PAPA’ E’ AL LAVORO MA TORNA


Da qualche tempo il posto di lavoro è un problema preoccupante per tutti, non solo per i giovani al primo impiego o per i cinquantenni che perdono improvvisamente il loro posto creduto sicuro, ma anche per quella classe di mezzo di specializzati tra i 30 e i 40 anni che devono adattarsi alle esigenze di chi vuole la loro esperienza e la loro duttilità, ma chiede anche di muoverli in posti più o meno lontani secondo la necessità.
Spesso le esigenze sono temporanee e il loro coniuge e i figli non possono seguirlo, per motivi vari : il posto di lavoro di chi rimane, la casa di proprietà, le scuole, o il supporto famigliare necessario.
Conosco molti figli di amici che per motivi di lavoro devono spostarsi e soggiornare all’estero o in città più o meno lontane, ritornando a casa solo il fine settimana.
Qualcuno sostiene che questo mette in crisi la famiglia e ne provoca la rottura insanabile.
Personalmente vi ho pensato molto, ma non penso che sia così; se il rapporto a due è basato su amore, rispetto e fiducia non basta la lontananza a dividere la coppia.
Se adesso sembra che l’impiego vada inseguito dove c’è e alle sue condizioni, non posso scordare che anche negli opulenti anni ’70 molti colleghi venivano al lavoro a Milano pur provenendo da lontane città, condividendo tra loro un piccolo alloggio, per ritornare a casa solo il venerdì sera.
Per non parlare di quelli che da giovane vedevo partire per la Francia, il Belgio, la Germania come emigranti e ritornare ai loro paesi solo per Natale, Pasqua e Ferragosto.
Quando ero ancora bambino ricordo che mio padre, tecnico di auto di formula 1, era spesso assente per una o due settimane, ma non per questo veniva a mancare a me o a mio fratello il senso della famiglia, che è stata sempre unita e affettuosamente partecipe fino alla morte precoce di mia madre.
E’ ben vero che un vecchio proverbio, troppo spesso citato, afferma che “ l’occasione fa l’uomo ladro “.
Ma bisogna essere ladri nell’animo o non sapere che cosa sia l’amore.
Purtroppo forse quest’ultima è l’amara verità.

ALI’ BABA’


L’altro giorno abbiamo ricevuto una telefonata da una vecchia amica, che ha raccontato la storia drammatica di comuni conoscenti che abitano a Reggio Emilia.

In quella città emiliana, una volta ricca, opulenta, laboriosa, ove tutti avevano un lavoro che svolgevano coscienziosamente, con inventiva e operosità unica, la gente era allegra e buontempona, amava godersi la vita con i soldi guadagnati con fatica;  ora subisce la mannaia della crisi economica, come nel resto dell’Italia, oltre a soffrire i danni dell’ultimo terremoto.

Posti di lavoro sono  tagliati, gli stabilimenti e le fabbrichette ora annaspano in un mare di debiti, con meno ordinativi, meno pagamenti ricevuti, più tasse e balzelli burocratici da subire.

In quella famigliola, che conosco appena, lui ha perso il lavoro, lei è in cassa integrazione, per ora, la figlia che si era appena iscritta all’università  non trova sbocchi occupazionali.

Ora con la vecchia auto battono i mercatini di provincia, cercando di vendere oggettini usati, quelli da un euro o poco più.

Hanno chiesto ad amici e conoscenti se avessero qualcosa di vecchio o superfluo da dare a loro.

Noi abbiamo pulito e impachettato vecchi biberon che i nipotini non usano più, coppie di tazzine mai usate, orologi e radio datate, brocchette, vestiti, libri, che saranno da loro esposti su un lenzuolo o su un tavolino da campeggio in una piazza rumorosa e affollata.

La cosa incredibile è che non si tratta più di mercatini di brocantage ove gironzolare curiosi per cercare l’impossibile affare, ma di posti dove la gente va a cercare e acquistare per necessità le stoviglie o il biberon perché solo un euro può spendere.

Ormai sembra caduta anche la vergogna di mostrarsi poveri, loro, gli emiliani, fino a pochi anni fa così esuberanti e opulenti.

