Mi sono svegliato presto questa mattina, fuggendo da un incubo naturalmente.
Era tardi, le sei e mezza del pomeriggio, anzi della sera perché era il crepuscolo ormai, dovevo andare al lavoro in ufficio, era assolutamente necessario.
Mi ero licenziato o ero stato allontanato mesi prima, ma non avevo ricevuto la liquidazione, non avevo la pensione, i soldi erano ormai finiti, inoltre ora ricordavo di aver lascito là molte cose personali nell’armadio e nei cassetti della scrivania: carte, libri, oggetti personali.
Dovevo tornarvi quindi e cercare la mia stanza, se non era stata spostata, svuotata, occupata.
Chiedere i miei soldi, implorare un prestito, un aiuto.
Era troppo tardi, niente tram, meglio l’auto, forse facevo in tempo prima della cena.
Ma una volta arrivato là, in quel posto frequentato giornalmente per tanti decenni, al posto del severo palazzo in travertino avevo trovato un’enorme distesa di terreno sconvolto con buche, scheletri di pilastri e di fondazioni, sterrati di cantieri in febbrile attività.
Avevo lasciato l’auto ed ero sceso tra le macerie, le voragini e le impalcature, cercando un indizio, un’indicazione della mia meta.
Ma dopo aver corso, girato intorno a quei frenetici cantieri mi ero perso ed ero capitato casualmente davanti ad una cabina telefonica.
Dovevo chiamare in ufficio, spiegarmi, chiedere, dovevo chiamare a casa, anche un amico fidato per ricevere aiuto.
Vi ero appena entrato, indeciso su quale numero dovessi comporre, quando con un trillo sinistro da una fessura del telefono era uscita una striscia sottile e rossastra con dei numeri stampati .
Scrutandola da vicino mi ero accorto che era una multa per eccesso di sosta, dovevo pagare e spostare subito la mia auto.
Già, ma dov’era ?
Intorno a me aleggiava solo polvere, rumore, un bianco sporco di calce, tra cavità e scheletri di impalcature.
Un altro trillo sinistro, la striscia di carta si era allungata, la multa era cresciuta, subito dopo ancora un lacerante squillo, il rotolo di carta rossastro era uscito implacabile dal nero telefono a muro e si allungava come un serpente, sibilante e senza fine.
Mi sono svegliato con affanno, strappandomi dall’incubo come da una placenta notturna che mi aveva avvolto appiccicosa e soffocante.
Mi sono alzato con fatica e sollievo, con passo malfermo mi sono rifugiato in cucina, seduto presso quel tavolo bianco dove insieme da tempo immemore si è mangiato, parlato, si era stati insieme in famiglia.
Riprendendo la respirazione affannata poi mi sono reso conto che da qualche giorno ho perso i miei occhiali a lenti graduate.
Anche la mia radiolina portatile è introvabile.
Ho perso il mio coltellino da tasca in finta madreperla, la chiavetta USB del computer, la mia matita a pulsante dalla punta sottile,anche il mio ultimo libro interessante di Israel Singer.
Mi rendo conto che molti oggetti tendono a scomparire, come se avessero dei minuscoli piedini frenetici e smaniosi di rifugiarsi nei posti più oscuri.
Alcuni vengono trovati più tardi, casualmente.
I due gatti bianco e neri sembrano interessati alle mie frenetiche ricerche, mi seguono curiosi, anche perché forse sono gli autori delle sparizioni.
Solo ieri, spostando la lavastoviglie in cucina ho scoperto tra ciuffi di polvere ben cinque coltelli, diverse matite e biro, palline di plastica, tappi e pezzi di spago.
Perdo ormai ogni cosa, salvo i miei incubi.
Mia moglie è da tempo persa tra lezioni da preparare, congressi, convegni, stesura di articoli e libri ma, trattandosi di demenza senile, direi che almeno lei è nel suo elemento.
Credo di aver perso la nozione del tempo, quanti giorni, mesi, anni sono svaniti senza che me ne accorgessi ‘
Anche un certo nonno Talpone non si presenta da tempo, ma è veramente esistito ?
Bene, ora sono seduto al mio tavolo bianco della cucina, penso che mi preparerò un tè bollente con qualche tarallo pugliese, forse li troverò ancora.
