ORECCHIETTE O BUSCOPAN ?


Non era durata molto la rassegnazione di nonno talpone, da vero stoico dell’antica Roma.
Durante il pomeriggio, frustrato anche dalla mancata possibilità di scendere in cantina a imbottigliare l’ennesima damigiana di Barbera di Monleale ( Alessandria ), il suo stato di agitazione era salito a tal punto da fargli venire un forte mal di stomaco.
Poi si era aggiunto una dolorosa fitta all’inguine.
Poiché i guai non vengono mai isolati, ma a tre a tre, a quel punto  giungevano notizie di catastrofi di rapporti interpersonali tra parenti di 1° e 2° grado.
Non fu di grande aiuto la telefonata del Martello inglese che dava gli ultimi ordini alla madre e che, impietosito ed ironico, cercava di consolare il padre con il vivo consiglio perentorio di preparare  – ancora non l’hai fatto ? – il suo discorso da tenere alla festa nuziale.
Mi sentivo un verme, stavo prendendo in seria considerazione l’idea di portare con me il passaporto, per poter poi fuggire in un lontano monastero buddista o zen, sulla cima di un monte del Nepal.
Silenzio e meditazione, ecco quello che ci voleva per me.
Riposo creativo.
Immaginavo tanti piccoli post, vergati a mano con un pennello su carta di riso, poi piegati a barchetta, da posare sulle acque tranquille di un ruscello che scendeva a valle, confluiva nel grande fiume Gange, poi loro navigavano nell’oceano, verso l’infinito e oltre….
Intanto a casa mia sorbivo tè caldo, Buscopan, gentilmente serviti da un istrice servizievole e materna.
Alle 9 di sera ci chiamarono a cena le due vicine di pianerottolo.
Sono due ragazze, una di Catania e l’altra di Bari, che in questi anni nel vicino appartamento in affitto hanno completato gli studi, si sono laureate e hanno brillanti impegni di lavoro.
Gentili, educate, intelligenti, sono state delle vicine di casa ideali, mia moglie le ha prese sotto la sua protezione, da buona chioccia che non ha avuto figlie femmine.
Ci hanno ricevuto a tavola i due rispettivi ragazzi e una loro amica.
Un’ottima cena, crostini con pomodorini a pezzi, tortini di formaggio e prosciutto, un gran piatto di orecchiette al pomodoro ricoperte da una montagna di ricotta salata grattuggiata, filetto di salmone al limone e olive.
Le bottiglie di vino hanno allietato la conversazione, il Prosecco, il Dolcetto, il Vermentino erano compagni ideali : si presentavano, si versavano, poi discretamente lasciavano la tavolata.
Ma il clou della serata fu la presentazione di un gran vassoio ricoperto di ciliegie.
Grosse, succose, rosso nerastre, freschissime, portate dalla loro amica dalla Puglia, scelte e colte con mano vigile ed amorosa dalla madre della vicina di casa nel suo frutteto.
L’istrice prussiano aveva da tempo lasciato in corridoio la pelliccia spinosa e da vera ghiottona era in estasi mentre gustava queste prelibate ciliegie che, ci spiegarono, erano da loro chiamate “ la ferrovia “
Nonno talpone, ormai da tempo dimentico di ogni disturbo o malessere, chiese notizie dell’origine di questo nome particolare e poi si lanciò nell’esposizione dettagliata delle linee ferroviarie metropolitane.
Tutti erano ormai in quello stato di allegra giovialità che fa superare le particolarità formali, solo il ragazzo vicino a me non capiva quale fosse stato il mio precedente lavoro, poiché avevo parlato da insegnante scolastico, da assicuratore e broker, da gemmologo e orefice, da esperto di ingegneria ferroviaria.
Avrei voluto aggiungere molte altre professioni, svolte tempo fa o solo sognate, ma l’istrice prussiano era al mio fianco, seppur in estasi ciliegiastico mi teneva sotto controllo stretto.
Anche per questo a fine cena non potei cercare di esibirmi in qualche figura di danza, tipo saltarello, giga o tarantella.
Prima di lasciarci andare a casa a mezzanotte vollero una foto di gruppo, tutti abbracciati e sorridenti, immortalati sullo sfondo della casa che dovevano lasciare.
Bellissima serata, però dovrò chiedere al marito di mamma / figlia / nipote Elasti, il famoso mister Incredible, che è barese, se le orecchiette al pomodoro con sopra una montagna di ricotta salata grattuggiata abbiano virtù medicinali per il mal di stomaco, oltretutto più gradevoli del Buscopan.

4 pensieri riguardo “ORECCHIETTE O BUSCOPAN ?

  1. mancavano le cicorie, ecco perché sono stato male. Ne terrò conto se , sopravvissuto al tragico presente, potrò gustare ancora un bel piatto di orecchiette, magari in una futura possibile cena comunitaria.

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  2. concordo assolulatemnte con il resoconto fatto dal fratello. potrei averlo scritto io.
    ma aggiungerei una cosa: tutt'ora, dopo 35 anni di esistenza, nn saprei ancora dire cosa esattamente faceva il nonno talpone come lavoro.

    l'istrice ci ha poi -gentilmente- rotto le scatole a tutti con il correggere/tradurre/trascrivere le sue tesi di master(s), quindi possiamo dire di essere esperti di fisio terapia occupazionale.

    di nostro conto facciamo lavori piu' semplici da comprendere. uno lavora in banca ( tipo i nanetti di grindor di harry potter) e l'altro colora i pixel sul computer come si faceva sul corriere dei piccoli: a ogni numero corrisponde un colore.

    semplice.

