Calzini in vacanza


Non so se l’ho già detto, la mia memoria è fragile, ma mi stavo domandando ” Dove vanno in vacanza i calzini?”

Anche questa volta me lo chiedevo mentre raccoglievo e piegavo la biancheria che tiravo fuori dall’asciugatrice.

La domanda può parere irreale, ma nonno Talpone, avendo la moglie in vacanza a Milano, deve provvedere da solo ad una serie di faccende domestiche che gli sono usualmente ignote.

Dunque ricontrollo :

Otto magliette colorate

Otto paia di mutande

Un pigiama

Sette paia di calzini

Restava solitario e abbandonato un calzino color sabbia.

Mi ha fatto pena, poverino, tutto solo e anche lui senza la compagna.

La cosa mi è capitata anche in passato senza risposta plausibile.

Dopo aver fatto funzionare quegli infernali apparecchi che sono le lavastoviglie e le lavatrici succede sempre qualche misfatto.

Troppi pulsanti e manopole da ruotare, scomparti per detersivo, ammorbidente, sale, filtri da pulire.

Le cose una volta erano più semplici quando erano fatte a mano. Magari da qualcun altro.

Stavolta è il calzino che se l’è svignata, forse per una vacanza al mare, per poi magari ricomparire come niente fosse quando mia moglie ritorna.

Ma perché i pantaloni o i pigiami non se ne scappano in vacanza?

Forse perché non hanno mogli.

Art rebellion


Quando nonno Talpone ha letto questo titolo sul programma del festival over 50 non ha esitato ed è subito corso alla sede di Hip Hop, attualmente in una sacrestia della parrocchia vicina.

A lui pareva di essere tornato ai tempi del mitico ’68 , fraternità compagne e compagni, mettete i fiori nei vostri fucili, cortei di festanti bandiere rosse, occupazioni di università e lotte ai baroni.

Una volta entrato nella sala convegni addobbata di bandierine colorate ha visto una ventina di poltrone occupate da candide teste.

A dire il vero alcune signore sfoggiavano capigliature azzurro violetto, una addirittura un ammasso rosso ruggine che mal copriva il bianchiccio sottostante.

In fondo al salone un signore sedeva alla tastiera con accanto una cantante robustella di una certa età avvolta in un foulard argentato.

Il programma mattutino era soul jazz, interpretato con discreta professionalità.

Talpone ha applaudito e battuto il tempo con i suoi piedini misura 46.

In fondo è stato piacevole e divertente, nella pausa di mezzogiorno ha anche divorato nel caffè interno una grossa patata bollita farcita di fagioli e contornata da verza e maionese.

Nel pomeriggio lo spettacolo è continuato : canzoni popolari degli anni ’50.

La sua vicina di poltrona, minuscola gentile signora, gli si è presentata.

“Sono Helen e lei?”

” Talpone, piacere!”

” Io sono Helen e lei?”

” Talpone” con una voce più sonora.

” Come ha detto ?”si era sporta in avanti, portando l’orecchio a pochi centimetri dalla sua bocca.

” TALPONE !”

” Ah One, che strano nome, ma qual’é adesso il programma?”

Poi la novantenne si è assopita, mentre venivano intonate sdolcinate semplici canzoni del suo passato.

Con gli applausi si destava e cercava di partecipare anche lei.

Povera dolce Helen, alla fine mi hai fatto capire perché ” Rebellion Art “.

Bisogna reagire, ribellarsi al peso degli anni, delle malattie, della solitudine, combattere, finché c’è vita insieme agli altri, in compagnia e con la felicità che ci è concessa.

Brighton in festa


Questa tranquilla cittadina inglese sulla Manica ove da tempo vivacchia nonno Talpone in realtà è un vulcano di attività associative.

Dal famoso Gay Pride alle gare di Triathlon, dal festival delle donne ai mercatini di vecchie cianfrusaglie, incontri musicali e giochi di ogni tipo.

Ora da una settimana si celebra il settimo festival Ageing Well, destinato agli over 55.

Talpone, per quanto non ami ammetterlo, ha ormai superato quell’età, per cui ha deciso di buttarcisi a capofitto.

Tra le decine di scelte possibili lui ha puntato su quella Talk, Tea and Cake, svolto in un piccolo giardino e orto botanico.

Quando vi è arrivato a mezzogiorno ha trovato una decina di signore attempate che assediavano il tavolo delle torte, pasticcini e bevande calde.

