PERCHE’ CHIAMARSI NONNI


E’ finalmente caduta la neve a Milano, siamo tornati a casa da poco con una scarsa visibilità, con l’auto coperta di un tappeto soffice e biancastro, fa molto freddo, nonno Talpone con un moto di stizza involontaria si chiede ancora una volta perché deve farsi sempre chiamare “ nonno “, già la sua salute in questo periodo è stata messa a dura prova, ci manca questa parola “ nonno ”, che gli pare pesare come un ulteriore macigno sulle sue spalle di preteso giovin signore con un’insopprimibile voglia di fare, conoscere, sperare, ricercare le cose curiose di questo stranissimo mondo.

Ecco, ho citato ben tre volte quella parola che non volevo nominare, quella che stasera mi opprime leggermente.

Mi telefona il figlio brillante avvocato, chiede notizie dei nipotini che abbiamo lasciato mezz’ora fa nelle mani affettuose della loro mamma, non appena ritornata dal lavoro.

Già, anche oggi ci siamo goduti i piccoli ammalati, questi si scambiano i vari ceppi di influenza come fossero figurine da collezione.

Ci lamentavamo di non vederli più spesso ed ecco, grazie alle varie forme influenzali, ora è la seconda settimana che tra tosse, febbriciattole, doloretti al pancino possiamo stare insieme e giocare tutto il giorno, a casa nostra o nel loro appartamento.

E’ incredibile quanti passatempi nuovi si possono inventare insieme, quante recite improvvisate abbiamo organizzato, una commedia dell’arte puerile e primitiva, forse come era stata creata alla sua nascita nei tempi lontani.

Poi, quando ci si deve purtroppo lasciare, sorge qualche lamento e lacrimuccia, il piccolo Polipo l’altro giorno ha cercato perfino di nascondersi dietro le tende, sperando di essere dimenticato nella stanza dei giochi dei nonni.

Ci si abbraccia, bacetti e saluti “ A domani nonno Talpone”.

Chissà perché, quando è pronunciato dai nipotini, quel nome così impegnativo mi fa ringiovanire di sessant’anni.

UN ANGELO AL PUB ( terza e ultima parte )


“ Mio caro nonno Talpone – aveva proseguito l’angelo – puoi ben capire che a questo punto avevo deciso di non fare più passi falsi e di non creare ulteriore dolore, così quando ho intravisto un signore ben vestito che giocava alla slot-machine laggiù nel casinò sul molo, al Brighton Pier, ho provato a fargli vincere una bella cascata di monete; lui si è guardato intorno con soddisfazione, ha raccolto con calma la sua vincita e mentre si recava con calma alle casse, un gruppo di persone si litigava il suo posto davanti alla macchinetta mangiasoldi.

L’ho seguito e mi sono accorto che era uno dei soci proprietari, aveva fatto un giro dimostrativo, non mi ha nemmeno ringraziato, ma almeno non si è lamentato.

Sono stato di nuovo a girare per le strade e davanti ad una gioielleria ho visto una signora elegante e truccata come una diva che con aria altezzosa usciva dal negozio rimirandosi la mano che sfoggiava un vistoso anello con diamanti.

Ho provato a raddoppiare la grandezza delle sue gemme, lei vi ha dato un’occhiata stupita, ha sorriso intorno, anche a me, poi è andata via con passo tranquillo verso l’autista che l’aspettava vicino ad un’imponente auto parcheggiata lì vicino.

Ho capito finalmente che forse puoi far bene solo ad un ricco, a quello che ha già tanto, ai poveri potresti far solo del male.”

L’ angelo narrante aveva quindi  afferrato il suo bicchiere e con una gran sorsata ne aveva svuotato il contenuto.

Un attimo di tristezza, la sua pinta era finita, poi aveva guardato fissamente nonno Talpone e con voce roca gli aveva domandato

“ Vuoi che ti faccia ricco, giovane o bello ?     Non hai che chiedere amico mio “.

“ Per carità, no, no, per favore – aveva esclamato prudentemente  il nostro eroe – sto bene così, non si disturbi, grazie !“.

“ Allora ci facciamo un’altra birra ?” aveva azzardato senza troppa convinzione il mio angelo di strada.