Voglio citare anche il caso di una giovane signora in Umbria, brillantemente laureata in scienze, con una bambina, che ha lavorato per anni come impiegata in varie istituzioni come esperta di contributi e contabilità, sempre con contratti a tempo determinato, poi in vari uffici quale collaboratrice con partita IVA, con stipendio sempre ridotto fino a perdere anche le 500 euro che guadagnava.

Non ha mai trovato un lavoro stabile, nonostante le mille promesse, perché non era raccomandata da un potente locale, di qualsiasi bandiera fosse.

Tante storie simili potrei raccontare, di famiglie che sopravvivono in qualche modo grazie ai genitori o ai nonni pensionati, che fortunosamente sono riusciti a farsi una casa tanti anni fa.

Dalle inchieste giornalistiche e in televisione emergono invece, elitari e staccati dalla gente comune, i rappresentanti di una classe politica parassitaria che sembra non avere questi problemi, anzi si dimostra sempre più arrogante, arricchita e rapace.

Non sono più quaranta i ladroni della favola, secondo le stime di Rizzo e Stella questa nuova classe di potere conta circa due milioni di persone, aristocratici non tanto per nascita ma per cooptazione connivente.

E Alì Babà direte voi?

I tesori nascosti certe volte li trova la Finanza e la Magistratura, anche se non so quanto si riesca a rimettere nelle disponibilità delle casse dello Stato, credo ben poco.

A noi, novelli Alì babà resta solo il “ Gratta e vinci” quel foglietto colorato da un euro che ci offre con insistenza tentatrice la cassiera del supermercato o il tabaccaio sotto casa.

Ecco balenare oltre la porta della grotta il tesoro nascosto dei milioni, delle rendite mensili da diecimila euro, la metà di quella di un parlamentare.

Paga e spera, tanto sperare non costa niente.

Anzi no:  un euro prego.

POVERO PIP !


Niente paura, se qualcuno aveva pensato a pericoli imminenti per problemi di cuore di nonno Talpone, nonsense, ben altri pericoli va ad affrontare il nostro nonnetto.

Ieri mattina per esempio, nonostante la stanchezza diffusa, aveva deciso di sistemare l’intricato glicine che, crescendo rigogliosamente selvaggio, occupava spavaldo la facciata della casa in cui momentaneamente lui risiede, arrivando a ricoprire anche quella del vicino.

Personalmente Talpone ama il glicine con i suoi grandi grappoli di fiori viola, ma in questo caso la pianta sembrava appartenere ad una foresta amazzonica.

Quindi occorre pazienza, saper scegliere, tagliare e sciogliere ogni filamento, per dare respiro ed armonia alla forma della pianta e permettergli un’abbondante fioritura.

Compito lungo e delicato, che lui svolgeva salendo man mano su una traballante scaletta per sistemare quella chioma verde arruffata.

Ma lo spiritello selvatico della pianta doveva aver frainteso le intenzioni di nonno Talpone, perché ad un certo punto lui si era accorto di avere la testa infilata tra gli intricati viticchi, con due spuntoni legnosi che lo pungevano nella schiena e una grossa liana verde avvolta attorno al collo come un cappio.

Un rapido colpo di cesoie aveva risolto la pericolosa possibilità di finire impiccato sul fronte della casa, penzolante come un malandrino da quel furioso glicine.

Con cui finalmente nonno Talpone aveva poi fatto pace, fissando il verde fogliame su larghe bande ordinate lungo la facciata, liberandolo da un’edera invadente e dandogli una carezza finale di commiato.

Dopo un’adeguato riposo nel tardo pomeriggio la sorella maggiore l’aveva invitato a potare le viti che invadevano il cortile di un’altra casetta.

Queste villette, affittate agli studenti, non ricevono mai cure di giardinaggio se non una volta all’anno quando il baby brother si reca da lei in visita.

Nuove potature, fissaggi ai supporti, sistemazione di quell’intrico verde, che misto all’edera aveva invaso letteralmente tutto il cortile posteriore.

Il potare le piante dà un senso di responsabilità per la messa in ordine del caos vegetale, ci inebria, ci fa sentire quasi dei padreterni.

A quel punto succedono i guai, come ferirsi, tagliarsi un dito o cercando di tagliare altri cavi elettrici avvolti nell’edera, come stava giusto facendo nuovamente nonno Talpone.

Ma questa volta aveva inforcato gli occhiali ed era riuscito a fermarsi in extremis.

