PICCOLI FIGLI CRESCONO


Quando era ospite della sorella maggiore nonno Talpone aveva sperimentato una serie di incubi notturni, nell’ultimo dei quali si trovava costretto a lavorare, per quanto pensionato, nella sua Ditta, quella che aveva assorbito più di 30 anni di vita, senza paga e forzato a muoversi su una stretta passerella tesa tra le volte della Stazione Centrale di Milano, tra mascheroni di pietra che lo sbeffeggiavano.
La causa forse poteva essere dovuta al bagno di servizio, quello accanto alla camera degli ospiti in cui dormiva, quello che lui usava sette o otto volte durante la notte, privilegio dell’età della sua vescica.
Era un bagno nuovissimo, appena rifatto secondo l’estro arredatore della sorella maior, con un pavimento di larghe piastrelle rosso sangue con pigmenti rifrangenti e con una serie di faretti sul soffitto di colore appropriato.
Si aveva così una luce diffusa, un sanguigno alone che si faceva man mano più intenso.
L’ambiente era ricercato, l’effetto mattatoio assicurato.
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Ma via quello era il passato e dopo una tempesta notturna che aveva sradicato alberi, allagato le pianure a sud di Londra e fatto fermare il treno su cui viaggiavano, nonno Talpone e l’Istrice Prussiana erano finalmente arrivati a Brighton e alla stazione li aspettava trepidante il loro figlioletto, con abbracci, baci e stritolamenti di costole ripetuti.
Anche se ora ha 37 anni per loro lui resta sempre il piccolino andato via, lontano da casa, il figlio minore, quello sperduto e indifeso.
Tempo mezz’ora questa illusoria credenza si era rapidamente dileguata, abbracciato il barbuto Tasso irlandese, messe a posto le valige, consegnati i regali mangerecci, era iniziato il fuoco di fila delle novità, dei consigli, dei suggerimenti pressanti, degli ordini categorici.
“Abbiamo comperato una nuova casa, dobbiamo andarla a vedere.”
“Stiamo valutando di comperarne un’altra, andrebbe proprio bene per voi se vi trasferite qui.”
“Se non vi piace ci sono degli appartamenti veramente funzionali ed economici, sono per gente sopra i 60 anni, vi è indipendenza, servizi e assistenza 24 ore su 24.”
“ Cosa avete deciso per il viaggio in Cina o al Kruger Park che piacerebbe tanto alla mamma ?”
“ Dovete fare almeno un viaggio impegnativo all’anno fin che siete in tempo. Avete due figli che vi possono aiutare.”
“ Anzi entro stasera bisogna prenotare il viaggio. Vi consiglio quello di tre settimane in Cina con il tour del Tibet.”
“ Ma veramente siamo appena arrivati per una breve visita – ha cercato di interloquire nonno Talpone – poi devo fare l’operazione alla cataratta e chi sa come andrà a finire, inoltre vorrei ancora rivedere Vicenza, non vi sono più stato da quando ero a militare, che bei ricordi … il Clinton, poenta e baccalà …”
“ Papaà, papaà ! Parlo di viaggi seri, la mamma è senz’altro d’accordo, non è vero?”
L’Istrice sorrideva beata e adorante al suo piccolo, dondolava la testa affermativamente, avrebbe acconsentito anche ad una spedizione tra i ghiacci del Polo Nord.
Il Martello di dio aveva colpito ancora.

UN BAULE IN OSTAGGIO


“ E io lo voglio portare a Milano, sissignore. Quel ragazzo saudita mi doveva 600 sterline ed è scappato a casa sua lasciando dietro solo il suo baule valigia, è sempre di Pierre Cardin, anche se era colmo di vecchi cavi da computer, DVD di sesso e sangue e confezioni intonse di preservativi.”

“ Papà, papaa … l’hai vuotato della robaccia, ma è pesante ed enorme, ti fermeranno alla dogana, lascialo qua che lo buttiamo via noi.”

“ Non se ne parla, può sempre servire, metti che invece di andare in vacanza a Terni o in qualche agriturismo, voglia fare una follia e spendere la mia pensione per una notte in una suite di un grande albergo, non so quale, né dove, ma avrei la valigia adatta, di Pierre Cardin, anche se dovessi riempirla di giornali vecchi.”