Ma poiché la prima pinta gli era stata offerta e ora il turno sarebbe dovuto toccare a lui, dopo un breve attimo di riflessione il vecchietto barbuto aveva comunicato che era tardi, aveva troppo lavoro da svolgere ancora, quindi con un cortese saluto era uscito dal pub, portando con una certa dignità il suo impermeabile biancastro .

Nonno Talpone era rimasto ancora sconcertato con il suo bicchiere in mano, poi guardandosi intorno  nel locale affollato aveva scorto la gente che chiacchierava ad alta voce, beveva e rideva, nessuno si era accorto di quell’angelo incredibile che era stato così vicino a loro.

Finì anche lui a malincuore la sua birra e lasciò quel luogo magico, allontanandosi un poco, poi si girò indietro a osservare quello strano pub.

Sull’insegna di ferro che sporgeva fuori dal locale si poteva leggere  “ The Angel & the Beast “, l’angelo e la bestia .

Proprio appropriata non c’è che dire, era il luogo ideale perché nonno Talpone incontrasse un angelo, sia pure da strada.

Tornando a casa e ripensandoci gli sorse un dubbio, quel vecchietto bizzarro dalla bianca barba irsuta che aveva incontrato  sarà stato davvero un angelo in missione nella cittadina ?

“Non importa – si disse poi- siamo a Natale, diventiamo tutti un poco angelici, o almeno ci proviamo, quindi vogliamoci bene e beviamo allegri in compagnia “.

Alla tua salute, vecchio angelo sconosciuto!

PS

Il resoconto dei fatti accaduti si riferisce ai giorni seguenti lo scorso Natale, mi scuso per la lunghezza, per questo ho diviso, forse inopportunamente, la storia  in tre parti.

UN ANGELO AL PUB ( 2° parte )


“ Grazie amico mio – disse il barbuto vecchietto a nonno Talpone – ormai di questi tempi la gente è diventata egoista e insensibile, credono solo alle bugie della televisione e non si accorgono della realtà vicino a loro.

Non si fidano, sono egoisti, non si sa più come aiutarli, io certe volte ho voglia di smettere e non fare più niente.

So già che se ti chiedessi di aiutarti, tu diventeresti sospettoso, penseresti subito male, lo so.

Non ci crederai se ti dicessi che io sono … no, no, è inutile “

Nonno Talpone era rimasto male e aveva rassicurato il suo conoscente che si fidava e  credeva in lui, che raccontasse pure senza timore, così l’altro proseguì con voce roca .

“ Dicevo che non mi offendo se tu non mi credi, ma vedi, ti devo confessare che in realtà io sono un … sono un angelo, ecco te l’ho confessato.

Lo so, tu mi dirai che gli angeli sono grandi, splendenti con enormi ali e via dicendo, ci sono anche quelli per carità, ne ho visto qualcuno anch’io da lontano, ma quelli sono per le occasioni speciali, poi ci sono quelli umili, da strada diciamo.

Io conto poco, spesso sono in punizione, forse non sono molto bravo nel mio mestiere.

Al’inizio credevo di fare grandi cose, speravo anch’io diventare un angelo importante.

Così appena messo in strada avevo presto notato uno storpio disteso sul marciapiede, di quelli che implorano la carità.

Mi faceva pena, gli parlai dolcemente e subito lo guarii.

Si rialzò in piedi stupito e incredulo, poi iniziò ad insultarmi in malo modo, l’avevo rovinato, ora doveva cercarsi un lavoro per vivere.

Scappai via in fretta, avevo sbagliato tutto, mi allontanai il più lontano possibile e quello stesso  pomeriggio vidi una ragazza alta e carina che si guardava intorno con aria smarrita.

Subito pensai tra me che questa volta era facile, non potevo fallire, bisognava rimediare alla sua infelicità e così la resi subito inferma ad una gamba.

Non ci crederai, si mise a piangere e maledire il cielo, non capivo, le chiesi il perché, mi spiegò che era una pattinatrice acrobatica , si era fermata in quell’angolo di strada perchè si era persa, doveva andare al palazzetto dello sport.

Lo ammetto, fui punito per i miei errori, dovetti frequentare un corso di aggiornamento didattico prima di essere riammesso sulla strada.

Cercavo di non sbagliare, così fui molto attento prima di compiere qualche buona azione, alla fine vidi una signora grassoccia e non più giovane che arrancava con pesanti borse della spesa.