Per timidezza Talpone si è quindi aggirato tra le filiere di ortaggi e siepi fiorite, fino a quando un’altra signora gentile lo ha avvicinato per illustrare le varietà botaniche.

Nel suo entusiasmo ha voluto anche fargli assaggiare le foglie e le bacche di alcune specialità.

Un insieme di sapori piccanti, aciduli, mielati e aspri sono stati provati con eroica sopportazione.

Alfine un altro organizzatore lo ha salvato portandolo su e giù dalla collina per ammirare altri orticelli ricavati tra i prati dei palazzoni vicini.

Quando sono ritornati ormai la festa era conclusa, le torte e le bevande rimesse in borse e scatoloni.

Un’esperienza interessante e bucolica, ma nonno Talpone con una fame da lupo si è dovuto precipitare verso un lontano pub per ingoiare birra e patatine.

Regola aurea: alle feste e convegni culturali e meglio andarci a stomaco pieno.

Pannoloni & Co.


Lunedì tutto il Regno Unito si è fermato, chiusi negozi e supermercati, cafeterie, farmacie, pochi autobus e nessun giornale.

Tutti al funerale dell’amata regina o incollati alla televisione, più di 21 milioni.

Anche nonno Talpone appena finita la colazione si è seduto davanti allo schermo dalle 9.30 alle 14.30.

Poi, vista partire l’auto funebre per il castello di Windsor, lui ha ceduto alla fame e alla sete, raggiungendo tremebondo la cucina.

Spettacolo commovente questo funerale e incredibile per la spettacolarità.

Però nonno Talpone deve confessare che durante la cerimonia per ben quattro volte ha dovuto correre in bagno per la sua prostata inferocita.

Certo ad essere stati previdenti lui avrebbe potuto fornirsi di bibite, panini e indossare il pannolone.

Già, a proposito, come hanno potuto quelle decine di migliaia di persone che in piedi, assiepate, sono rimaste ferme per ore?

Quanti pannoloni erano stati distribuiti per poter resistere alle impellenti necessità?

Sarà una personale curiosità, ma i giornali non ne parlano.

Forse la mascherina sul viso antiCovid non imbarazza, il pannolone, questa mirabile invenzione per bambini, donne e anziani si può sbandierare in pubblicità, ma disturba anche se quando è indossato è invisibile.

Forse ho toccato un tabù, tipo queste cose si fanno ma non si dicono.

Per fortuna all’ingresso della mia biblioteca di Brighton c’è uno scaffale con i pannoloni a disposizione gratuita per grandi e piccini.

Cultura sì, ma attenzione alle esigenze dei cittadini.

” Questa si che è civiltà – afferma perentorio nonno Talpone – si può partire dal pannolone per arrivare alla soluzione dei problemi dell’umanità”.

Risorto


Va bene, alla fine ho ceduto alle sue pressanti richieste, nonno Talpone è risorto.

Non che fosse morto, diciamo che si era addormentato, forse caduto in letargo estivo.

Ma sono giorni che il figlio inglese, il Martello di Dio, sì proprio lui, anche se da più di un mese risiede ad Oklahoma, ebbene lui insiste perché nonno Talpone riprenda la penna e racconti le sue storie.

Però dieci giorni fa è mancata la Regina, una dama bonaria e signorile, quasi centenaria ma dotata di buon senso e fermezza, come non ce ne sono più.

Dopo 55 anni che frequento il Regno Unito lei era diventata anche la mia regina putativa, se posso definirla in questo modo.

Così a funerali terminati posso riprendere a scrivere ed eccomi ancora qui.

Sono tanti i fatti da raccontare, la novità più importante è che Talpone è diventato ancora nonno.

Alla sua età gli sembra più che altro di essere bisnonno, non sa nemmeno se sarà in grado di portare in braccio la piccola.

Lei ha solo trenta giorni, mangia, si allunga e ingrassa, mentre nonno Talpone si sente sempre più stanco e indebolito.

Però ha acquistato una serie di nastri elastici colorati, da tirare, spingere e sollevare in modo da poterla reggere fin quando sarà sotto i cinque kg.

E pensare che 50 anni fa dopo il matrimonio con la sua meravigliosa Istrice dagli occhi smeraldini, arrivato al portone di casa, l’aveva presa in braccio e portata su su per tre piani sino al loro nido d’amore.

L’amore è rimasto, le sue forze no.