“ Papà sii ragionevole, dai …”

“ Voi non avete avuto il coraggio di portarmela a Milano, ci penserò io, sono della generazione che ha fatto la guerra, mica come voi!”

“ Ma se avevi due anni quando è finita!”

“ Non importa, una generazione di ferro quella del ’43 !”

“ Papaa .. prima o dopo Cristo?”

IL MONDO SENZA LE DONNE


Questa mattina al ritorno dalla piscina stavo facendo una serie di considerazioni di tipo statistico.

Contando la presenza femminile nel corso di nuoto per la terza età, mi sono accorto che il rapporto donne uomini era due a uno.

Nel corso di ginnastica comunale per anziani il rapporto sale a venti a uno, talvolta sono il solo maschio, peraltro a rimorchio di mia moglie, in una palestra con quaranta donne.

Quando praticavo yoga vi era il medesimo rapporto, ero costretto a cambiarmi in bagno, per quanto le mie eventuali velleità mache nello spogliatoio comune fossero pressoché nulle.

Nei blog della rete la maggioranza femminile è schiacciante, come nonno poi mi sento tremendamente solo, se non contiamo quello che vende formaggini e un defunto bestemmiatore campione della parolaccia.

I pochi amici rimasti della mia età nella maggioranza non sanno usare il computer, non praticano sport, lavorano spesso disperatamente per non sentirsi inutili, ne vedo molti girovagare stralunati per le strade, trainati da zampettanti cagnolini.

Esiste anche la minoranza dei sempre giovani, che sfoggiano macchine sportive, battelli e barche da regata attorniati da ventenni innamorate, secondo il noto cliché  del nostro piccolo comandante supremo.

La vecchiaia è una malattia inguaribile, in fase di deterioramento progressivo ( oggi sono come al solito ottimista ), ci sono rassegnato e vengo tenuto a galla principalmente dalla mia Istrice Premurosa.

Intelligente quella ragazza.

Essendo ormai nota la mia paura per i cambiamenti, i viaggi e gli spostamenti, che mi procurano insonnie e tremori preventivi, sabato scorso, la mattina, sono uscito a passeggio con lei, siamo passati vicino alla Stazione Centrale, ove mi ha chiesto di seguirla all’interno e poi su un treno.

Mi sono trovato così a viaggiare sino a Verona, per ammirare l’esposizione “ Da Botticelli a Matisse, volti e figure”.

Due ore d’incanto davanti a quei capolavori, poi un ristorantino “ Romeo e Giulietta “ i cui locali erano addobbati con sorridenti streghe che montavano manici di scopa.

Una piacevole passeggiata per le antiche vie del centro, una visita a Castelvecchio e il ritorno in serata, senza ansie e traumi.

Mi sembra di averla vista al computer a smanettare qualcosa su New York, ma non voglio approfondire.

Mi domando, e non da oggi, come sarebbe il mondo senza le donne.

L’ANZIANO MARINAIO


Domenica mattina al mercatino dei libri di piazza Diaz a Milano ho scoperto, tra un cumulo di libri accatastati su un instabile tavolino, una copia dei “ Giornali di bordo “ del capitano James Cook, dedicati al primo viaggio in cui circumnavigò la Terra da est a ovest.

Mi aspettano tranquille serate di avventurose letture, controllando i dati con gli altri quattro libri che possiedo sull’argomento.

Sono sereno, non avrò i soliti terrori e ansie che mi colgono ad ogni partenza, sia pure di poche centinaia di chilometri in treno o in aereo.

Forse sto cominciando ad assomigliare a quel Tartarino di Tarascona che leggevo da bambino.

I libri fanno piacevolmente sognare, quindi leviamo le ancore, ma Talpone più che capitano in poltrona vorrebbe tornare mozzo sui fantasiosi  vascelli dei suoi nipotini.

ANGOSCE E VERGOGNA


Oggi è tutto calmo, il tempo non passa mai, la solita uscita per acquistare i giornali, qualche compera al supermercato, una sbirciatina e due parole con l’amico della bancarella dei libri usati.

Niente giro al mercato ambulante di frutta e verdura oggi, siamo rimasti in due, abbiamo rifornimenti per una settimana.