Sicuro di non fare errori, tac, la ringiovanii di parecchi anni, cosi da renderla  più forte e resistente nel portare i suoi pacchi.

Anche questa dapprima si meravigliò, poi si arrabbiò moltissimo, iniziò a urlare che ora avrebbe perso la pensione e che sarebbe stata costretta a tornare a lavorare.

Cosa dire, ad ogni  piccolo miracolo io sbagliavo, come con quel poveraccio con moglie e sei figli, che, quando lo feci vincere al lotto, immediatamente acquistò una costosissima  macchina sportiva scappò via di casa lasciando tutti i suoi in lacrime.

In ogni episodio in cui cercavo di fare del bene tutto andava storto.”

Il barbuto compagno di bancone di nonno Talpone si era fermato per prendersi una lunga sorsata di birra, aveva sospirato di sollievo, poi, avendolo fissato con gli occhietti grigi che brillavano di allegria, aveva  proseguito il suo racconto come dirò più avanti.

UN ANGELO AL PUB (1° parte)


Le vacanze natalizie di nonno Talpone nella tranquilla cittadina di Hove, sobborgo di Brighton, stavano passando senza particolari avvenimenti, se non dovessimo citare la folle corsa  del tasso irlandese e dello sfortunato marito nelle acque gelide del mare nel primo mattino di Natale, forse in ricordo di qualche lontana cerimonia druidica.

Le giornate erano scandite da abbondanti colazioni all’inglese a base di uova, pancetta, fagioli cotti in brodo di pomodoro e patatine fritte, insomma il solito breakfast britannico che ti permette di sopravvivere per una giornata con colesterolo a mille.

Si susseguivano acquisti cospicui di generi alimentari per placare gli ardori culinari di mamma Istrice, qualche rapido buffet nei bar e doviziosa cena serale con whisky finale e lunghe partite a carte in cui gli ospitanti sbaragliavano vergognosamente i poveri vecchietti con una fortuna veramente vergognosa e disdicevole per degli ospiti.

Un tardo pomeriggio però nonno Talpone era riuscito a sgaiattolare fuori da solo per una passeggiata solitaria, curiosa ed oziosa, senza meta precisa.

Le giornate erano fredde e ventose, anche se meno gelide di Milano, la gente nelle strade, superata la frenesia prenatalizia girava per le strade con maggiore tranquillità, osservando attentamente i saldi che si mostravano nelle vetrine.

Ma queste cose non interessavano molto il nostro amico che amava soprattutto le viuzze e le stradine meno affollate.

Ad un incrocio pedonale del vecchio centro, davanti ad un piccolo pub, aveva scorto, immobile davanti ai vetri gelati e imperlati di vapore, una persona anziana dai folti e irsuti capelli bianchi, con una rigogliosa barba bianco gialliccia, ricoperto da uno sdrucito soprabito di un indefinibile colore chiaro, maculato da macchie grigiastre.

Lo strano personaggio sembrava fissare intensamente l’interno del locale e nonno Talpone non aveva saputo resistere alla tentazione di fermarsi anche lui a guardare che cosa ci fosse di così interessante.

Ma l’interno era affollato e rumoroso come tutti i locali, forse lo sconosciuto cercava qualche conoscente, così, mentre si girava per proseguire altrove, si era sentito chiedere da una voce gracchiante ma gentile se voleva bere un goccio.

Questa è una proposta alla quale nonno Talpone non aveva mai saputo dire di no, quindi aveva accettato l’invito, entrando insieme nel locale e cercando un posto comodo in fondo al bancone.

Si erano ordinate due pinte di birra bitter, gustose ed aromatiche, prodotte da una ditta del posto,ed era sembrato corretto offrire il primo giro di bevande al signore in bianco, che aveva bevuto con evidente piacere un paio di lunghe sorsate, fermandosi poi a raccontare una curiosa storia che voglio ora riferire.

PRIMI IN CLASSIFICA


L’intervento dei nonni per curare e seguire i nipotini ammalati si è prolungato tre giorni, poi gli altri nonni hanno richiesto con decisione di effettuare un ricambio, perché si sa, un nonno ha sempre paura di essere dimenticato.