UNA PICCOLA FELICITÀ


La vita continua nelle piccole cose, nonno Talpone quasi si vergogna di affermarlo, con una voce insolitamente titubante.

Proprio così, scusate : un quasi ottantenne, con una dolorosa sciatica e dolori vari finalmente arriva in Inghilterra per farsi visitare dai celebri fisioterapisti del centro clinico di Brighton.

Dopo un attento esame la fisioterapista lo distende su un lettino ortopedico e lo sottopone a pressioni, sfregamenti e torsioni sui muscoli bloccati.

Il risultato supera ogni aspettativa.

I dolori e i blocchi sono passati e lui esce in strada senza bastone, con un indefinibile sorriso compiaciuto, come il marinaio di Antonello da Messina.

La sua fisioterapista, una signora di mezz’età, alta, bionda con lucenti occhi occhi azzurri e le mani d’acciaio, ha fatto il miracolo.

Saranno state le sue abili capacità di manipolazione dei muscoli o i suoi profondi occhi azzurri cielo a produrre questi risultati?

La domanda è sinceramente tendenziosa, l’eventuale risposta inutile, per oggi a nonno Talpone basta questa piccola felicità.

1 MARZO


Martedì 1 marzo, l’applicazione del telefonino mi informa che è Martedì Grasso, ultimo giorno di Carnevale e che il nome deriva da carne – vale cioè che si può ancora mangiare carne prima della Quaresima.

Questa mattina piovigginosa e fredda non mette certo allegria, per la foschia torbida che nasconde le colline e si apre solo verso il mare grigiastro.

Inoltre in Inghilterra non si festeggia il Carnevale, niente coriandoli e sfilate, solo qualche mascherina, di quelle chirurgiche.

Per tutti noi la Quaresima è già iniziata da una settimana con la guerra in Ucraina.

Altro che il totale dei contagiati e delle vittime del Covid, ormai si contano solo le centinaia di migliaia di profughi disperati che fuggono dalla guerra.

Noi restiamo attoniti e preoccupati, anche se lontani dal conflitto.

Scrutiamo il rialzo inconsueto del prezzo della benzina, elettricità, gas e pasta

Avremo anche le decine di migliaia di profughi da accogliere e confortare.

Resta la paura di un conflitto mondiale, con un generale senso di triste impotenza

Proprio stamattina presto mi è capitato di leggere ” Il primo uomo” di Albert Camus e mi immedesimavo nei personaggi descritti così attentamente, partecipando allo sdegno provocato dalla guerra, sorta in un lontano paese per cause confuse, nate da complessi problemi, sempre gli stessi nella storia della nostra specie.

Ma che riescono sempre a trasformare un uomo qualsiasi in una bestia feroce e impazzita.

England, merry England


I preparativi per la partenza di nonno Talpone e consorte erano stati lunghi, meticolosi, febbrili e concitati.

Liste dettagliate erano state compilate e perse, zainetti riempiti e svuotati, “bisogna partire leggeri” era la parola d’ordine.

Beati i tempi lontani di quando si partiva con l’autostop con un borsone, blocco da disegno e pennarelli.

Non perché si era artisti, servivano solo a fare capire ai guidatori da che parte si voleva andare.

Poi è venuto il tempo del consiglio rapido, tre parole decisive come veni, vidi, vici : passaporto, carta di credito e biglietto aereo.

Bugia, caro nonno Talpone, voi giravate con valigioni extra large per trasportare salumi, prosciutti, grossi pezzi di parmigiano e un paio di latte d’olio extravergine umbro per il povero figlio lontano.

Comunque anche quel tempo è passato, ora solo un trolley, uno zaino e il bastone della vecchiaia.

Siamo finalmente arrivati alla ridente cittadina sul mare dove abitano il talentuoso figlio inglese e compagno.

Tutto uguale qui, hanno solo abbattuto il pub del cricket sotto casa, ma l’aria è fresca e pulita, la temperatura quasi identica a Milano.

Proprio come a casa nostra, qua le auto si fermano alle strisce pedonali, gli autobus sono veloci e sempre in orario, la gente si mostra sorridente e gentile.

Abbiamo anche la fortuna di ritrovare il vero tempo inglese, questa mattina presto un nubifragio con vento ululante, dopo due ore un sole caldo senza una nuvola, più tardi improvvisamente pioggia e grandine, per finire all’ora di pranzo con un solicello smorto.

