LA MISURA 47


Bellissima giornata oggi, nonno Talpone saltella felice, è quasi esaltato, beve le sue tazze di tè, ingoia la doppia fetta di panettone ed esce di casa di buon passo.

Non sente alcun malanno, piedini e testa in stato di grazia, forse per questo si inoltra nella puzza invernale di Milano come se passeggiasse in un prato fiorito di primavera, guarda con affetto la lunga fila di taxi fermi lungo il marciapiede come fossero una siepe di rose bianche in boccio.

Qualche occhiataccia forse la riceve, ma non se ne rende conto, la vita gli sorride dai semafori ammiccanti.

Acquista i suoi giornali all’edicola preferita, vi sono persone gentili sempre educate e premurose, una vera rarità.

Dove andare ?

Nelle viuzze periferiche di Città Studi, o una camminata fino ai Giardini, o forse una passeggiata nel corso a vedere le vetrine ?

A dir la verità gli unici negozi che lo interessano sono le librerie e i ferramenta, però oggi farà uno strappo, andrà a scrutare i saldi.

Si incammina per il corso, è qualcosa di insolito, che cosa cercare ?

Vestiti e camice no, profumi no, mobili no, forse le scarpe ?

Vuol provare l’ebrezza delle calzature, vede cartelli enormi con sconti del 50  o del 70%, nonno Talpone, si ferma davanti alle vetrine, quale modello cercare, forse quelli normali, per intenderci quelli adatti secondo il suo orologio del gusto che si è fermato agli anni ’60.

Alla fine scorge in fondo, in un angolo, un paio di scarponi neri, il prezzo potrebbe essere interessante, sta per entrare, ma improvvisamente lo assale un dubbio angoscioso, avranno la misura 47 ?

Non vuole confessarlo a sé stesso, ma si vergogna ad entrare a chiedere la fatale misura, arrossirebbe e comincerebbe a balbettare, già faticava a pronunciare l’enorme numero limite, il 45, ma ora ?

Si allontana, guarda altre vetrine, sono indicati i prezzi, ma non le misure, è un abuso, girellando guarda tutte le persone anziane che incontra, scruta con attenzione i loro piedi, di che misura saranno ?

Gli mancava anche il complesso dei piedi che si allungano a dismisura e pensa che non c’è mai pace per i nonni.

IN METRO’


A Milano nella metropolitana capita a volte di incontrare tipi curiosi che animano la noia del nostro viaggio.

Non parlo tanto delle solite zingare lamentose che chiedono soldi mostrando bicchierini sporchi di Coca Cola o dei musicisti improvvisati che per lo stesso motivo salgono tra una fermata e l’altra per una veloce strimpellata con violino o fisarmonica.

Intendo il signore che improvvisamente si mette a parlare e a discutere ad alta voce, pensi che sia impazzito, salvo accorgerti poi di un sottile filo bianco che scende dal suo orecchio, ove è nascosto un minuscolo auricolare, per perdersi nei risvolti del suo giaccone fino al cellulare.

Inoltre c’è l’agitato che cammina avanti e indietro con rapidi passi, agitando le braccia e guardando fissamente le sue scarpe mentre mormora frasi sibilline.

Talvolta si può ancora ammirare una coppia di ragazzi, incollati insieme con l’UHU, che si guardano negli occhi, si sussurrano le solite dolci parole, le eterne promesse, dimentichi del mondo loro intorno.

Nonno Talpone si compiace sopratutto quando salgono le mamme con i bimbetti gioiosi, quelli che prendono l’asta di sostegno per una giostra o si issano sul sedile in ginocchio, per ammirare estasiati il veloce scorrere del treno tra buie gallerie e formicolanti banchine illuminate.

Una volta ha ammirato e invidiato un vecchio barbone con la chitarra, seduto tranquillo tra la gente, che suonava il suo strumento con grande concentrazione, senza chiedere niente ad alcuno, felicemente perso nei suoi gradevoli accordi, ignaro delle fermate e del salire e scendere dei passeggeri.

Da quando si reca quasi giornalmente in ospedale per la sua riabilitazione nonno Talpone ormai conosce gli habitué della linea verde, sa a quali sono le fermate affollate, dove si vedono gli zingari o i musicisti.

In genere è una rotazione ben regolamentata, solo poche volte si sbagliano e salgono sulla stessa vettura da due porte differenti i concorrenti dell’elemosina, non appena se ne accorgono smettono subito la loro recita, si salutano e scendono alla prossima fermata.

Nonno Talpone quando non c’è spettacolo ripassa i suoi esercizi con la mano, le sue terapiste sono molto esigenti, ad ogni visita lo controllano e gli domandano quante volte si è esercitato.

Così il nostro comincia diligentemente a muovere le due mani: 10 volte le dita unite piegate a 90 gradi come un tettuccio, 10 piegate ad artiglio, 10 a formare anelli tra il pollice e le dita, forzatura delle giunture, tensione ad artiglio dell’ultima falange, piegamenti all’insù, forzatura delle dita a preghiera.

Il tempo passa velocemente anche se i movimenti gli strappano smorfie di dolore, ma quando ha terminato un sorriso di beatitudine gli affiora sul volto e con uno sguardo mite e compiaciuto si guarda finalmente intorno.

Non so se ingenuamente si aspetta applausi o complimenti per la sua diligenza, stranamente gli altri gli rispondono con un’aria sospettosa di disapprovazione o evitano il suo sguardo, non si capisce per quale motivo.

Se è in piedi, c’è qualche giovane studente che si alza per cedergli il posto e gli chiede premurosamente se tutto va bene.

Certamente, tutto va per il meglio, il blocco delle dita ad artiglio forse si stempererà, forse tornerà normale, quasi umano.

Bisogna esercitarsi, ahimè, gli esami non finiscono mai.

Una buona notizia finale : nonno Talpone oggi compie gli anni ed ha scoperto stupito che ora ne ha solo sessantotto, lui credeva di avere da tempo superato i settanta, che bello, ora si sente più giovane.