L’anziano si chiede “ Oggi non mi hanno chiamato, si saranno dimenticati di me ?

I nipotini se non mi vedono almeno due volte alla settimana potrebbero pensare di poter vivere senza noi nonni.

Se chiamano gli altri e non noi, significa che non ci vogliono più bene?

Siamo forse retrocessi in categoria B, come nei gironi dei campionati?”

L’angoscia di molti nonni è proprio quella del declassamento e la perdita della categoria A, i primi in classifica, quella che garantisce lo scudetto.

Parlo evidentemente dei casi in cui ci sono due coppie di nonni disponibili, il che non sempre accade, è senz’altro un’eventualità fortunata per le coppie di giovani sposi, ma richiede loro una notevole dose di pazienza e di diplomazia.

Nonno Talpone ritiene di essere immune da questo morbo, lui afferma che accetta senza discutere anche la categoria B, garantisce che la cosa importante è divertirsi con i nipotini quando può e ogni volta che è richiesto.

Ma forse non è credibile nemmeno questa sua affermazione, come molte altre di quello che lui pensa e afferma, chi può indagare nelle profondità dei sentimenti del cervello umano, che quando invecchia certe volte fa emergere sorprese impreviste e incredibili.

Comunque lunedì scorso era lo Scoiattolino ad esse colpito da tosse e febbre, il giorno seguente si era ammalato anche il secondo, il capelluto Polipetto ( vulgo la Piovretta ) con un febbrone da cavallo e vomito.

Quindi terzo giorno di intervento nonnesco, la serie B, con il difficile e faticoso compito di interessare e far giocare i piccoli affetti da attacchi di febbre e malessere generale.

Loro poverini richiedevano continue coccole, attenzioni, pazienza e spirito d’inventiva.

Alla fine, la sera prima di uscire per ritornare a casa nostra il Polipetto ha voluto stringere al collo nonno Talpone e baciandolo ha balbettato “ Nonno, tu .. tu .. sei il primo !”

Incredulo, quasi sveniva dall’emozione quel vecchio pirata dell’isola che non c’è, l’ha stretto ancor più forte a sé.

Il piccolo, respirando dopo il quasi soffocamento ha proseguito “ Ma … ma… la pr…prima è nonna Istrice !”

Abbozzo di sorriso, pazienza.

Ma il Polipetto non aveva ancora finito “ Pe…però … la …prima è mamma !”

Va bene, è anche giusto così.

Un grosso respiro e il bimbo conclude in fretta “ Sa… sai … il pri… primo è papà !”

Siamo felici di annunciare che è emerso un nuovo esperto diplomatico, l’ultimo erede della famiglia dei primi di Milano, quello che gestirà le future eventuali contese.

SONO SEMPRE INVITATI


“ Pronto papà, come stai?”

Giorni fa ha chiamato il figlio promettente avvocato, nonno Talpone è sempre felice di sentirlo e per un attimo ha sperato che gli avesse telefonato per essere invitato a pranzo con moglie e nipotini.

Invece no, era una chiacchierata generica di saluto e il nonno alla fine osa chiedere se per caso ci si può incontrare.

“ No – ha risposto lui – siamo impegnati con gli amici per il fine settimana, stamattina c’era lo Scoiattolino che voleva venire da voi, ma gli ho spiegato che non poteva perché non era stato invitato, non si può andare dai nonni se non sei stato chiamato appositamente, così si è convinto e, tutto abbacchiato, è andato all’asilo”.

“ Cosa hai fatto ! – ha tuonato nonno Talpone – io li voglio sempre i miei nipotini, la mia casa è aperta a loro e a tutti i bambini, ci mancherebbe altro. Ma come si fa a fare certe  affermazioni ? Fai perdere la fiducia nei nonni ! Che mondo !”

Era proprio furente, dopo la telefonata a cominciato a bofonchiare “ Lo diseredo, gli sbarro la porta di casa !”, nonna Istrice ha cercato di calmarlo, ci si spiegherà in seguito, non bisogna drammatizzare, i figli sono fatti così, bisogna sopportare.

Ma ieri mattina alle sette uno squillo ha svegliato dal sonno i nonni, il figlio milanese, si proprio lui, il promettente avvocato avvisa che lo Scoiattolino ha la febbre, loro devono andare al lavoro, se noi potessimo …

Come se suonasse l’allarme, ci si alza di corsa, ci si veste in fretta e si corre fuori, come pompieri chiamati ad un incendio.