Nonno Talpone, infagottato con scarponi, maglioni, cuffia di lana e pon-pon, una meravigliosa giacca a vento impermeabile colore rosa celeste se l’è goduta tutta questa mattinata inglese.

Merry, merry England.

I nostri fantasmi


Non abitiamo in un castello sprofondato nella brughiera scozzese, né in un rudere campestre, ma a Milano, in una posizione centrale ormai, la periferia di quando ero bambino si è volatizzata con i ricordi di quegli anni perduti.

Nelle nostre stanze mia moglie ed io abbiamo accumulato negli anni una quantità inverosibile di libri, quadri, ammeniccoli vari e cornici di fotografie, come il salotto di nonna Speranza, a cui si aggiungono ancora altri libri, riviste, foto, disegni infantili dei vari nipotini.

È una casa vissuta, direi, piacevole da abitarci e condividere con amici e conoscenti, una cornice rilassante per pranzi saporiti della cucina umbra e abbondanti libagioni dei vari tipi di vino, risaliti dalla cantina, vero tesoro di Alì Babà.

Ma talvolta alla sera, rilassati in poltrona, l’occhio scruta un oggetto, come il lampadario di ottone dorato della sala, allora compare il volto emaciato di mia madre, ormai morente, che lo guardava ammirata, era il simbolo della casa finalmente riscattata e libera dalla coabitazione forzata del dopoguerra.

Ancora, certe volte è il quadro di un ignoto pittore lombardo che mostra una vecchia, seduta nella vuota cucina di una masseria, che nutre i polli ai suoi piedi.

Da bambino mi sembrava che quegli animali si muovessero e che potessero scendere dalla parete per beccare frenetici anche sul pavimento vicino a me.

Anche quel grosso volume illustrato da Gustave Doré per l’Orlando Furioso mi fa ancora sognare cavalieri ed eroici duelli.

Ora persino un riflesso di luce sul cuscino della sedia messa sotto il tavolo della cucina rivela il musetto del nostro gatto lontano.

Altri oggetti, tanti in verità, mostrano visi, gesti, figure che non esistono più, se non nella nostra mente, ma che si rivelano per un attimo anche ai nostri occhi.

Infedeli alla realtà, forse, ma che ci accompagnano nei nostri giorni.

Un ectoplasma nell’oscurità


Ieri sera quando siamo tornati dopo la solita partita di burraco, aperta la porta non abbiamo trovato nessuno che ci venisse incontro.

Già, direte voi se ormai siamo soltanto io e mia moglie a vivere in questa casa, chi dovremmo mai vedere, i fantasmi?

Nella penombra del corridoio però ci è parso di scorgere un movimento, un fiocchetto bianco che si agitava ondeggiante.

Chiusa la porta, accendiamo la luce e tutto appare vuoto e desolato.

Manca qualcosa, non riusciamo a comprendere, siamo sempre più perplessi.

Poi lei mi rimprovera di non aver lasciato accesa la luce in cucina come al solito.

Ma non ne capisco la ragione, non siamo in emergenza energetica, non c’è il caro bollette, non si teme la guerra in Crimea?

Poi ci rendiamo conto della differenza, non c’è più il nostro gatto Coccolone, quell’amorevole  puffetto peloso bianconero con la sua codina a candela.

Essendo in partenza per l’Inghilterra, per abbracciare il vulcanico figlio Martello di dio, si è dovuto trovare un momentaneo rifugio al nostro felino, ora accudito in una casa amica.

Ma la sua presenza non ha evidentemente abbandonato le nostre mura, perché sembra apparire dietro ogni angolo, ogni ombra disegna le sue forme, un lieve eco del suo sommesso ronfare viene percepito tra i rumori casalinghi.

Se gli umani certe volte scelgono la compagnia dei gatti in realtà col tempo loro ci scelgono, se siamo loro graditi.

Ogni angolo di casa viene da loro attentamente annusato e perlustrato, strofinato con il loro pelo come una diligente massaia , diventando il loro regno incontrastato.

Il gatto Coccolone può anche essere assente per qualche giorno, ma il suo dominio rimane incontrastato, la sua essenza, il suo fluido quasi magico non abbandonerà la sua casa.

Ora restiamo perplessi e turbati, quasi estranei tra queste mura, accontentandoci solo dei suoi guizzi nella penombra, di movimenti percepiti con la coda dell’occhio, di un vago miagolio tra il rumore di una porta o lo scricchiolare del parquet.