CHIEDO ASILO


Come faccio a rientrare?

Ho perso le chiavi, quelle metaforiche, i magici grimaldelli che mi permettevano di entrare senza sforzo nella stanza di nonno Talpone, quell’ironico, permaloso, ingenuo bambino travestito da vecchietto, come i miei nipotini quando si mascherano da imperatore Giulio Cesare, con una semplice copertina gettata sulle spalle, trattenuta al collo da una semplice molletta da bucato.

Ho subito la tumultuosa e vivace invasione dei figli avvocati e dei loro adorabili e gioiosi bambini, quando se ne sono andati via ho patito la loro mancanza.

Ho provato poi una sensazione curiosa di pace nella mia casa vuota, accompagnata da una tristezza opaca e lattiginosa.

Sono passato in una nebbia malsana, stupita e accidiosa che ha interrotto uno stato d’incanto.

Questi giorni uguali, freddi, uggiosi hanno come opacizzato ogni cosa e fatto perdere il senso della vita.

Chiamatelo come volete, è stata una leggera, sotterranea, logorante sofferenza.

In altri momenti più dolorosi e nefasti, che non potranno certamente mancare nel futuro, ripensando a questi giorni mi darò dell’imbecille, non avendo potuto comprendere che una sopportabile serenità può trovarsi anche nel quotidiano svolgersi della nostra esistenza, senza eccessivi turbamenti, accettando il monotono ritmo del nostro cammino verso l’ignoto e il nulla, magari cantando tra i denti uno sciocco allegro motivetto.

Scusate lo sfogo, ma, come scriveva quella povera piccola, “ la carta è paziente “, tra la rete chiedo asilo.

AI MARGINI DEL GIORNO


Stamattina dopo un’allegra colazione, tutti quanti allineati lungo il tavolo di cucina, dove sono circolate chiacchiere assonnate, frettolose  raccomandazioni dei genitori e qualche buffonata del nonno, con qualche rimpianto ed un accenno di protesta del Polipetto i piccoli sono stati accompagnati a scuola dal papà e poco dopo anche l’avvocato Tuttopiede, con un identico leggero sospiro, è uscita per  recarsi al lavoro.

I nonni, il Talpone e l’Istrice Amorosa, hanno chiuso la porta e sono ritornati a tavola, dove li aspettavano una distesa di piattini e tazze vuote, molte briciole sparse, alcuni barattoli semivuoti di marmellata e di miele.

Quasi a riempire quell’innaturale silenzio, nel terminare in fretta la colazione, i due anziani  si sono rammentati a vicenda le battute  ingenue dei piccoli nipoti, i loro gesti teneri, da cuccioli di uomo, come usa dire lo zio Martellus Deus.

Hanno pulito casa, si sono lavati e vestiti, lei ha preparato e cotto con gesti sicuri un grosso pane con la farina di farro; lui è uscito per andare al mercato settimanale da suo verduraio del Bangladesh, ritornando dopo le chiacchiere d’uso con quattro borsoni carichi, risalendo poi le scale di casa senza troppo sospirare, se non per il ricordo dei suoi piccoli amici.

A pranzo hanno intaccato la loro riserva quasi inesauribile di avanzi natalizi, hanno letto i loro libri, finendo per addormentarsi per il solito pisolino pomeridiano, preparandosi poi per l’impegno del corso in palestra, quello dei nonni avanzati.

Si sono trovati soli per la cena, mentre una televisione parlava di cose che nessuno ascoltava.

Ieri da quando nel pomeriggio erano stati all’asilo e alla scuola per il loro turno settimanale i due nonni avevano vissuto e giocato con i piccoli principi, avevano riso, inventato, “ pazziato”, come compagnucci di gioco più grandi, quasi fossero i ripetenti di classe troppo cresciuti.

Per carità, non c’è rimpianto, ognuno deve avere i propri spazi.

Le regole d’oro sono sempre quelle : autonomia e libertà.

Affermiamo risoluti che anche i nonni devono avere la loro vita.

Però …

Però un profondo sospiro di nostalgia almeno permettetecelo.

CRUCIVERBA E CONFRONTI


Dicono che l’enigmistica e i cruciverba sviluppino il cervello e che rafforzino la memoria.

Nonno Talpone vi si dedica con coscienzioso sforzo, ma senza particolari entusiasmi, quando può, ovvero quando non dorme, mangia, legge o gioca con i  bambini.

La difficoltà è che ormai le definizioni abbondano di nomi di personaggi televisivi, cantanti e sportivi, campi di conoscenza in cui il nostro è particolarmente ignorante.

L’altro giorno lui si era perso di fronte all’indicazione di un certo Filippo Magnini.

Alla fine, disperato, si è arreso e con l’aiuto del suo fedele Android ha cercato notizie su Google.

Risultato, magari per voi eclatante, è che si tratta di un famoso nuotatore, campione di stile libero, quel tipo di nuoto che personalmente permette di bermi generose sorsate d’acqua della piscina, mentre annaspo nel corso di nuoto per gli over ’60.