Altrimenti ora sarebbe in fuga verso il sud, a cercare rifugio dal figlio Martello, occupato attualmente in un frenetico trasloco di casa.

No, forse meglio restare qua a subire la dolce tirannia della sorella maggiore.

Povero Pip !

A sera, affaticato, mentre era seduto pensieroso nella ritirata, era squillato il cellulare, era il Martello  che strillava “ Ho visto la torcia!”

Nonno Talpone aveva già subito nei giorni scorsi alcune telefonate allarmate, come quella della vicina di casa coreana, che gentilmente gli bagna le piante e i fiori del balcone quando è via; qualcuno aveva chiuso la porta con una seconda serratura di cui lei non aveva la chiave.

Poi quella del vicino della casa di campagna che gli annunciava un incendio che risaliva la collina, mentre due CanadAir dalla sera precedente scaricavano fiumi d’acqua sul grande rogo.

Ora la torcia, era andata a fuoco la nuova casa appena acquistata dal Martello o forse si trattava del personaggio dei super eroi di cui continuano a parlare i nipotini ?

“ Papààà, mi senti ? Ho detto la torcia, hai capito ? “

“ Veramente no, è grave ?”

“ Papà passami la mamma “

“ Non posso, sono in ritirata, lei è al piano di sotto “

Più tardi gli hanno spiegato che si trattava della fiaccola olimpica, che il Martello aveva visto per strada a Londra.

Nonno Talpone invece era perso nel sogno di acquistare un vecchio pick-up Dodge, come quelli che vedeva nei film americani, per girare tra i giardini inglesi, munito di cesoie e zappette, per curare fiori e piante, gustando poi la sua brava pinta di bitter ale al pub del villaggio.

FAVOLETTA ECOLOGICA


Poteva ben dirsi benestante e senz’altro fortunato il ragionier Bertuccioni, partendo quasi dal nulla aveva accumulato un patrimonio di appartamenti, negozi, qualche villa, terreni e lucrose attività, per non parlare di un paio di auto di lusso, un discreto cabinato al mare e ampie disponibilità di denaro.

Nel suo paese poi, dove un titolo di dottore non te lo nega nessuno, perfino quando parcheggi l’auto, un cavalierato del lavoro non si poteva certo negare ad uno che si dava tanto da fare, bisogna senz’altro ammettere che se lui era bassotto, calvo e atticciatello,  passava anche per un rubacuori nel suo ambiente.

A dire il vero non era uomo da accontentarsi facilmente, sapeva destreggiarsi abilmente negli affari, magari imbrogliando gli incauti soci temporanei e stroncando senza pietà gli eventuali concorrenti, ma si riteneva uomo del popolo, democratico e aperto a tutti.

Infatti se qualcuno aveva bisogno urgentemente di denaro, la sua porta era sempre aperta, certo con qualcosa di sostanzioso in cambio, di solito con le dovute ampie garanzie e ad un tasso di interesse, diciamo “personalizzato”.

Consegnava anche degli oboli alla Chiesa, con più frequenza se non erano soldi suoi e magari con una certa enfasi pubblicitaria, forse anche alla vigilia di certi lucrosi affari, ma in fondo lui si autoassolveva sempre, come tante persone che lo accompagnavano, perché gli adulatori non mancano mai ai potenti.

Da sincero ecologo amava la natura incontaminata, spesso trovava il tempo di girare per le campagne e le colline dei dintorni, al fine di valutare buoni affari e possibili speculazioni.

Si considerava un filosofo ottimista, che sa cogliere quanto c’è di buono nella vita, infatti in queste sue puntate naturalistiche non disdegnava mai, da uomo della strada, di raccogliere frutta, ortaggi, oggetti temporaneamente abbandonati che gli si offrivano invitanti.

Non solo saltuarie attrezzature come gruppi elettrogeni, trapani, vanghe, scalette e vasi di fiori, ma anche mele, pesche, cavoli, pomodori, insomma quello che madre Natura offre generosamente a noi mortali.

Quel tardo pomeriggio d’inverno, solare e tiepido, sulla collina dei noceti il possibile raccolto, oltre ad una piccola recinzione, era veramente invitante, così, avendo tratto dal baule del suo Suv due grossi sacchi di canapa, che da uomo previdente portava sempre con sé, si addentrò tra gli alberi per prendere quante più noci gli fosse possibile.

