Oggi è tutto calmo, il tempo non passa mai, la solita uscita per acquistare i giornali, qualche compera al supermercato, una sbirciatina e due parole con l’amico della bancarella dei libri usati.
Niente giro al mercato ambulante di frutta e verdura oggi, siamo rimasti in due, abbiamo rifornimenti per una settimana.
Non parliamo delle scorte di carne, formaggi, uova e delle numerose vaschette nel frigorifero, contenenti sughi, brodo e minestrone, arrosti, frittate, zamponi cotti, bolliti e altre cose che ora non rammento.
La famiglia allargata è sempre rifugiata nel lazzaretto di Cinisello dagli altri nonni, tutti ammalati, costipati, febbricitanti, una bolgia di mal di gola e bronchiti.
Poverini.
A proposito, mi rendo conto che oggi non li ho ancora sentiti.
Il promettente avvocato non mi risponde al cellulare, sarà come sempre impegnatissimo in ufficio, al solito dieci, dodici ore di lavoro stressante, senza tregua, da schiavo in catena, ma in completo blu scuro e cravatta.
Che tempi!
Come l’altro lassù al nord, che lavora fino alle nove, dieci di sera.
Mi dico sottovoce che sembra debbano per contrappasso scontare il disimpegno lavorativo del padre, che le parole restino tra noi.
La figlia acquisita, grazie al matrimonio con lo schiavo prima nominato, mi risponde al secondo tentativo.
E’ trillante e allegra come un fringuello, anche se è appena guarita, sia pur con qualche postumo influenzale, anche lei al lavoro, lui invece finalmente ha ceduto e ora è a casa con la febbre.
Tutti al lavoro, che diamine !
Ma si sa, siamo a Milano.
E poi non bisogna lamentarsi adesso, con la crisi che c’è …
Io sono pensionato da dodici anni, posso parlare e criticare, salvo lamentarmi che ad ogni anno che passa i miei soldi diminuiscono.
Ma oggi mi sento indifferente, quasi beffardo, direi stoico.
Diciamo che in realtà sono rassegnato, se qualcosa non cambia, tra dieci anni, se sarò ancora vivo, farò il Barbapedanna.
Senza chitarrone, non ho mai imparato a suonare, ma mi vedo già in giro con un blocchetto di post gialli, su cui scrivere con un pennarello rosso poesiole giocose o saggi pensieri da pirla, da regalare ai passeggeri della metropolitana, poi passerò con il mio vecchio tubino inglese, chissà forse la cosa funzionerebbe.
Basta, invece sono preoccupato per quello che succede ai miei maschietti.
Finalmente lui, il mio piccolo, il mio promettente avvocato, il padre dei miei gloriosi nipotini, mi risponde con un vocione roco.
“ Ciao papà !”
Subito mi scateno : “ Come state? Ancora la febbre? Ma il medico cosa dice? Avete bisogno di cibo, bevande, acuisti in farmacia, consigli, soldi, commissioni urgenti, pagamento di bollettini postali, multe? Dimmi, se c’è qualcosa che posso fare, io mi posso liberare da ogni impegno, conta su di me”
“ Papà grazie, no, qua siamo tutti ammalati ma ce la caviamo. Pensavo però che se vuoi domani veniamo tutti a casa tua”
“ Come a casa? Da me intendi? Ma se siete pieni di virus, vuoi farmi ammalare? Proprio adesso che ho prenotato il viaggio a Napoli, cinque giorni, tutto già pagato, albergo tre stelle, treno Italo veloce, mica il solito Intercity. Solo che per risparmiare ho acquistato i biglietti scontati, tipo last minute, senza possibilità di recesso.
Io vi vorrei, non mi importa di ammalarmi ancora, oh avervi vicino, ma, ma … martedì dobbiamo partire per quel viaggio lontano, non vorrei ammalarmi, mi capisci?”
“ Va bene papà, credevo che anche la mamma mi volesse per la solita settimana da voi, non vorrei che si offendesse …”
“ No caro, vi vogliamo, ma ora, capisci, il viaggio a Napoli … Ciao, ti telefonerò ogni giorno, guarite, mi raccomando!”
Ecco, diciamolo, sono terrorizzato dall’influenza, l’ho già avuta dopo Natale, mia moglie all’ultimo dell’anno.
Capite, i nostri viaggi, quelli che sognavamo di fare, dal tour completo della Cina ci siamo ridotti al safari economico in Africa, poi alla settimana a New York, restringendoci al weekend lungo a Lisbona in bassissima stagione.
Ora siamo al tour giù a Napoli.
Sento in fondo al cuore che tutto forse si ridurrà ancora in un fine settimana a Terni, la perla della Conca, flagellata dalla pioggia e dal gelo.
Mi sento ugualmente un padre sciagurato, ho i rimorsi di coscienza.
Peccatore, ecco cosa sono, vergogna!
Poi perché Napoli? Da anni non ci vado più, cosa troverò laggiù?
Dicono che la prossima settimana avremo nevicate, devo portare gli scarponi pesanti da montagna? Magari anche il mio vecchio colbacco di pelo con la stella rossa, ricordo di Mosca, bei tempi, ho ancora presente lo scambio furtivo della borsetta di plastica, omaggio dell’Intertourist, con quel caldo berrettone.
E il Vesuvio ? Non entrerà in eruzione quando saremo laggiù? Non si sa mai, dicono “ vedi Napoli e poi muori “, non ricordo quando ci fu la famosa eruzione di Plinio il Vecchio, sarà forse avvenuta a febbraio?
Mentre cerco informazioni tra i libri di storia sento che la mia Istrice mi sta chiamando : “ Sbrigati, dobbiamo andare in palestra, io sono già pronta, mettiti la tuta!”
“No guarda, adesso sono impegnatissimo, ho dei problemi da risolvere”
“ Smettila, niente scuse, dai pigrone, ti conosco, forza, ci stanno aspettando”
Mi alzo affannato, cercando scarpette, magliette e borsone, non mi ricordo più quale era il problema.
Non importa, so di essere fortunato di avere una graziosa terapista della riabilitazione a domicilio, il resto non conta.