Sono decisamente contrario agli ottimisti ad oltranza.
Non sopporto i piagnoni.
Se mi trovo abbacchiato, demoralizzato e punito da un corpo invecchiato, come accade negli ultimi mesi, me ne sto zitto sotto un cespuglio, come un vecchio gatto malato.
Però osservo un fatto buffo : campando a lungo sono passato attraverso diversi tipi di generazione.
Prima quella dell’infanzia di guerra, poi da teenager , grazie ad amici simpatici ma terribili, alla generazione dei ” Teddyboys” .
Nel 1967 ho scoperto la libertà fuori da famiglia, lavoro, soldi, carriera, da felice ” Figlio dei fiori”.
L’anno dopo l’entusiasmo del “Movimento Studentesco” , uscendone poi disgustato da violenze e terrorismo.
Breve pausa tra gli artisti squattrinati della generazione neosurrealista e concettuale.
Il primo figlio in arrivo e lunga vita da travet inquieto, ma felice padre di famiglia..
Pensionato fortunato, quando esisteva il coefficiente 95, sono entrato nella ” Terza età”.
Ora la mia è la generazione della “Degeneration”.
Quella in cui non ci vedi, non senti, non cammini, sempre a dieta medica, giri più ospedali che centri di villeggiatura e parti con la valigia piena di medicinali.
Quale futuro ci può riservare?
Il mio vecchio amico psichiatra, che tra operazioni, tumori e malesseri non sta dietro a nessuno, mi ha consolato via WhatsApp ” Se c’è la facciamo potremo andare in un ospizio a fare i vecchietti terribili”.