Che umiltà, pensate che si chinava verso terra e metteva nel sacco i gherigli marroncini, con o senza mallo e avanzava alacre e raccoglieva, quasi senza riposo.

Non si poteva negare che fosse democratico se, oltre alle speculazioni di centinaia di migliaia di euro, da uomo alla buona sapeva apprezzare anche qualche pacchetto di noci, se erano gratuite.

Ormai il grosso sacco era colmo, lo legò con cura, si guardò intorno con cautela e continuò beato la sua raccolta.

Pensava modestamente che “ ogni noce è un soldino “, così continuava la sua fatica con l’alacrità che avrebbe voluto avessero i suoi dipendenti, “ il lavoro è una gioia “ si diceva con animo evangelico e il gusto di afferrare come sempre si stava tramutando in frenesia.

Si era ormai sull’imbrunire, talvolta gli capitava di raccogliere sassolini tondi e opachi, anziché noci, ma come smettere, almeno completare il secondo sacco, che sciocco poi a non averne portati un altro paio, mormorò tra sé, al prezzo attuale delle noci era un bell’affare.

Che fruttuosa combinazione ecologica: aria pura, esercizio fisico e guadagno, cosa chiedere di più ?

Se lo ripeteva beato, trascinando il suo pesante sacco per la piccola radura, poi oltre quel piccolo cespuglio, quando il terreno gli mancò sotto i piedi e precipitò giù dal dirupo coperto di rovi, tenendo stretto il suo tesoro, per non perdere nemmeno una noce, ma solo la sua vita.

DUBBI FREUDIANI


Il migliore amichetto del nipote Scoiattolino ha recentemente dichiarato alla madre che la sua prospettiva futura di lavoro sarà di fare il ladro o il rapinatore al bancomat.
Idee chiare e precise per un ragazzino sveglio e fantasioso di cinque anni e mezzo.
Nonno Talpone prima ha riso e ha scherzato, facendo le sue solite battute di dubbio gusto, poi, ripensandoci bene, è entrato in uno stato leggermente ansioso ed ha chiesto a sua volta al suo amato Scoiattolino cosa volesse fare da grande.
“ Il maiale “ è stata la sorprendente risposta.
Ancora più ansioso, Talpone, visto il vergognoso stato morale delle presenti autorità istituzionali, ha domandato ancor più agitato “ Ma quale maiale, quello della fattoria che grugnisce, o … ?”
“ Si nonno, quello della fattoria ”
“ Ma quello poi lo ammazzano e ne fanno salsicce, dai sii serio, pensa ad un lavoro come quello di papà e mamma che fanno gli avvocati, su, cosa vuoi fare da grande ? “
“ Il maiale, se cercano di prendermi io scappo via e mi nascondo nel bosco “
Chissà, magari avrà visto il film “ Babe, il maialino coraggioso “, o le sue parole avranno un significato nascosto che richieda un’interpretazione freudiana ?
Per consolarsi nonno Talpone fa la stessa domanda al fratellino Piovretta che siede vicino a loro sul divano.
Risposta secca e decisa “ Farò la scarpa “
Ora i dubbi freudiani sono duplici, o forse si preparano semplicemente altri futuri bamboccioni.

TOM SAWYER ABITA QUI ?