Evviva, siamo stati chiamati, siamo necessari, forse essenziali.

Mentre si affanna verso l’automobile, con i borsoni delle provviste, nonno Talpone brontola “ Ah ma mi sentiranno, cosa credono, glielo devo dire, sono uomo di principi io, i permessi, gli inviti, basta, poveri piccoli.     Cara, abbiamo portato il brodino, le arance per la spremuta le compro dopo, chissà cosa manca per il pranzo, in ogni caso ho portato la mia scorta di taralli, quelli fanno sempre bene “.

LA MISURA 47


Bellissima giornata oggi, nonno Talpone saltella felice, è quasi esaltato, beve le sue tazze di tè, ingoia la doppia fetta di panettone ed esce di casa di buon passo.

Non sente alcun malanno, piedini e testa in stato di grazia, forse per questo si inoltra nella puzza invernale di Milano come se passeggiasse in un prato fiorito di primavera, guarda con affetto la lunga fila di taxi fermi lungo il marciapiede come fossero una siepe di rose bianche in boccio.

Qualche occhiataccia forse la riceve, ma non se ne rende conto, la vita gli sorride dai semafori ammiccanti.

Acquista i suoi giornali all’edicola preferita, vi sono persone gentili sempre educate e premurose, una vera rarità.

Dove andare ?

Nelle viuzze periferiche di Città Studi, o una camminata fino ai Giardini, o forse una passeggiata nel corso a vedere le vetrine ?

A dir la verità gli unici negozi che lo interessano sono le librerie e i ferramenta, però oggi farà uno strappo, andrà a scrutare i saldi.

Si incammina per il corso, è qualcosa di insolito, che cosa cercare ?

Vestiti e camice no, profumi no, mobili no, forse le scarpe ?

Vuol provare l’ebrezza delle calzature, vede cartelli enormi con sconti del 50  o del 70%, nonno Talpone, si ferma davanti alle vetrine, quale modello cercare, forse quelli normali, per intenderci quelli adatti secondo il suo orologio del gusto che si è fermato agli anni ’60.

Alla fine scorge in fondo, in un angolo, un paio di scarponi neri, il prezzo potrebbe essere interessante, sta per entrare, ma improvvisamente lo assale un dubbio angoscioso, avranno la misura 47 ?

Non vuole confessarlo a sé stesso, ma si vergogna ad entrare a chiedere la fatale misura, arrossirebbe e comincerebbe a balbettare, già faticava a pronunciare l’enorme numero limite, il 45, ma ora ?

Si allontana, guarda altre vetrine, sono indicati i prezzi, ma non le misure, è un abuso, girellando guarda tutte le persone anziane che incontra, scruta con attenzione i loro piedi, di che misura saranno ?

Gli mancava anche il complesso dei piedi che si allungano a dismisura e pensa che non c’è mai pace per i nonni.

DIARIO DI BORDO


Dal diario di nonno Talpone:

“ Non si beccheggia più di tanto, il bagno turco dentro la testa ha chiuso per ferie, oggi revisione generale della struttura.

Mattina verso l’ospedale con pacchetto di cioccolatini Lindor per le mie torturatrici, seduto in un vagone della metropolitana ripasso gli esercizi della mano, apri e chiudi più volte, sembra un ciao ciao, peccato che non ci siano bambini piccoli in giro.

Di fronte a me siede imponente e a gambe larghe un tizio con giaccone di cuoio e casco di pelle nera da aviatore, ha l’aria furente con il mondo esterno, cerco di nascondere la mano che si muove ritmicamente.

Le altre persone sembrano perse nei loro pensieri, non vedono nemmeno i soliti questuanti che salgono e scendono con precisa programmazione alle varie stazioni, Centrale, Garibaldi, Ferrovie Nord.

Uscito dal mezzanino incontro i soliti mendicanti distanziati ogni venti metri,  mi sembra strano dopo essere stato venti giorni in Inghilterra, vuol dire che solo noi abbiamo i mendicanti? Non ne avevo visti nemmeno a Istanbul.