Non parliamo delle scorte di carne, formaggi, uova e delle numerose vaschette nel frigorifero, contenenti sughi, brodo e minestrone, arrosti, frittate, zamponi cotti, bolliti e altre cose che ora non rammento.

La famiglia allargata è sempre rifugiata nel lazzaretto di Cinisello dagli altri nonni, tutti ammalati, costipati, febbricitanti, una bolgia di mal di gola e bronchiti.

Poverini.

A proposito, mi rendo conto che oggi non li ho ancora sentiti.

Il promettente avvocato non mi risponde al cellulare, sarà come sempre impegnatissimo in ufficio, al solito dieci, dodici ore di lavoro stressante, senza tregua, da schiavo in catena, ma in completo blu scuro e cravatta.

Che tempi!

Come l’altro lassù al nord, che lavora fino alle nove, dieci di sera.

Mi dico sottovoce che sembra debbano per contrappasso scontare il disimpegno lavorativo del padre, che le parole restino tra noi.

La figlia acquisita, grazie al matrimonio con lo schiavo prima nominato, mi risponde al secondo tentativo.

E’ trillante e allegra come un fringuello, anche se è appena guarita, sia pur con qualche postumo influenzale, anche lei al lavoro, lui invece finalmente ha ceduto e ora è a casa con la febbre.

Tutti al lavoro, che diamine !

Ma si sa, siamo a Milano.

E poi non bisogna lamentarsi adesso, con la crisi che c’è …

Io sono pensionato da dodici anni, posso parlare e criticare, salvo lamentarmi che ad ogni anno che passa i miei soldi diminuiscono.

Ma oggi mi sento indifferente, quasi beffardo, direi stoico.

Diciamo che in realtà sono rassegnato, se qualcosa non cambia, tra dieci anni, se sarò ancora vivo, farò il Barbapedanna.

Senza chitarrone, non ho mai imparato a suonare, ma mi vedo già in giro con un blocchetto di post gialli, su cui scrivere con un pennarello rosso poesiole giocose o saggi pensieri da pirla, da regalare ai passeggeri della metropolitana, poi passerò con il mio vecchio tubino inglese, chissà forse la cosa funzionerebbe.

Basta, invece sono preoccupato per quello che succede ai miei maschietti.

Finalmente lui, il mio piccolo, il mio promettente avvocato, il padre dei miei gloriosi nipotini, mi risponde con un vocione roco.

“ Ciao papà !”

Subito mi scateno : “ Come state? Ancora la febbre? Ma il medico cosa dice? Avete bisogno di cibo, bevande, acuisti in farmacia, consigli, soldi, commissioni urgenti, pagamento di bollettini postali, multe? Dimmi, se c’è qualcosa che posso fare, io mi posso liberare da ogni impegno, conta su di me”

“ Papà grazie, no, qua siamo tutti ammalati ma ce la caviamo. Pensavo però che se vuoi domani veniamo tutti a casa tua”

“ Come a casa? Da me intendi? Ma se siete pieni di virus, vuoi farmi ammalare? Proprio adesso che ho prenotato il viaggio a Napoli, cinque giorni, tutto già pagato, albergo tre stelle, treno Italo veloce, mica il solito Intercity.  Solo che per risparmiare ho acquistato i biglietti scontati, tipo last minute, senza possibilità di recesso.

Io vi vorrei, non mi importa di ammalarmi ancora, oh avervi vicino, ma, ma … martedì dobbiamo partire per quel viaggio lontano, non vorrei ammalarmi, mi capisci?”

“ Va bene papà, credevo che anche la mamma mi volesse per la solita settimana da voi, non vorrei che si offendesse …”

“ No caro, vi vogliamo, ma ora, capisci, il viaggio a Napoli … Ciao, ti telefonerò ogni giorno, guarite, mi raccomando!”

Ecco, diciamolo, sono terrorizzato dall’influenza, l’ho già avuta dopo Natale, mia moglie all’ultimo dell’anno.

Capite, i nostri viaggi, quelli che sognavamo di fare, dal tour completo della Cina ci siamo ridotti al safari economico in Africa, poi alla settimana a New York, restringendoci al weekend lungo a Lisbona in bassissima stagione.

Ora siamo al tour giù a Napoli.