Come è dolce il risveglio del mattino, quando nonno talpone apre gli occhi, felice di abbandonare i suoi abituali incubi notturni per riscoprire al suo fianco l’amata compagna di vita, beatamente dormiente, con il suo viso puro di bambina.
Lui dovrebbe alzarsi e correre nelle strade deserte nel rugiadoso mattino, ma l’amore, va bene anche la pigrizia lo ammetto, lo incatena ancora a letto ad ammirare l’Istrice e a pensare all’amore, ai sogni, ai fatti vissuti.
E’ anche il momento del suo riposo creativo, quello che serve all’uomo per i suoi progetti, invenzioni, opere d’arte, soluzioni di complessi problemi o, nel suo piccolo, alla sua cartelletta di vita vissuta.
La sua istriciotta finalmente si sveglia, Talpone comincia a sussurrarle poetiche frasi d’amore, che hanno un pronto riscontro “ Quando si inizia a costruire la pavimentazione esterna, come quella della casa di mia nipote che abbiamo visto ieri sera ?”
Talpone si schermisce “ Vedi amore, è un problema di artigiani adatti e di soldi, si può vedere, ma intanto …”
“ Bene intanto stamattina verniciamo il cancello di ferro all’ingresso della strada che è tutto arrugginito “
“ Ma angelo mio, in effetti da qualche parte c’è della ruggine, nostro figlio Martello ha fatto un lavoro affrettato, però…”
“ Però va ridipinto e poi ringrazia Martello che l’aveva dipinto più di vent’anni fa, ora alziamoci, al lavoro !”
Inutile insistere con una moglie prussiana, non valgono moine o scuse, è come cercare di fermare un carro armato con le mani.
Talpone rimpiange di non essersi alzato in tempo come si era ripromesso, per uscire di soppiatto con la scusa degli allenamenti sportivi o della sua passeggiata che dir si voglia.
Scortato dalla sua prussiana, Talpone recupera dei barattoli di vernice antiruggine, avanzi storici di epoche di fatiche e lavori del passato, poi discende al famigerato cancello per spazzolare, grattare, togliere viticchi di edera e tralci spinosi, spennellare una vernice catramosa.
Per oscure ragioni a Talpone è capitato un vecchio pennello rigido come un pezzo di legno, un paio di guanti di tela bucati e impregnati di aghi di ginepro che gli si infilano allegramente nelle dita, nonché  il compito di issarsi in cima a una scaletta di ferro in equilibrio instabile con la latta di vernice in mano, mentre dalla parte opposta l’Istrice vernicia la parte bassa del cancello e i suoi piedi.
All’esaurimento del barattolo il saggio Talpone suggerisce di rinviare il lavoro per l’acquisto di nuova vernice, ma la sua dolce kapò ordina di continuare il lavoro, sia pure con un altro barattolo di vernice grigio scuro, finito il quale si procede con gli avanzi di colore grigio chiaro per concludere con quelli di color bianco brillante.
L’effetto sarà leggermente composito, ma si riesce a completare l’opera  prima di attaccare con il colore rosso cardinale.
Al tempo del primo barattolo color antracite, mentre nonno Talpone e la sua Istrice si dipingevano vicendevolmente dalle parti opposte del cancello, lui aveva avuto un’idea geniale.
Ha suggerito alla moglie di ridere sonoramente al passaggio di qualche viandante per imitare lo strattagemma del caro Tom Sawyer della sua infanzia, che era riuscito a far imbiancare la palizzata dagli amici con la pretesa che quel lavoro fosse un gran divertimento.
Purtroppo quando finirono il lavoro alle 13.30, sotto un sole cocente, erano passate sulla strada solo due automobili e un autobus di linea, insensibili a ogni sorriso radioso di Talpone.
Se passate quindi davanti ad un cancello dai colori compositi e vedete due nonni che vi sorridono imploranti mentre passate, fate un’opera buona, fermatevi un momento e chiedete cosa fanno di così divertente.
Fatelo per favore, altrimenti nonno Talpone penserà che Tom Sawyer non abita più qui.
 
 

NON LICENZIATEMI !


Ancora invischiato dal ricordo degli amati nipotini, nonno talpone ora si sveglia tardi la mattina, legge  con tranquillità  il suo ultimo affascinante romanzo, ”l’idiota “ di Dostoevskij , girella per  casa e in giardino con aria svagata, insomma se la prende comoda, come ogni pensionato assennato.
E’ vero, ultimamente non ha scritto il solito post giornaliero nel suo blog, la sera era troppo stanco per la giornata tumultuosa con i due nipotini, ora troppo vuota per la loro mancanza.
D’altra parte lui non riceve molti commenti sul suo blog, saranno stati una decina in quattro mesi, talpone si crogiolava quindi in una specie di limbo, fatto di ozi e di ricordi.
Naturalmente parlo di otium nel senso degli antichi romani ( forse anche degli attuali abitanti di Roma ), cioè la considerazione  filosofica degli aspetti della vita, un’attività altamente intellettuale e impegnativa.
Ancor più, essendo un milanese purosangue da molte generazioni, il suo senso pratico lo aveva portato a stendere una lista delle cose da fare, cosa in sé adorabile, perché non si fanno sforzi dannosi per la salute e si dimostra agli altri che si è profondamente impegnati.
Ecco la lista dei miei impegni :