Le ragazze della terapia sorridono gentilmente a nonno Talpone, accolgono festose i dolcetti, ma lo massacrano come al solito, per il suo bene s’intende.

Forse per ringraziamento, a ciclo concluso mi agganciano ad uno strumento elettrico di stimolazione, fissandolo al braccio, la scossa all’inizio mi fa saltare sulla sedia, poi mi ci abituo.

Ritorno a casa, veloce pasto e poi mi metto sulla strada per andare dal nuovo podologo per la tallonite, non si può camminare sempre come sulle uova.

Mi apre la porta un vecchietto piccolo e bianco, molto vigoroso dalla stretta di mano, mi mostra le varie coppe vinte alle gare di ballo liscio, mi parla del suo passato di alpino paracadutista, classe di ferro 1935, caserme di Treviso e Tarvisio. Nonno Talpone non osa dire che anche lui è stato là, con l’unico vanto di aver vinto gli alpini alle gare di bevute nelle varie osterie.

Il podologo sembra un tipo preciso e teutonico, misura accuratamente il mio piede, poi la scarpa con attrezzi metallici di precisione e comunica che il problema è dato dalla lunghezza del mio piede, tipo 47, mentre la scarpa nera che indosso è del 45, ecco la causa principale della mia tallonite.

Sono sorpreso, dall’età di diciassette anni calzo scarpe di quelle misure, lui controlla anche l’altro piede e conferma i dati.

Ma come, sono in fase di crescita ?

Pare che sia così, in altezza sono sceso da 1,86 a 1,83 metri, ho acquisito gradualmente 20 kg di peso, accresciuto il girovita e la grandezza dei piedi.

Se vivo a lungo mi trasformerò in una figura da pagliaccio naturale, misteri dell’età.

Il vecchietto mi passa una tornitura alle solette interne delle scarpe, poi ai talloni, mi spalma una crema, aggiusta dei cerotti (“ sa  così sua moglie non si arrabbia che sporchiamo i calzini “) poi chiede il conto : 60 euro.

Rimango male, protesto, mi promette una ricevuta futura e mi fissa una visita per la prossima settimana.

Mi riprometto di presentarmi con le altre scarpe marroni, almeno mi faccio tornire anche quelle.

Leggermente stordito mi muovo pian piano verso l’ultimo appuntamento della giornata, lo studio dentistico.

Il medico veneto, il dottor Laghetti mi sorride giulivo dal suo barbone scuro alla Cecco Beppe, mi fa accomodare sulla oblunga poltroncina da visita e mi chiede come sto.

Inizio il racconto dei vari malanni, compreso il conto del podologo, lui fa spallucce e afferma convinto “ Caro Talpone, cosa vuol che siano 60 euro ( ci credo, me li chiedesse lui la stessa cifra !), va tutto bene, fin che c’è vita c’è speranza, un goccetto o due ?”

Con il martelletto fa saltare il ponte provvisorio, inietta una decina di siringhe di anestetico fin che non sento più la mascella e poi trapana, smeriglia, lima, raccontando i litigi con la madre pestifera e fischiettando allegro.

Alla sera esco sempre più stordito dall’ambulatorio, passo davanti alla bancarella dell’amico libraio, “ Come va nonno Talpone, è stato a lavorare in Umbria?”

Purtroppo solo da medici, dentisti e ospedali, balbetto, lui comprensivo, per cambiare discorso, mi parla di scalate alpinistiche e di rocciatori caduti nei burroni.

Sono finalmente a casa, la mia Istrice mi consola e mi offre un bicchiere di vino.

Mi scende un gusto amaro di medicazione, basta, voglio solo un buon libro giallo per andare a dormire.

Nonno Talpone sostiene sempre che non c’è come la buona descrizione di ammazzamenti per avere un sonno tranquillo.

RICORDATEVI


Che vacanze!

Nonno Talpone in questo periodo ha subito un ripasso di tutte le sue malattie e malanni, ora ne sembra quasi fuori, la sua Istrice gli sta dando il doveroso cambio con raffreddore, mal di ossa, insomma una variante di influenza che nelle sue varianti sembra ignorare il vaccino che loro avevano prudentemente effettuato.

Si fanno compagnia e coraggio come al solito, la vita continua.

L’altro giorno li ha allietati una mail del figlio inglese che ha scritto a tutti i componenti della famiglia talponiana.

