Già mesi fa, in una giornata piovosa d’inverno, l’amico psichiatra di nonno Talpone l’aveva invitato ad una gita esplorativa del Cimitero Monumentale di Milano, richiesta scontrosamente rifiutata.
“ Ma suvvia, è un posto veramente interessante – aveva insistito l’amico dei folli – ci sono dei bei monumenti, pensa che atmosfera magica e surreale, speriamo che ci sia anche foschia o, meglio ancora, una fitta nebbia “.
“ No grazie, sarà per un’altra volta – aveva risposto nonno ostinato Talpone – non me la sento proprio, ora cammino male, come sulle uova, ho anche le vertigini e poi, che gusto c’è a vedere le tombe dei ricchi. Semmai – aveva aggiunto in un soprassalto comunardo dei vecchi tempi studenteschi – me ne vado a Musocco a vedere la mia mamma, sarà sterminato e desolato come questa città, ma almeno è democratico “.
L’amico quel giorno aveva vagato solitario tra tombe e sarcofaghi imponenti sotto il nubifragio, aveva avuto anche la fortuna o l’insperato aiuto di qualche persona misericordiosa che l’aveva infine indirizzato verso l’uscita e la strada di casa, lui che tende per abitudine a perdersi sempre per le vie e in ogni luogo.
Tempo addietro, in una gita comune a Roma era riuscito, pur studiando attentamente la sua cartina stradale, a guidarlo otto volte fuori da piazza Navona, per rientrarvi, stupito e incredulo, altrettante volte, dopo un infruttuoso girovagare nelle stradine adiacenti.
Comunque il rovello, il tarlo del dubbio su quella meta turistica, non aveva mai abbandonato il nostro nonno Talpone, così quando un circolo aziendale aveva organizzato una comitiva per la visita organizzata al Cimitero Monumentale, vi si era subito iscritto e giorni fa vi ha partecipato con l’amorevole consorte.
Il numeroso gruppo era prevalentemente femminile e la guida una signora alta, autoritaria e preparatissima.
Probabilmente da anni svolgeva questo lavoro, studiando, documentandosi e facendo continue ricerche e scoperte in loco, ormai esperta esploratrice di quella distesa monumentale.
Lasciato all’esterno il solito traffico caotico, una selva di recinzioni e cantieri e le frotte di zingari elemosinanti e queruli, il gruppo aveva varcato i cancelli, avanzato nello spazioso piazzale e salito l’imponente scala di marmo per entrare in una specie di imponente e ibrida cattedrale romanico gotica.
Era il cosiddetto Famedio, che li aveva colpiti con la superba grandezza della cupola centrale, gli imponenti sarcofaghi del salone centrale, le fitte lapidi sulle pareti con nomi, busti ed emblemi dei benemeriti della città.
Una vera cattedrale, ma laica, senza santi, candele e incensi, ma tuttavia con altrettanta sacralità, una tangibile presenza di magnificenza, non di re o nobili guerrieri, ma esempio di operosità e genialità che l’uomo, quando natura e volontà lo permettono, sa mostrare verso tutti noi, gente comune.
Il fatto strano è che non erano solo i maschi che avevano lasciato la loro impronta nella storia, ma altrettanto numerosa, varia e importante era stata la presenza femminile, che la guida stava illustrando a loro con una passione ben documentata.
Se il Famedio e il cimitero risalivano ai tempi risorgimentali, le persone ricordate risalivano ancora indietro, quando incredibilmente delle donne intelligenti e generose avevano studiato, ricercato e dato a piene mani i tesori della conoscenza da loro appresa.
Percorrendo in seguito le gallerie laterali, scendendo nella cripta e girando tra i viali alberati, sono state poi illustrate e fatte rivivere le storie di grandi donne che avevano distribuito con generosità materna affetto e cure ai bisognosi, che avevano lottato contro soprusi e malvagità, con incredibile fermezza e determinazione.
Noi tutti oggi godiamo certi diritti solo per i loro sforzi e il loro cuore femminile, in tempi in cui la donna non aveva né diritti né considerazione alcuna, ritenute poco più che una necessaria fattrice di prole per continuare la specie.
Come non commuoversi ascoltando le vicissitudini di Laura Solera Mantegazza, ritenuta una “ cilappa”, una sciocca, perché riteneva doveroso educare anche i figli dei domestici, che ha aiutato tanti bisognosi da vera madre dei poveri, che aveva creato i primi asili materni, al fine di assistere le povere madri costrette a lasciare allo sbando i propri figli per cercare un tozzo di pane con lunghi orari di lavoro.
E l’Ersilia Bronzini Maino, che fondò insieme ad altre donne l’Asilo Mariuccia, per tutelare le donne abbandonate, o L’Alessandrina Massini Ravizza che creò ambulatori medici gratuiti, cucine per i poveri, comitati contro la tratta delle “ bianche”, la vergognosa schiavitù di fanciulle, quelle che cent’anni dopo ancora vediamo nelle nostre strade ?
Come non ammirare l’intrepida e bellissima Cristina Trivulzio Belgioioso, che visse pienamente e impetuosamente non una, ma cinque vite diverse, eroiche e brillanti sempre.
Donne fascinose ed intelligenti, mariti nulli.
Nonno Talpone, come tutta la comitiva, era stupito e commosso per tutte quelle storie di vite splendide e generose, lui, pur appassionato di storia, imparava e con umiltà rifletteva sulla sua e sulla nostra ignoranza, forse finora la Storia l’hanno scritta quasi solo gli uomini.
Aveva intravisto l’altra metà della Luna, il mondo non può essere completo senza le donne.
Uscendo dopo un paio di ore dai cancelli la loro guida aveva riferito il sapido motto scritto su una anonima lapide “ Nel paradiso dell’Eden Eva mangiò il frutto proibito dieci minuti prima che lo facesse il suo compagno. Cacciati sulla Terra, nella sofferenza e nel dolore, quei dieci minuti Adamo non li ha ancora recuperati “.
caro Nonno talpone, mi hanno inspiegabilmente assegnato un premio di blog affidabile e devo segnalare altri 5 blog che secondo me meritano di essere letti…ovviamente ho fatto il tuo nome. passa a leggere da me, se vuoi.
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Grazie cara Why, non so se merito di essere letto, certe volte penso di non dare molta sicurezza agli altri, perchè sinceramente non ne ho io stesso. Cerco di guardarmi intorno, di fare emergere la parte più umana e sincera di me stesso, cerco di sorridere delle piccole cose della vita, sperando che serva anche agli altri.
Se si riesce a prendere un poco di distanza da noi, dai nostri fatti quotidiani, spero che si abbbia maggior coraggio per andare avanti e aiutare anche le persone intorno a noi.
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