  • Ripassare le nozioni di musica e di solfeggio per riprendere a suonare. Peccato che i mei tre flauti, la chitarra, l’ocarina e la nuova tastiera che mi ero regalato a natale  siano rimasti inspiegabilmente a Milano.
  • Eseguire della salutare ginnastica mattutina, rivedere le posizioni e i movimenti di Tai Chi, stile Yang naturalmente, secondo le indicazioni leggermente contrastanti dei sei libri posseduti.
  • Magari fare i tre Km di percorso a buon passo verso il paesetto medioevale vicino, al fine di prendere  un tè con paste o focaccine salate dall’amico negoziante, che vende di tutto, dai salami e formaggi ai giornali, dalla frutta e verdura alla porchetta da lui preparata. Riconsiderare se sia il caso in un secondo tempo di fare il percorso di corsa, stile l'Elasti-mamma, secondo le prescrizioni del manuale di Jogging  che devo avere in una libreria qui in Umbria.
  • Stendere un programma dettagliato delle possibili gite turistiche a Roma e nei vicini paesetti medioevali, che hanno la piacevole consuetudine in questo periodo di organizzare sagre del cinghiale, della bruschetta, delle ciriole al tartufo e altre cosettine sfiziose.
  • Controllare nelle varie librerie quali sono i libri ancora da leggere. Non so come, ma ce ne sono sempre, poiché acquistati con foga, vengono poi nascosti da una nuova fila di libri più aggressivi che sgomitano per mettersi in mostra solo loro.
  • Guardarsi in giro per poter precisare in uno schema preciso le possibili opere di manutenzione del giardino e della casa, da fare personalmente o attraverso il contributo di qualche volonteroso aiutante, tipo i due cognati, i figli quando dovessero mai venire nei prossimi anni, i nipoti quando saranno cresciuti abbastanza da non farmi accusare di sfruttamento del lavoro minorile ( per ora segretamente li uso per rastrellare le foglie e raccogliere le prugne, quest’ultime da consegnare all’amico negoziante in cambio di chupa chupa ).

Nonno talpone era quindi occupatissimo in queste e ulteriori urgenti incombenze, quando riceve una bella sferzata dal figlio martello di dio che gli scrive “ Sbaglio o sei in arretrato di qualche settimana nella pubblicazione dei tuoi post ? “
Ultimamente talpone pensava che con il matrimonio si fossero smorzati i furori del lontano trapano londinese.
Errore madornale.
Va bene signor direttore, non si preoccupi, recupererò.
Non mi licenzi per favore.
In ogni caso, per prudenza, ho già preparato un annuncio di lavoro “ Giovane nonno, causa perdita di lavoro, offresi part-time, capacità teoricamente ampie, multietnico, multilinguista, multifunzionale, richieste modiche, leggermente brontolone “ .

IL MESTIERE DI PAPA’


Ci sono momenti di riflessione, di melanconia, di svuotamento, di pausa.
Giorni in cui agisci come un automa, svolgi i tuoi compiti quotidiani, parli e ascolti, ma come dietro una lastra di vetro.
Niente di grave se queste sensazioni sono passeggere.
Fortunatamente io ho nonno talpone che mi tiene compagnia.
Lo tengo, se posso, un po’ al guinzaglio, perché di tendenza è esagerato in ogni cosa.
Difficile adesso, dato che barcollo già del mio.
Talpone però mi ha fatto ricordare un fatto lontano, sia per farmi tornare il sorriso, sia per dimostrare che non è solo ora con il blog che ci conosciamo.
E’ ora che ci accettiamo per quello che siamo, dobbiamo convivere e sopportarci.
Molti anni fa, da trentenne, indossavo sempre giacca e cravatta, giravo con una valigetta ventiquattrore di pelle verde oliva, ero considerato una persona seria e regolarmente inserita nella società.
Portavo un borsalino blu scuro, un gran paio di baffi castani e fumavo pipe di radica inglese.
Mi consideravo un tipico borghese, dignitoso come sognava mio padre, morto pochi anni prima, felice che avessi finalmente un lavoro fisso e ben pagato, con i contributi per la pensione, come diceva lui.
Il primo figlio, il futuro avvocato, andava all’asilo comunale di via Feltre, il secondo non ancora, non ricordo cosa facesse, forse era dalla nonna a Terni.
Come dice sempre il martello di dio, quando si parla di qualcosa da piccolo, lui o era dalla nonna o non era ancora nato.
All’asilo, dicevo, siamo stati dei genitori normali, con una discreta partecipazione alle sue attività, come altre coppie.
Per questo mia moglie fu sorpresa quando venne chiamata dalla direttrice che chiedeva urgentemente di parlarle.
Il bambino era vivace, anzi vivacissimo, ma in genere amichevole e gentile.
Quando mia moglie entrò nell’ufficio e si fu accomodata, si sentì fare dalla responsabile dell’istituto questa strana richiesta :  
“ La disturbiamo per chiederle un grande favore.
Quest'anno abbiamo intenzione di migliorare particolarmente l'usuale spettacolino scolastico.
Le saremmo veramente grate se potessimo godere dell'intervento professionale di suo marito, se possibile.
Suo figlio ci ha detto che il padre di mestiere fa il clown ". 