Sento in fondo al cuore che tutto forse si ridurrà ancora in un fine settimana a Terni, la perla della Conca, flagellata dalla pioggia e dal gelo.

Mi sento ugualmente un padre sciagurato, ho i rimorsi di coscienza.

Peccatore, ecco cosa sono, vergogna!

Poi perché Napoli? Da anni non ci vado più, cosa troverò laggiù?

Dicono che la prossima settimana avremo nevicate, devo portare gli scarponi pesanti da montagna?      Magari anche il mio vecchio colbacco di pelo con la stella rossa, ricordo di Mosca, bei tempi, ho ancora presente lo scambio furtivo della borsetta di plastica, omaggio dell’Intertourist, con quel caldo berrettone.

E il Vesuvio ? Non entrerà in eruzione quando saremo laggiù? Non si sa mai, dicono “ vedi Napoli e poi muori “, non ricordo quando ci fu la famosa eruzione di Plinio il Vecchio, sarà forse avvenuta a febbraio?

Mentre cerco informazioni tra i libri di storia sento che la mia Istrice mi sta chiamando : “ Sbrigati, dobbiamo andare in palestra, io sono già pronta, mettiti la tuta!”

“No guarda, adesso sono impegnatissimo, ho dei problemi da risolvere”

“ Smettila, niente scuse, dai pigrone, ti conosco, forza, ci stanno aspettando”

Mi alzo affannato, cercando scarpette, magliette e borsone, non mi ricordo più quale era il problema.

Non importa, so di essere fortunato di avere una graziosa terapista della riabilitazione a domicilio, il resto non conta.

EPIFANIE


Oggi abbiamo iniziato a staccare gli allegri addobbi natalizi dalla porta di ingresso, dagli specchi e dalle varie pareti di casa.

Abbiamo riposto negli scatoloni le palline colorate di vetro soffiato, i nastri argentati, le stelle e stelline di carta, ritagliate e colorate insieme ai nipotini.

Anche l’albero di Natale, rimasto spoglio e ormai simile ad un ombrello scarnificato da una sferza di vento invernale, sarà ripiegato ed ecologicamente riposto in solaio per il prossimo lontano Natale.

L’Epifania è veramente il suggello di chiusura di tutte le feste, non la sopportavo anche da bambino, chiudeva una illusione di paese dei balocchi, i miei dicevano “ L’Epifania ogni festa porta via”

Basta quindi con i regali e i dolciumi, allora veramente sobri e quasi avari, basta con quelle cene in cui apparivano a tavola gli affettati con i sottaceti, i ravioli galleggianti nel brodo fumante ( servono a mettere a posto lo stomaco!), l’arrotolato d’arrosto e il bollito, un grande panettone e i torroni.

Allora non si ingrassava granché.

Si tornava subito al risotto, la trippa, i polpettoni, l’aringa affumicata e le frittatine.

La domenica era festa, si mangiava il pollo con le patate arrosto.

Innumerevoli le polente con ogni tipo di condimento, la grossa michetta da finire ad ogni pasto ( non devi lasciare nemmeno una briciola, pensa ai bambini poveri! ).

Ah già, al primo dell’anno sempre uno zampone bollito emergeva dall’apposita pentola oblunga, avvolto in un sudario untuoso di stoffa cucito con perizia dalla mamma sarta, si serviva nei piatti a grosse fette con contorno di lenticchie, quelle grosse, marroni e indigeste.

Ma portavano fortuna, mi dicevano, ogni chicco era una moneta che si sarebbe senz’altro guadagnata, ogni anno io bambino ingenuo trangugiavo grosse mestolate di quei legumi, fiducioso che quell’anno saremmo diventati finalmente ricchi.

Invece, in quei avventurosi anni del primo dopoguerra, indossavo sempre gli abiti smessi e riadattati di mio padre e di mio fratello maggiore, i regali li ricevevo solo a Natale, sfortunatamente troppo vicino al mio compleanno, il gelato alla domenica era un sogno spesso inutilmente perseguito.

Le nostre vacanze estive, con la chiusura della scuola, iniziavano con il trenino delle Varesine e con il tram a scartamento ridotto che ci portavano al bilocale-cantina in affitto, con servizi all’esterno, nel mio paesino natio, lungo la strada che serpeggia verso il Campo dei Fiori.