“ Ricordatevi di fare testamento come abbiamo discusso a natale! io lo faccio sto weekend. anche solo un lettera per sapere cosa volete sia  fatto delle vostre cose ( libri, oggetti vari, affidamenti) e così via.

Si, sarà anche macabro ma almeno la vostra volontà sarà fatta! :o)

Meglio presto che tardi.

Bacioni a tutti e buon inizio di settimana in allegria. :o) “

Siamo fatalisti e non superstiziosi, era vero, se ne era parlato, come di tanti altri argomenti, ci penseremo, conciati come siamo ora non ne vediamo l’urgenza, l’indaffarato promettente avvocato ha però risposto subito.

“Oh mamma mia che argomenti allegri avete trattato a Natale.  Personalmente non ho grandi cose da lasciare:

· la casa è cointestata con la moglie, quindi c’è poco da spartire,

· le mie auto sono vecchie e malconce, non credo che qualcuno faccia a gara per ereditarle;

· i miei effetti personali sono pochi e di poco valore (mi metto ancora le magliette che il papà mi comprava al mercato quando facevo il liceo o quelle che mi hanno dato al militare)

L’unica cosa di medio valore è il televisore, ma su quella c’è la prelazione della Piovretta (il teledipendente), quindi chi la vuole si porta via anche il figlio.

Se vuoi ti lascio le mie bottiglie di vino avute in regalo che ho in cantina (una quindicina tra Brunelli, Baroli e Amaroni).

Per il resto lasciami in pace…almeno da morto”

Ma il martello non demorde “Oh beh, sono cose a cui bisogna pensare, per esempio tu lo hai fatto? c’hai pensato?     Noi a natale abbiamo anche parlato dei vari malanni, non erano tutti argomenti deprimenti ..oppure di come io e il Tasso Irlandese siamo stati così bravi ( leggi sfacciatamente fortunati ) a carte con i due Cip e Ciop … ahahahahaha!          Beh magari volevi lasciare le finte scarpe american-nino che ancora tieni in cantina a fianco alle M-ike, quelle  che il papà comprava a cinque soldi al mercato, al tuo fratellino, vero? Quelle che poi faranno una virata strategica alla charity shops..cmq, ovvio che tutto va a tua moglie, cosa c’entra, però magari hai delle disposizioni particolari, non si sa mai.  Io lascio tutto al Tasso irlandese, poi metterò delle cose mie in ricordo ad amici e famiglia. A te lascio i gatti. Io poi però voglio essere cremato. non voglio stare in una tomba né in Inghilterra ( che non considero casa), né in Italia ( troppo lontano da mio marito). Quindi mettetemi in un bel vaso ( lontano dalla lettiera dei gatti) e portatemi in vacanza.  Vi seguirò ovunque.   Amen. Happy days !

p.s.

Se sia tu che Tuttopiede andate in paradiso io mi prendo sia i cuccioli, che la televisione che le bottiglie di brunello. i libri li lascio a nonno Talpone. “

Due giorni dopo il Martello di dio telefona che ha sbattuto la testa in piscina, la craniata tremenda nella corsia di nuoto contro un tizio che non teneva la sinistra, un europeo o un vacanziere appena tornato nell’isola ?

Non si sa, comunque niente di rotto, solo un gran mal di testa, noi una preoccupazione in più, l’eventualità di dover andare in vacanza anche con il vaso ricordo del martello persecutore.

LA CAVERNA DEL TESORO


I due nonni si avviano leggermente emozionati a  prendere in consegna dall’asilo i piccoli nipotini, non li vedono da 20 giorni, a loro sembra un tempo infinito.

Probabilmente anche loro hanno avuto la stessa impressione, quando ci vedono ci corrono incontro con un abbraccio frenetico, come tanti koala aggrappati agli alberi di eucalipto.

Bacetti, caramelle, domande concitate “ Come state ?  Come sono andate le vacanze ? Vi siete divertiti ?”

Domande fatte senza aspettare le risposte, forse per mascherare l’emozione.

Sembrano incongruamente divenuti più alti, abbronzati, vivaci.

Subito lo Scoiattolino accusa con voce irata “ Sono trentamila giorni che siete stati via !”.