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  3. Gran bella domanda:”cosa fanno i tuoi genitori, o meglio, che lavoro fa tuo papa?” Nel corso degli anni questa domanda, assai ricorrente, mi ha (prima) tormentato e poi, fortunatamente, solo divertito. Non esiste al mondo bambino al quale questo quesito non sia stato rivolto un miglione di volte a partire, forse, dal secondo o terzo giorno di scuola….certo è che se i miei genitori avessero scelto un lavoro normale; uno di quelli, voglio dire, che i bambini sognano di fare da grandi o quanto meno comprendono ovvero annoverano tra i lavori possib ili, sarebbe stata una domanda la cui risposta sarebbe sgorgata spontanea dalla bocca.
    Il problema è che ad un bambino di 6 anni non puoi chiedere di descrivere quello che anche oggi (quasi quarantenne) io non so spiegare vista la complessità della materia.
    Mia madre:

    Per i primi cinque- sei anni di vita ho avuto la convinzione che mia madre fosse una sorta di dama di compagnia per persone celebri…spesso infatti ci portava (a me e mio fratello) in case da sogno tra nobili, cantanti e ricconi presso i quali potevamo giocare con altezzosi gatti soriani dal pelo lungo quanto i capelli di Sandy Marton o una muta di cani avidissimi di volpi scozzesi in possenti e sconfinate magioni della brianza.

    Per i successivi dieci anni, abbandonate queste facoltose dimore, mia madre si è data al modellismo e alla biotecnologogia (credo); ci costringeva infatti a provare strani marchingegni di un materiale simile a plastica o gomma che secondo lei dovevano servire a tenere in mano penne, bicchieri, posate (etc.) per non so chi; la vedevamo domenica mattina che scaldava in grandi pentoloni abbontante acqua calda nella quale immergere questi strani oggetti per, poi, farceli provare modellandoli sulla forma della nostra (ustionata) mano.

    Successivamente ho poi compreso, come un atto di fede e senza comprenderne in assoluto il significato, che mia madre era e (forse) è ancora una riabilitatrice occupazionale; in realtà si incacchia se gli dici così, perchè dice sempre che questa definizione non esiste (anche se sono certo di averla sentita dalla sua bocca); …non l’ho mai capito quindi per non sbagliare le attribuisco tutti i titoli.

    In conclusione alla famosa domanda:”che lavoro fa tua madre?” ho sempre risposto che faceva la riabilitatrice occupazionale e a chi poi chiedeva cosa facesse questa professionista, ammicavo con l’occhio e dicevo:”lavora per la CIA”…questo bastava di solito per cambiare discorso.

    Mio padre:

    A mio parere il papà non ha mai lavorato per i primi quindici anni della mia vita; nel senso che sapevo benissimo che entrava tutti i giorni in un alto stabile in piazza cavour (sono stato mille volte) ma poi cosa facesse li dentro lo ignoravo e lo ignoro tuttora. Certamente mio padre non è sicuramente tra quelle persone che “portano” il lavoro a casa, nel senso che parlano della loro giornata la sera o nel weekend…e questo ha aiutato ad alimentare un alone di mistero rispetto alle sue mansioni nella sua ditta.

    Ricordo perfettamente tre cose: 1) le volte in cui andavo a trovarlo o mi portava al lavoro con lui c’erano decine di segretarie ed impiegate gentilissime che mi riempivano di complimenti, baci, caramelle e regali (sopratutto cancelleria); 2) aveva in carico il cral aziendale  o qualcosa di simile per cui gestiva il prestito ai dipendenti delle musicassette e video. Quando si trattava di dover acquistare qualcosa per il conto del CRAL era un sogno accompagnarlo al negozio “La voce del padrone” (negozio di musica ormai scomparso in Vittorio Emanuele) per proporgli e comprare musica hard rock dei più chiassosi gruppi americani in voga nella seconda metà degli anni ottanta; roba che assecondava i miei gusti di adolescente in fase metal  ma mal si addiceva a quelli musicali dei cinquantenni impiegati della sua ditta;

    3) le passeggiate o la visita al museo della storia naturale nel corso della mattinata o dopo pranzo in qualsiasi giorno lavorativo della settimana; questo aspetto l’ho rivalutato ultimamente quando, da impiegato di una laboriosa banca brianzola, mi costringono alla scrivania per almeno dodici ore consecutive e mi chiedevo quindi come facesse il babbo ad uscire dal lavoro quando gli pareva e a semplice richiesta. In ogni caso non ho mai conosciuto il capo ufficio di mio papà, forse non l’ha mai avuto o l’ha fatto subito fuori.

    Quindi alla domanda che lavoro facesse mio papà, nei primi quindici anni di vita ho risposto che lavorava all'azienda trasporti, per poi aggiungere subito che però non guidava i treni (cosa che volevo escludere non foss’altro perchè soffro tremendamente di claustofobia e non potevo pensare che un mio stretto congiunto fosse schiavo delle gallerie metropolitane);

    Dai miei quindici anni in poi mio padre, pur formalmente continuando a lavorare nella sua società, ha svolto i più disparati lavori saltuari e/o continuativi, credo che abbia evitato solo il mestiere del deejay (anche se non escludo qualche serata al vecchio Leoncavallo, che avevamo dietro casa) e lo sportivo in genere (l’indifferenza che il mio ascendente ha per ogni tipo di sport è pari solo a quella che il NANO nostrano ha per la mia Costituzione). Tra i molti mestieri, ha fatto l’assicuratore, l’agente immobiliare, il gioielliere, il contadino, il geometra,il sindacalista, l'attivista politico, il barista ai festival dell'unità, il perito e (credo anche) la guida turistica.  

    Insomma passati i quindici la domanda:”che lavoro fa tuo papa” non è più stata un problema, qualsiasi cosa dicessi l’aveva fatta, la stava facendo o aveva in mente di farla, quindi sicuramente non dicevo una falsità.

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