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BON TON
Premetto che questa mattina lui è infuriato e accidioso come non mai, stanotte hanno avuto l’indecenza di richiamarlo a fare il servizio militare, inutilmente lui protestava, ripeteva che l’aveva già svolto ben due volte, cosa esagerata, strepitava che aveva ormai settantadue anni, anticipando di ben nove mesi il suo compleanno.
Niente da fare, quelli l’avevano caricato su un aereo con un variegato gruppo di persone per recarsi in zona di addestramento alla guerra.
Naturalmente questo era solo un sogno, un incubo di nonno Talpone, ma lui spesso tende a confonderli con la realtà, almeno fino a mattinata inoltrata.
“ Come stai ? Bene? Non sei cambiato per nulla !”
Ecco queste esclamazioni usuali di saluto quando incontra qualche conoscente gli danno profondamente fastidio.
Lui sostiene che sono frasi fatte, non interessa a nessuno come tu stia, anche se ti senti giù la risposta deve essere sempre “ Bene, diciamo benino, suvvia !”, altrimenti crei un fastidio, una richiesta di interesse dovuto che incrina l’incontro, tutto deve sempre andare bene, la gente ha fretta, ha già i suoi problemi, non vuole impelagarsi con altri fastidi.
Se tu fossi veramente ammalato o disperato andresti a suscitare un emotivo sentimento di compartecipazione e provocheresti dei momentanei sentimenti di tristezza, più o meno sinceri.
Null’altro – conclude nonno Talpone, sempre più cinico – fino alla tua conclusione finale, quella delle “ Condoglianze. Era così giovane ! In fondo era una brava persona. Però chi l’avrebbe mai detto !”
Poi si avrà il fastidio della partecipazione al funerale, la colletta per le corone, il riunirsi al cimitero, dove in compenso si incontrano molti amici e conoscenti pesi di vista da anni.
“ Dai sentiamoci ancora, non perdiamoci di vista !”
No, niente paura, si rivedranno senz’altro al prossimo funerale, se non sarà il loro.
Che dire della frase “ Non sei cambiato per nulla ! Ma come fai a mantenerti così giovane ?”
E’ particolarmente perfida e viene usata specialmente tra le donne con abbondante ipocrisia, come se alla mattina uno quando si va a lavare e si guarda allo specchio non notasse i propri cambiamenti, i gonfiori, le borse sotto gli occhi, le rughe e tutto il continuo sfaldamento del viso e del corpo.
Ti insaponi e ti sciacqui come per togliere quella patina, quell’offuscamento dell’immagine, usi creme, profumi, ti massaggi, ti riguardi e con un sospiro smetti di tormentarti inutilmente e te ne vai.
Forse ha ragione nonno Talpone, sarebbe meglio pronunciare un semplice “ Ciao !” sorridere, offrire un aperitivo o un caffè e poi, se l’altro lo richiede, porgere un orecchio paziente ai suoi bisogni di sfogo.
Questa è la teoria, il piccolo galateo ormai trascurato, ma poi spesso si ricade nell’uso comune e anche noi chiediamo in fretta “ Come stai? Tutto bene ?” senza aspettarti una vera risposta, anzi, nel caso, cerchi di rifilare i tuoi momentanei problemi all’altro, in una gara di reciproca sopraffazione.
Poi i ripetuti saluti e la promessa di incontrarci presto.
Uno penserà “ Che noioso, non la smetteva più di parlare di sé, è proprio un tremendo attaccabottoni !”
L’altro invece si lamenterà dentro di sé “ Che persona fastidiosa, vuol dire solo la sua, non ti ascolta, è proprio invecchiato, anche male direi !”
Per fortuna io e voi non siamo di questa specie, abbiamo un buon carattere e senso della misura, un innato senso del bon ton, non è vero ?
“ Bene, a proposito come state? Vi trovo meravigliosamente in gamba !”
ULTIMATUM
La situazione era ormai insostenibile, pertanto oggi pomeriggio nonno Talpone ha finalmente deciso di confrontarsi con l’aggeggio elettronico dei suoi attuali incubi diurni.
Gli unici affrontabili in verità, dato che quelli notturni, gli angoscianti sogni che lo vedono ritornare da pensionato al lavoro nella grande società di ingegneria che ha bruciato 30 anni della sua vita, dipendono esclusivamente dalle ferite interne cerebrali di cui è sofferente e che lo coinvolgono da undici anni, quando si è ritirato a teorico riposo, ma di questo ne parlerà un’altra volta.
