A mezzogiorno rammentare con acuta nostalgia il luculliano pranzo di Pasqua in Umbria e ridursi a mangiare pane e formaggio.
Alla sera a cena, al ritorno della sua Istrice, scoprire che in fondo al frigorifero, ben coperti e nascosti, vi erano contenitori contenenti paté di fegatini all’umbra, porzioni di arrosto tartufato, prosciutto e salami affettati.
Passare una piacevole giornata con il nipotino influenzato, avendo portato in regalo un DVD di Pingu, visto tre volte di fila, e incominciare ad esprimersi in quello strano linguaggio gutturale svedese-pinguinesco, senza riuscire a smettere.
Andare a visitare stamattina la zia novantenne, l’unica che gli parla come un bambino di sei anni e tornare a casa con un tremendo mal di stomaco, esattamente come avveniva in quei tempi lontani.
A cena, mentre l’Istrice assapora cibi gustosi e beve dell’ottimo Pinot Nero, essere ridotto a un piatto di riso scondito e acqua.
Ridursi a pensare, per consolarsi, di essere un vietcong nascosto nella giungla, che apre furtivo la sua foglia di banano, contenente un pugno di riso bollito, sicuro della vittoria finale.
Di sicuro per ora solo la borsa dell’acqua calda sullo stomaco e le compresse di Buscopan.