RITORNO CON PAPA’


Sono in viaggio in auto verso la Liguria, solo, salvo nonno talpone, che sta in un angolo, mesto e pensieroso.
Gli avevo detto che non doveva nemmeno fiatare o gli avrei torto il collo.
Mi sono alzato presto, alle sei, sono partito sotto un cielo nuvoloso, in una città ancora quasi deserta.
Stiamo andando a trovare papà e a riportarlo a Milano.
Questo viaggio era previsto da quasi sei mesi e sempre rinviato.
Da ieri sera ci penso continuamente, non ho quasi dormito.
Stamane, quando ho cercato di alzarmi dal letto, ho avuto un giramento di testa, barcollavo, era la mia solita labirintite che dopo tre anni di pausa si è fatta risentire pesantemente.
Inoltre mi bruciano gli occhi, una forma di congiuntivite, anche questa si fa viva ogni tre o quattro anni.
Ma il viaggio non volevo rinviarlo, quindi un po’ ballonzolante e piangendo sono salito in auto, era una cosa mia, lo dovevo a mio padre.
Lui ha avuto un’infanzia molto dura, la madre morta giovanissima, il padre operaio e socialista, ma gretto e ubriacone, almeno alla domenica, da tutti chiamato  “ Noé “, come se avesse scoperto lui la vite e i suoi  generosi frutti spremuti.
Papà è andato a lavorare presto, dopo la quinta elementare, ho scoperto i foglietti della sua paga alla Pirelli di quando aveva dodici anni.
Ha studiato alla sera alla Società d’Arti e Mestieri, era molto bravo, ho trovato sue medaglie, encomi, libri premio.
Ha lavorato con intelligenza e senza risparmio per varie società, tutta la vita, fino ai ripetuti infarti che l’hanno portato al pensionamento anticipato.
Forse, anzi senz’altro, non sono stato il figlio che avrebbe sognato, quello più serio e allineato che faceva carriera da ingegnere.
Il suo sogno mai realizzato.
Forse se fosse vissuta mia madre, carattere romantico e sognatore, vi sarebbero state meno incomprensioni.
L’ho fatto contento solo quando ho trovato l’amore della mia vita, lui ha voluto conoscere lei e la sua famiglia di provenienza giù in Umbria.
Le ha voluto subito bene e l’ha apprezzata in modo completo e incondizionato.
Si è stupito solo che, matto com’ero, avessi fatto una cosa buona nella vita.
Quando poco dopo sposati la mia timida istriciotta è rimasta incinta, lui era al massimo della felicità, purtroppo non ha potuto vedere il nipote, il futuro avvocato e nemmeno il martello di dio.
Ho avuto due figli come lui e forse, nella mia pochezza, li ho sempre ascoltati e accettati per quelli che erano, facendo il padre burbero ma anche talpone.
Forse c’è maggiore comunicazione con i miei figli, con i nipoti si sa, talpone si scioglie come il burro in padella.
Perdonami papà, mentre ti accompagno per l’ultima volta nella tua Milano, passando davanti alle ex officine OM del nonno Noé, davanti alla tua casa popolare di ringhiera, davanti al vecchio circolo socialista di via Bellezza dove da ragazzino tenevi i conti della cooperativa operaia.
Lascia l’ultimo saluto ai tuoi posti d’infanzia e lasciami il tuo perdono se ti ho fatto soffrire, è servito a capire meglio da padre e da nonno, talpone s’intende.
Addio papà.