Dopo essersi seduto alla sua vecchia scrivania ha posato davanti a sé il bianco Smart Phone Android, il furfante colpevole di angosce e frustrazioni negli ultimi sei giorni.
“ Guardami negli occhi – ha esclamato con voce glaciale – e facciamo il punto della situazione:
1) Un incubo al giorno è sufficiente anche per un battagliero pensionato come me.
2) Guardati bene allo specchio, oltretutto sei grasso, sei largo tre volte il mio vecchio cellulare, quello che ho recuperato da mio nipote Polipetto quattro mesi fa, dandogli in cambio un sacchetto di caramelle Cocafritz da un euro.
3) Sei costato una cifra da capogiro ( anche se ti ho avuto immeritatamente in regalo per aver angustiato per quarant’anni quella ingenua fanciulla, da me perfidamente soprannominata Istrice Prussiana ).
4) Non leggo, non scrivo, non dormo per cercare inutilmente di scoprire i tuoi segreti.
5) Ti sei presentato, intrufolato in una scatola di giornali e riviste d’epoca, in compagnia di uno smilzo libretto di venti paginette, chiamato “ Guida di riferimento rapido “ , molto rapido in verità, in cui si descrive quasi esclusivamente di come accenderti e spegnerti, cosa che anche un deficiente come me ha capito subito, ma non si spiega nulla delle rimanenti tue pretese prestigiose funzioni, lasciandomi il dubbio se veramente sai anche preparare il tè verde come asseriva mio figlio Martello di dio, presentandoti in omaggio.
6) Ammetto che ho scoperto che sai eseguire delle buone fotografie, che si possono rivedere ingrandendole, decidendo poi di eliminarle subito, date le mie scarse abilità artistiche.
7) Ma perché mi presenti le previsioni meteo di città sconosciute nella lontana Virginia e quando ti degni talvolta di segnalare quella di Milano, mi suggerisci sempre pioggia, anche se guardando fuori dalla finestra ( ho controllato proprio in questo momento ) vedo splendere uno scialbo sole d’autunno?
8) Per qual motivo per leggere la mia posta su Yahoo, dopo tre diversi inutili passaggi di schermate mi dirotti su una cartella “ Conversazioni “ in cui ignoti giovani americani scrivono parolacce, tipo “ FU.ING SITE “ esasperati come me da questi dirottamenti postali ?
9) Mercoledì scorso ti avevo mostrato al nipote Polipetto, per fargli vedere le sue foto in gondola a Venezia, che l’hanno talmente entusiasmato da fargli dichiarare che da grande farà il gondoliere, cosa piuttosto credibile, visto che ci hanno rapinato 100 euro per un giretto di mezz’ora tra un paio di canali, ingolfati di natanti come nei peggiori momenti di traffico caotico a Milano. Ma perché solo lui, quando ti ha smanettato rapidamente e io cercavo inutilmente di strapparti dalle sue mani, ha scoperto, all’età di appena quattro anni, che muovendo il ditino sullo schermo poteva tracciare elissi, zig zag e sgorbi artistici sulla fotografia di suo zio Martello, quella in cui figurava sghignazzante tipo Halloween sullo screen saver e che mi perseguitava ogni volta che accendevo lo schermo ?
Questi ed altri perfidi scherzi mi hai giocato finora, basta, ti distruggo, devo riguadagnare la mia pace diurna!”
Con questa sentenza capitale nonno Talpone si è avviato in cucina, ha rovistato negli armadietti fino a trovare una scatoletta bianca di cartone, che vagamente assomigliava all’imputato, l’ha portata nello studio e posata a terra, poi vi è balzato sopra distruggendola con liberatoria soddisfazione.
Si è girato, con uno sguardo spietato verso lo Smart Phone, che era ancor più pallido dal terrore e l’ha così apostrofato:
“ Hai visto cosa ti può succedere? Impara !”
P.S. Questa sera ad una cena indo-singalese nonno Talpone incontrerà un amico esperto, che da sei mesi è in possesso del medesimo aggeggio, addirittura sembra che riesca pure a farlo parlare, si spera che anche lui finalmente impari qualche trucco, forse anche come far preparare il tè verde antiossidante che gli piace tanto.