Vicino al nostro casermone vi erano, a parte le alte recinzioni che chiudevano dei misteriosi vasti parchi signorili, alcune cascine e poco più in alto un piccolo cimitero tra i pini, luogo ameno e meta di coraggiose escursioni serali, con la piccola banda di amici, per mostrare prove di coraggio.

Il traguardo massimo, difficilmente raggiungibile, era quello di entrarvi dentro di notte, saltando il muretto per assistere impavidi al manifestarsi di un guizzante fuoco fatuo tra le tombe.

Personalmente devo confessare di non esservi mai riuscito.

Mio fratello maggiore d’età si vantava di averli visti più volte, io gli domandavo ansioso se erano veramente spettri o anime dei morti, come noi piccoli fantasticavamo.

Lui ci dava degli ignoranti, spiegando inutilmente che si trattava solo di gas di decomposizione che risaliva tra le pietre e s’infiammava.

Ma per noi già l’avvicinarsi al pesante cancello arrugginito del piccolo cimitero era un’impresa, di giorno ci intimoriva anche l’entrarvi  di soppiatto, sulla destra dell’entrata s’incontrava una cappella con sbiaditi affreschi del giudizio universale, quasi per dare un macabro benvenuto.

Ora, come ogni persona anziana, mentre ripongo gli ornamenti natalizi, ripenso a quei giorni lontani con stupita commozione.

I nipotini ieri sera erano ripartiti con i loro genitori, portandosi via il contenuto delle grandi calze della befana: libri, feroci guerrieri con durlindane e alabarde, flaconi di sapone all’arancia e ai frutti di bosco ( introvabili per ora quelli alla cioccolata ), rossi nanetti che emanano bagliori, caramelle, cioccolatini.

Si sono stupiti di trovare in fondo alle calze delle lucide mele verdi e dei profumati mandarini, ancora abbarbicati ai rametti con le foglioline.

Da bambino questi ultimi erano i veri regali che chiudevano le feste, lasciandomi un profumato saluto di addio.

Sono ricordi da vecchio, me ne rendo conto e mi scuso, ma nonno Talpone non lo posso scacciare quando ancora mi si avvicina, con l’aria svagata e timida di un gatto randagio, che ti annusa e ti guarda, incuriosito e perplesso, in un mondo ancora spesso incognito e crudele.

IL PIONIERE


Quando si sposa una donna attiva, intelligente, irrequieta, agitatissima per mille impegni che lei si assume, anche se nessuno glielo chiede in modo esplicito, si viene di conseguenza travolti da certe frenesie che sono estranee alla nostra intrinseca costituzione.

Anche se la cosa può riservare sorprese inaspettate, che sono il condimento della vita.

Nonno Talpone, ormai guarito dai suoi piccoli malanni, si stava crogiolando a Milano in compagnia dei suoi nipotini, incontrando i vecchi amici, leggendo ed eseguendo con timido fervore gli esercizi sportivi imposti ( quelli stile soft per la quarta età, gli over 65 ), quando è stato trascinato in Umbria dalla sua Istrice Amorosa.

“ Ma le previsioni del tempo segnalano pioggia, maltempo e temperature a zero gradi – si è lamentato lui pretestuosamente, dopo aver consultato il suo amichetto bianco, l’Android  multifunzione, che tra l’altro ha spesso avuto il suo punto debole nelle previsioni meteo.

“ No zucca mia – ha precisato lei in tono che non ammetteva repliche – bisogna scendere in Valnerina a raccogliere le olive, farle macinare e acquistare l’olio che serve per i tuoi figli, l’amico commercialista, il dentista, la vicina che ci offre la damigiana di Barbera, il medico della mutua e anche coso, come si chiama … insomma bisogna andar giù in auto, niente storie.        E poi voglio rivedere le mie gattine, così carucce, tesorini miei … se avessi un giardino o un terrazzo le porterei tutte a Milano “.

In questo senso lui pensa che è fortunato ad abitare da più generazioni in un appartamento al terzo piano senza ascensore e con balconi che non arrivano a due metri quadri.