Non importa l’esattezza del numero, per lui significa un lungo periodo di lontananza, ci fa sentire in colpa, in fondo i nonni hanno anche dei doveri.

All’uscita ci si scatena a fargli provare l’ebrezza dell’equilibrista da circo sulla ringhiera di fronte alla scuola, poi gare di corsa lungo i marciapiedi, corse con salti acrobatici laterali, lanci in aria, via di corsa a casa per la merenda.

Loro dichiarano che non vogliono uscire ai giardini, si gioca in casa.

Prima con le sedie messe a terra si costruisce un trenino, il piccolo fa da guidatore, il grande da fuochista e controllore.

Questo treno tende a deragliare spesso, ma nessuno si lamenta, poi il nonno si ricorda di avere la sua pila d’emergenza in tasca ( ansietà per le emergenze, insieme al coltellino svizzero e ai quattro telefonini ), cosi si spengono le luci e il treno può girare al buio per la casa, lunghe gallerie, deragliamenti che divertono i passeggeri, cuscini di carbone che vanno nel tender della locomotiva, vendita e distribuzione di biglietti ferroviari al modesto costo di un centesimo ( impara Mauro Moretti, che prima di diventare presidente delle FS eri sindacalista).

I piccoli vogliono mostrare i loro tesori, già, i sacchetti di monete italiane fuori corso e i penny inglesi che gli avevamo regalato prima di Natale, nonché la mappa del tesoro che si era disegnata insieme in un pomeriggio lontano e che lo Scoiattolino trae fuori con importanza da un vecchio portafoglio che tiene nel taschino.

Scovano nella libreria due lumini elettrici dalla rossa luce intermittente che hanno ricevuto in ricordo di Medjugorje, inseriscono pile e lumini in un tubo di plastica trasparente e si crea magicamente la magica caverna del tesoro.

Si proclamano guardiani ufficiali, pretendono uno statuto, che diligentemente lo Scoiattolo ricopia con segni geroglifici su un pezzettino di carta.

Ecco le regole stabilite:

– Alla mattina il guardiano capo si sveglia e apre il cofano del tesoro che casualmente   ha la forma di scatola da scarpe

– Il capo conta attentamente la quantità dei dobloni e segna l’ammontare finale

– Si fa l’ispezione per una sortita contro i vascelli spagnoli

– Il capo rinchiude le monete nella cassaforte e attiva il sistema di allarme

– Il guardiano veglia all’entrata della caverna

Ammutinamento improvviso della Piovretta che, data la mancanza di incarichi onorifici personali, restituisce i gradi e abbandona la caverna trascinandosi dietro il nonno con compiti di disegnatore, narratore di racconti e appoggio morbido per godersi per la trecentesima volta Toy Story 2, sdraiati sul divano della sala.

Più tardi arriva stanca dal lavoro la mamma dei pargoletti, stupita dal silenzio e dal crepuscolo della casa.

Per fortuna il treno di sedie era già stato rimessato al posto usuale sotto il tavolo, evitando rovinose cadute alla nuova arrivata.

Si accendono tutte le luci, si mettono a posto i lumini, il tesoro dei pirati e altre attrezzature.

Il piccolo si lamenta “ Non è che adesso andate via ? Rimanete a cena, poi a dormire, domani la colazione, insomma per sempre”.

I nonni sono leggermente imbarazzati, con gentilezza pian piano li convinciamo a lasciarci andar via, con la promessa di vederci appena possibile, magari domenica a pranzo.

“ Cosa volete da mangiare ?”

“ Gnocchi al ragù “ Rispondono in coro.

“ Per secondo cosa prepariamo ?”

Un attimo di pausa di riflessione, poi gridano “ Gnocchi al ragù !”

Con questa promessa ci lasciamo, con qualche rimpianto, soddisfatti delle ore di gioia passate insieme, siamo solo nonni, dobbiamo lasciare spazio ai genitori.

Il giorno dopo quando nonno Talpone stava finendo di scrivere sul computer queste righe ha cominciato ad accusare brividi freddo alle ossa, è iniziata una febbre maligna e abbastanza alta che si è trascinata fino al ritorno dei piccoli e ora insieme ai leggeri capogiri lo tiene in uno stato leggermente confusionale.

Passerà, c’è un gran gelo ma ormai le giornate si allungano e tra poco dovrà essere primavera.