ASSISTENZA DOMICILIARE
Affannoso risveglio alle 6, l’uscita rapida e convulsa dai soliti incubi, un aereo da prendere domattina prestissimo in una città sconosciuta, ma con due trasbordi prioritari su un fiume e la quasi certezza di non riuscire mai ad arrivarci in tempo.
Poco prima nella notte un altro sogno: dei feroci assassini cercano di aprire la porta d’ingresso che gli ho appena chiuso addosso, nello stipite si vedono frammenti di dita che ostacolano la mia disperata difesa.
Vado in bagno, mi lavo le mani, strofino due dita bagnate sugli occhi, come quel lavaggio primordiale che rampognavo tanto ai miei figli, prima della loro affannosa uscita in ritardo per la scuola.
La casa è ancora addormentata, vado nella camera vuota dei miei bambini quasi quarantenni, ora adibita a studio, in coabitazione con i resti della loro presenza e i nuovi giocattoli dei nipotini.
Accendo il computer, su internet cerco inutilmente notizie sul blog di un’amica cara, scorro le novità dei giornali online.
Scossa di terremoto anche a Pordenone e a Belluno, un deputato neonazista in diretta TV scaglia un bicchiere d’acqua in faccia ad una collega dell’opposizione e picchia ripetutamente un’altra, il portavoce del Vaticano che richiede il rispetto delle loro prerogative sovrane in relazione alla denuncia di raccolta di fondi da parte del boss mafioso Mattia Denaro ( nomen omen ), Perugia ovvero il paradiso perduto in mano alle gang del narcotraffico.
Queste e altre notizie non sono una serie di incubi, ma il buongiorno del mattino.
Sento movimenti nell’altra stanza, una tapparella che viene alzata, lo scroscio dell’acqua.
Poco dopo si affaccia la mia Istrice Amorosa, annuncia che è bollita l’acqua del tè.
Spengo il computer, mi siedo a tavola per la colazione, inserisco meccanicamente una bustina nella teiera, i tarallucci sono terminati, devo accontentarmi di insapori fette biscottate.
Telefonata d’auguri al piccolo nipote, il Polipetto, oggi compie quattro anni, gli canto “ Tanti auguri a te !” lui ricambia il motivetto con la sua vocetta deliziosa e inizia un concitato discorso con parole smozzicate e accavallate, assolutamente incomprensibili.
Manca il fratellino maggiore che solitamente fa da interprete, così mi riduco a pronunciare a caso “ Bene, bravo, proprio così” per non deluderlo.
Appare alla porta la mia Istrice, ben vestita, truccata, con borsetta e portacarte in pelle ripieno di appunti.
“ Ma dove vai, cara ? – domando incuriosito.
“ Mannaggia, te l’ho detto cento volte, devo tenere una relazione a questo convegno europeo, lo sanno tutti, è anche scritto sul calendario appeso alla porta della cucina, non ti ricordi mai niente, sei una disperazione !”
“ Ma non torni a pranzo ?”
“ Non credo proprio, sono cose lunghe, ci sono i dibattiti, le richieste di chiarimenti, beh, adesso ho fretta, ciao !”
“ Ma di cosa parlate al convegno, demenza senile, Alzheimer, assistenza ai disabili, rieducazione motoria ?”
“ Home care – precisa veloce e se ne va, decisa, battagliera e sicura di sé, la mia piccola prussiana.
“ Home care ? – ragiono perplesso – assistenza nella casa ?”
Vorrei tanto essere assistito in questo grigio mattino milanese, anche da un bambino.
PAPAA, PAPAA … COME STA MARIA ANTONIETTA ?
Questo è il ripetuto beffardo richiamo del figlio promettente avvocato, da quando ha sorpreso nonno Talpone, che poi sarebbe il suo indegno padre, a leggera una interessante biografia della defunta regina e degli inizi della rivoluzione francese, invece di seguire le sue pressanti indicazioni di commissioni di svolgere seduta stante.
In questo afoso pomeriggio nonno Talpone è stato svegliato da una suoneria sconosciuta di un cellulare.
Ha ascoltato distrattamente, poi ha richiuso gli occhi, ha deciso che il trillo sconosciuto non lo riguardava.
