliate, forse maniacali e antiquate, in alcuni casi possono non essere una sovrastruttura inutile e ridicola, ma un strumento per ritrovare in noi un minimo di sicurezza, di fiducia in quello che facciamo o che vorremmo fare.

In questo momento nonno Talpone si trova a casa solo, con influenza e mal di gola, dolori alle ossa e fitte reumatiche dolorose; niente di grave, con questo inizio di stagione invernale molti ne sono colpiti.

La scorsa settimana ne hanno sofferto i nipotini, soprattutto il Polipetto, avendoli curati a casa loro anche il nonno ora ne è stato contagiato.

Passerà.

Intanto la moglie è lontana in Umbria a preparare relazioni e studi, lui si ritrova a sopportarsi da solo in casa, non riesce a scrivere quando lo spirito ironico di Talpone si è dileguato in oscuri nascondigli.

Però la vicinanza del giorno dei defunti gli ha riportato in mente la figura mai sbiadita della sua mamma, persa quando aveva dieci anni, ha voluto così reagire alla melanconia, riproponendo ai suoi lettori la ricetta materna di polenta e luganiga, che lo deliziava nei suoi anni di bambino e che ancora oggi, talvolta, nonno Talpone è richiesto di preparare per parenti ed amici.

E’ uscito dal calduccio del letto, ha caricato una vecchia penna stilografica, ha rivoltato un pacco di comunicazioni bancarie sulla trasparenza e ha trascritto a memoria la ricetta, visto che tra i numerosi libri di cucina dell’Istrice, che vanno dall’Artusi al Carnacina ve ne sono parecchie, ma tutte differenti.

POLENTA CON CARNE,LUGANIGA E RAGU’ ALLA MILANESE

Per 4-6 persone, se avanza è gustosa anche l’indomani

–         500 gr. di farina di mais, meglio quella mista con quella poco bramata

–         Una cipolla, una carota, un gambo di sedano, poco prezzemolo, uno spicchio d’aglio

–         400 gr di carne di manzo, o di vitello a scelta, da spezzatino, magra e tagliata a cubetti di 2 – 3 centimetri

–         300 grammi di luganiga, la salsiccia filiforme dolce lombarda, in mancanza della salsiccia non piccante tagliata a pezzi di 3 cm circa

–         400 gr di carne macinata

–         1000 gr di passata di pomodoro

–         Una manciata di funghi, due chiodi di garofano, ½ bicchiere di vino Barbera

–         30 gr di burro, 3 cucchiai d’olio d’oliva ( una volta si usava solo burro e strutto)

In una capace pentola di coccio versate l’olio d’oliva e il burro, scaldate e fatevi soffriggere cipolla, sedano, carota, prezzemolo e l’aglio, tritati per bene.

Mettetevi a rosolare i pezzetti di manzo ( o di vitello), rimescolate con un cucchiaio di legno a fuoco vivace e dopo qualche minuto versate il vino e fatelo asciugare.

Unire la salsiccia a pezzetti, rimescolate sempre, per aggiungervi dopo cinque minuti  la carne tritata e i funghi.

Riscaldate a fuoco più lento e in seguito unire la passata di pomodoro, rimescolate, salate e pepate e unite i chiodi di garofano.

Nel caso la passata sia leggermente acida, aggiungete un cucchiaino di zucchero per correggerla.

Lasciate sobbollire leggermente a fuoco basso per circa un’ora, rimescolando di tanto in tanto.

A parte preparate la polenta, ricordando di versarla pian piano nell’acqua bollente leggermente salata del paiolo e rimescolando continuamente in senso orario.

Inutile chiedere ancora di usare la farina normale, che richiede almeno un’ora di assiduo e faticoso smanettamento, ora con quella precotta bastano una decina di minuti.

Importante è per me che la polenta risulti soda e compatta, da versare sulla spianatoia di legno, che assorbe l’acqua e permette di tagliarla a grosse fette da servire nei piatti.

Sopra si verserà a piacere abbondante sugo e carne.

Di rigore un vino robusto che esalti il sapore del cibo e ci faccia dimenticare il cielo grigio il freddo e la pioggia fuori dalle finestre.

Godetevela e scusate se io passo in cucina per un solitario brodino.