Come faccio a rientrare?
Ho perso le chiavi, quelle metaforiche, i magici grimaldelli che mi permettevano di entrare senza sforzo nella stanza di nonno Talpone, quell’ironico, permaloso, ingenuo bambino travestito da vecchietto, come i miei nipotini quando si mascherano da imperatore Giulio Cesare, con una semplice copertina gettata sulle spalle, trattenuta al collo da una semplice molletta da bucato.
Ho subito la tumultuosa e vivace invasione dei figli avvocati e dei loro adorabili e gioiosi bambini, quando se ne sono andati via ho patito la loro mancanza.
Ho provato poi una sensazione curiosa di pace nella mia casa vuota, accompagnata da una tristezza opaca e lattiginosa.
Sono passato in una nebbia malsana, stupita e accidiosa che ha interrotto uno stato d’incanto.
Questi giorni uguali, freddi, uggiosi hanno come opacizzato ogni cosa e fatto perdere il senso della vita.
Chiamatelo come volete, è stata una leggera, sotterranea, logorante sofferenza.
In altri momenti più dolorosi e nefasti, che non potranno certamente mancare nel futuro, ripensando a questi giorni mi darò dell’imbecille, non avendo potuto comprendere che una sopportabile serenità può trovarsi anche nel quotidiano svolgersi della nostra esistenza, senza eccessivi turbamenti, accettando il monotono ritmo del nostro cammino verso l’ignoto e il nulla, magari cantando tra i denti uno sciocco allegro motivetto.
Scusate lo sfogo, ma, come scriveva quella povera piccola, “ la carta è paziente “, tra la rete chiedo asilo.
la tua malinconia di fondo sembra un fiume cristallino che scorre perpetuo verso una meta imprecisa dimentica di osservare e vivere il momento stesso….
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