La sua Istrice l’ha risvegliato quasi subito, dicendo “ E’ per te, è tuo figlio !” – ponendogli in mano un tozzo cellulare viola, che ha dovuto riconoscere come uno dei tanti che la sorridente avvocato Tuttopiede gli aveva affidato mesi fa per un’ eventuale riparazione.
Lui l’aveva portato dal suo amico cinese Ping che l’aveva appena sistemato e pertanto vi aveva trasferito la sua SIM base ( quella immediatamente riconoscibile, tra le sue 14 collezionate ) per effettuare la prova di funzionalità.
“ Pronto – ha subito bofonchiato, perso nei suoi incubi abituali.
“ Come sta Maria Antonietta ?- ha chiesto ironico il leguleio di famiglia.
“ Bene, la stanno quasi per arrestare, in effetti le sue spese per l’acquisto del palazzo di Saint Cloud e le sue collane di diamanti stavano dando il colpo di grazia alle finanze francesi, però la colpa era anche del marito, Luigi XVI … – stava proseguendo imperterrito nonno Talpone, come se stesse ancora sostenendo l’esame di storia con il suo professore della Bocconi, si quello famoso, di cui non ricorda il nome .
Da giorni lui cerca di portare avanti la lettura di questo affascinante libro, che ha momentaneamente sostituito quello sulle presunte origini del popolo ebraico, interrotto da ripetute beffarde domande del figlio maggiore.
“ Papaa, papaa …- come uno squillo di adunata del periodo militare risuona la chiamata della suddetta progenie – basta, ora vai dal tuo meccanico Feng, ritira il certificato di demolizione della mia auto, l’hai portata ieri, quando hai ritirato l’altra mia auto che doveva fare la revisione e mettere a punto la carburazione, ti ricordi vero ? Bene, lasciami a casa quel documento, consegnami anche il rotolo delle catenine d’oro che ti avevo richiesto per il regalo che devo fare sabato prossimo, sai quello del battesimo? Bene, fai questo e tutto è finito, semplice, vero ?”
“ Come finito – azzarda nonno Talpone, che poi sarebbe il padre di quei due figli maschi che lo trattano con tranquilla arroganza, diciamo anche amorevole, riservata di solito ad uno spelacchiato Teddy Bear da cuscino – non posso mica falsificare la tua firma, è un reato, mi pare, non dovresti andarci tu all’officina che cura la vendita del tuo catorcio ?”
“ Papaa, papaa… io ho da fare, tu non fai mai niente. Il presunto reato si configura solo se il soggetto che subisce la contraffazione della sua firma fa ricorso, quindi stai tranquillo ed esegui.”
“ E se ti viene l’idea di fare questo ricorso, così, tanto per farmi un dispetto, lo so , ne saresti anche capace! – mormora piagnucoloso nonno Talpone.
“ Papaa, papaa… smettila, con questo hai finito di fare tutte le commissioni di cui ti avevo incaricato, sei contento ? Le catenine, le due auto da riparare, il congegno della tapparella , la batteria dell’auto, l’accompagnamento dal concessionario dell’auto nuova da acquistare a Brescia, l’imbottigliatura della mia damigiana di bianco Oltrugo. Insomma, ho faticato più io a dirti le cose che te a farle. A proposito, ho finito l’olio umbro, portami la solita damigianetta !”
“ Sempre io a fare le cose – mugugna come d’abitudine nonno Talpone in tono sommesso.
“ Beh certo, a chi altri devo chiederlo, alla mamma ? Lei è la mia mammina e mi fa già tante cose !”
“ Già, e io chi sono ? – interroga irritato il cosiddetto maschio di casa.
“ Tu sei il padre del pollo inglese, insomma di mio fratello, il Martello di dio –chiude beffardo il promettente avvocato di casa Talponi.
Sdraiata sul divano, avvolta teneramente da una copertina di lanetta bianca ridacchia sommessa mamma Istrice, che ha udito con evidente compiacimento l’intera conversazione nel viva voce.
Accantonato il voluminoso libro sulla Rivoluzione Francese e le disavventure della regina Maria Antonietta, l’Austri’chienne, il vecchio papà rinvia riposo e lettura per i suoi impegni quotidiani.
Undici anni fa, quando l’avevano dismesso dal lavoro, avevano proditariamente asserito “ Riposati, ora goditi la pensione di vecchiaia !”