Ho guardato la sua foto su Wikipedia: un bel ragazzo moro, non ci sono dubbi, una faccia decisamente simpatica, altezza : 1,87.

Oh guarda, più o meno la mia, magari prima dell’incurvamento senile. Peso : 77 kg.

No, ci deve essere un errore, ricontrollo …

Accidenti, ma come fa a pesare così poco, dovrebbe avere dei muscoli ben sviluppati, che credo debbano pesare molto di più delle parti molli, diciamo quelle meno toniche che mi sono congeniali.

Ben 20 Kg meno del peso dello sconfortato pensionato che sta scrivendo queste righe.

“Non è possibile !”

Ritenendosi insultato, con profonda indignazione nonno Talpone l’ha buttato via.

Non il povero Android biancastro, ma il foglio di giornale con i cruciverba.

Non è un passatempo rilassante, in questi termini lui preferisce la sua inevitabile progressiva riduzione cerebrale e l’oblio.

I GAS PESANTI


“ Uhm ! Interessante ! Grandiosa notizia questa !”

Nonno Talpone nella lettura mattutina dei giornali ha trovato un articolo che lo rallegra enormemente, non la restituzione delle tasse sulla casa appena pagate, non l’aumento delle pensioni secondo parametri da onorevole, ma la scoperta di un gruppo di scienziati, secondo cui per il benessere fisico delle persone, sopratutto dopo gli stravizi culinari natalizi, il salire a piedi le scale per tre o quattro piani risulta più salutare di una seduta di palestra e meno pericoloso di un’ora di jogging.

Dato che lui abita da tempo immemorabile in una vecchia casa senza ascensore, con piani corrispondenti, si sente ormai liberato dalla schiavitù settimanale della palestra e della piscina.

Sua moglie, la dolce ma inflessibile Istrice Prussiana, nonché indiscussa medico di famiglia e responsabile del 96% dei problemi di casa, si mostra odiosamente scettica.

Ma il nostro, posata la tazza del tè e allontanato il piattino con poche briciole di taralli, biscotti alla marmellata e torrone al cioccolato fondente, si allontana maestosamente dalla cucina, lascia l’accappatoio di spugna sul letto, indossa faticosamente la camicia e cerca di infilare un paio di pantaloni puliti.

Con grande sorpresa scopre di non riuscire ad allacciarli, mancano 7 o 8 centimetri al traguardo del bottone di chiusura.

Leggermente contrariato Talpone se li toglie, saranno quelli lasciati da un figlio nel recente periodo di coabitazione.

Un secondo paio di pantaloni preso dall’armadio presenta identiche difficoltà e così un terzo.

Si tratta senz’altro di una congiura, una giocosa beffa a suo danno.

Entrando a fatica nei vecchi jeans elasticizzati, fa le sue rimostranze alla moglie, ma lei ride divertita e gli indica la bilancia elettronica pesapersone.

Anche quella risulta perfidamente sabotata.

Alla fine, rinchiuso in bagno, si guarda di profilo allo specchio, che mostra una strana rotondità a livello girovita.

Si tratta sicuramente di gas intestinali, di tipo virale e straordinariamente pesanti.

Può qualcuno suggerire una cura ?

EPIFANIE


Oggi abbiamo iniziato a staccare gli allegri addobbi natalizi dalla porta di ingresso, dagli specchi e dalle varie pareti di casa.

Abbiamo riposto negli scatoloni le palline colorate di vetro soffiato, i nastri argentati, le stelle e stelline di carta, ritagliate e colorate insieme ai nipotini.

Anche l’albero di Natale, rimasto spoglio e ormai simile ad un ombrello scarnificato da una sferza di vento invernale, sarà ripiegato ed ecologicamente riposto in solaio per il prossimo lontano Natale.

L’Epifania è veramente il suggello di chiusura di tutte le feste, non la sopportavo anche da bambino, chiudeva una illusione di paese dei balocchi, i miei dicevano “ L’Epifania ogni festa porta via”

Basta quindi con i regali e i dolciumi, allora veramente sobri e quasi avari, basta con quelle cene in cui apparivano a tavola gli affettati con i sottaceti, i ravioli galleggianti nel brodo fumante ( servono a mettere a posto lo stomaco!), l’arrotolato d’arrosto e il bollito, un grande panettone e i torroni.

Allora non si ingrassava granché.

Si tornava subito al risotto, la trippa, i polpettoni, l’aringa affumicata e le frittatine.

La domenica era festa, si mangiava il pollo con le patate arrosto.

Innumerevoli le polente con ogni tipo di condimento, la grossa michetta da finire ad ogni pasto ( non devi lasciare nemmeno una briciola, pensa ai bambini poveri! ).

Ah già, al primo dell’anno sempre uno zampone bollito emergeva dall’apposita pentola oblunga, avvolto in un sudario untuoso di stoffa cucito con perizia dalla mamma sarta, si serviva nei piatti a grosse fette con contorno di lenticchie, quelle grosse, marroni e indigeste.

Ma portavano fortuna, mi dicevano, ogni chicco era una moneta che si sarebbe senz’altro guadagnata, ogni anno io bambino ingenuo trangugiavo grosse mestolate di quei legumi, fiducioso che quell’anno saremmo diventati finalmente ricchi.

Invece, in quei avventurosi anni del primo dopoguerra, indossavo sempre gli abiti smessi e riadattati di mio padre e di mio fratello maggiore, i regali li ricevevo solo a Natale, sfortunatamente troppo vicino al mio compleanno, il gelato alla domenica era un sogno spesso inutilmente perseguito.

Le nostre vacanze estive, con la chiusura della scuola, iniziavano con il trenino delle Varesine e con il tram a scartamento ridotto che ci portavano al bilocale-cantina in affitto, con servizi all’esterno, nel mio paesino natio, lungo la strada che serpeggia verso il Campo dei Fiori.

Vicino al nostro casermone vi erano, a parte le alte recinzioni che chiudevano dei misteriosi vasti parchi signorili, alcune cascine e poco più in alto un piccolo cimitero tra i pini, luogo ameno e meta di coraggiose escursioni serali, con la piccola banda di amici, per mostrare prove di coraggio.

Il traguardo massimo, difficilmente raggiungibile, era quello di entrarvi dentro di notte, saltando il muretto per assistere impavidi al manifestarsi di un guizzante fuoco fatuo tra le tombe.

Personalmente devo confessare di non esservi mai riuscito.

Mio fratello maggiore d’età si vantava di averli visti più volte, io gli domandavo ansioso se erano veramente spettri o anime dei morti, come noi piccoli fantasticavamo.

Lui ci dava degli ignoranti, spiegando inutilmente che si trattava solo di gas di decomposizione che risaliva tra le pietre e s’infiammava.

Ma per noi già l’avvicinarsi al pesante cancello arrugginito del piccolo cimitero era un’impresa, di giorno ci intimoriva anche l’entrarvi  di soppiatto, sulla destra dell’entrata s’incontrava una cappella con sbiaditi affreschi del giudizio universale, quasi per dare un macabro benvenuto.

Ora, come ogni persona anziana, mentre ripongo gli ornamenti natalizi, ripenso a quei giorni lontani con stupita commozione.

I nipotini ieri sera erano ripartiti con i loro genitori, portandosi via il contenuto delle grandi calze della befana: libri, feroci guerrieri con durlindane e alabarde, flaconi di sapone all’arancia e ai frutti di bosco ( introvabili per ora quelli alla cioccolata ), rossi nanetti che emanano bagliori, caramelle, cioccolatini.

Si sono stupiti di trovare in fondo alle calze delle lucide mele verdi e dei profumati mandarini, ancora abbarbicati ai rametti con le foglioline.

Da bambino questi ultimi erano i veri regali che chiudevano le feste, lasciandomi un profumato saluto di addio.

Sono ricordi da vecchio, me ne rendo conto e mi scuso, ma nonno Talpone non lo posso scacciare quando ancora mi si avvicina, con l’aria svagata e timida di un gatto randagio, che ti annusa e ti guarda, incuriosito e perplesso, in un mondo ancora spesso incognito e crudele.

DEPRESSI NATIVI


Non ricordo da quanto tempo non riesco a parlare con il mio vecchio amico nonno Talpone.

Forse da prima delle vacanze natalizie.

Ho l’impressione che sia passato un periodo avvolgente e tumultuoso, iniziato quasi subito il ritorno dall’Umbria con la vecchia auto famigliare, che poteva ben assimilarsi ad un ‘autobotte per il trasporto dell’olio pregiato, quello appena spremuto dal raccolto invernale in Valnerina.

A Milano l’incontro con la grande famiglia allargata, due figli con rispettivi coniugi e nipotini, la grand-mère affannata e gioiosa a trafficare in cucina, i fratelli quarantenni che scherzavano tra loro con battutine e dispetti da bambini, i nipotini di quattro e sei anni scatenati nel loro magico mondo d’infanzia, con il rapito entusiasmo per la moltitudine di regali ricevuti.

Bellissimo, coinvolgente, faticoso.

Incontro e convivenza famigliare intrigata anche da un morbo influenzale di provenienza inglese, con effetti di rigetto e dissenteria che hanno messo a dura prova la disponibilità dell’unico bagno per otto persone, colpendo fortunatamente un membro alla volta.

Forse nonno Talpone richiedeva una convivenza più calma e raccolta, forse sta invecchiando male.

Recentemente si sorprende spesso a fissare il vuoto per un lungo periodo di minuti, senza alcun pensiero logico, solo sospeso in brandelli di immagini scomposte e parole appena formulate.

Per ricrearsi giorni fa l’anziana coppia Talpone e Istrice si è recata al cinema di zona per assistere alla proiezione di un film francese sconosciuto, Amour.

Bellissimo, recitato magistralmente da Trintignant e dalla moglie Riva, sequenze e pause registiche da maestro.

All’uscita, nel buio gelido della sera, mano nella mano, lui ha chiesto ansiosamente “ Cosa faremo noi ?”

Lei sicura e sbarazzina “ Non fare l’idiota, vedremo. Ora godiamoci la vita.”

Appunto.

Questo è il problema dei depressi nativi.