A Talpone piacciono i gatti, ma è anche geloso dello sviscerato amore per i felini di sua moglie, vorrebbe essere il solo amato bene, come in una foto che lei gli scattò più di quarant’anni fa, sornionamente sdraiato in poltrona con una lavagnetta in mano in cui era scritto con un gessetto “ Gattus Poeticus “

Bei tempi di amore travolgente, di liriche poetiche languidamente scritte, di esposizioni di neoavanguardia pittorica in giro per l’Italia.

Ora si è solo nonni, ma questo tuttavia non si può negare che lo riempie di soddisfazione e di felicità matura.

Bene, ora sono arrivati nella loro casetta tra i boschi, le montagne intorno a loro sono coperte di neve, le piante hanno lasciato a terra cumuli di foglie marce, c’è un freddo umido che intirizzisce ed entrati in casa scoprono che il riscaldamento non funziona.

Per colpa di un manometro guasto Talpone nell’ultima visita locale  non si era accorto che il bombolone esterno di GPL era ormai completamente vuoto.

Niente gas per la caldaia dell’acqua calda e del riscaldamento, niente gas per scaldare un tè, per poter cucinare, visto che anche il microonde si è improvvisamente guastato.

Hanno acceso il camino, caricandolo di pezzi di legna che per fortuna il nonno aveva prudentemente accumulato, hanno scovato una vecchia stufa catalitica che funziona con una piccolo bombola autonoma e hanno tratto fuori dall’armadio uno scalda materasso elettrico per poter dormire al gelo.

Talpone ha provato a suggerire di poter usare il riscaldamento corporeo come si usava in gioventù, ma subito zittito si è adeguato ai ritrovati moderni, accontentandosi di condividere un robusto bicchiere di grappa.

Ieri il generale prussiano, quello che ha felicemente sposato tanti anni fa, ha imposto la raccolta delle olive quindi, armati di scale, rete e pettini giallo canarino, hanno iniziato il loro lavoro tra il vento gelido che smuoveva i rametti delle piante.

La numerosa gatteria ha partecipato alla festa, ammirando l’operosità dei lavoratori e giocando a palline con le olive che rotolavano nella rete.

Nonno Talpone, dopo alcune smorfie ed imprecazioni, ha apprezzato questa esperienza da rude pioniere, cominciando a fantasticare una vita trascorsa in una capanna tra i boschi, con le candele, il braciere acceso e le patate cotte sotto la cenere.

Ieri sera è giunto improvvisamente un forte temporale, con tuoni e abbaglianti fulmini, la luce è stata tolta, come sempre avviene nelle frazioni sparse, così è stato accontentato nei suoi sogni avventurosi.

Il computer portatile aveva la batteria carica, così vi saluta da pioniere, per poco si spera.

VENEZIA 40 ANNI DOPO


Il momento tanto atteso, la giornata in cui andare a trovare i nipotini all’uscita dall’asilo e dalla scuola, è arrivata ieri, con un Polipetto assonnato, preso in braccio e subito consolato con un cornetto al cioccolato, per poi passare alla scuola elementare dello Scoiattolino, uscito saltellante e gioioso alla fine della sua  “ carcerazione “ e ricompensato con una grossa morbida ciambella col buco, il suo “ bondonde “ zuccheroso e ripieno di crema.

I nonni danno troppi vizi?

Certe volte me lo chiedo, ma nonno Talpone mi ha rassicurato.

“ Ma che dici mai ? I genitori devono dare amore, sicurezza e norme di vita, i nonni amore e complice gioiosità”.

Magari possono essere leggermente ansiosi e ossessivi, come quella signora dai capelli argentati che quando l’hanno presentata a nonno Talpone ha subito esclamato veemente e risentita “ Ma lei è quello che vuole portarci via il nipotino !”

“ No signora – ha farfugliato sorpreso l’accusato – è suo nipote che voleva entrare nella nostra famiglia, ma vede, noi giochiamo ai pirati che sognano di andare per il mondo a scoprire favolosi tesori. Ma poi torniamo subito !”

Ho avuto la confusa impressione che la signora volesse subito chiamare il 113, in ogni caso quando incontro l’amico del cuore dello Scoiattolino  tra noi c’è un rapido passaggio nascosto di caramelle Cocafritz, da dividere con i fratellini, quale anticipo del futuro bottino.

Ai giardini i nipotini si sono scatenati con i loro piccoli amici, noi nonni siamo stati gli osservatori di supporto, a rinviare una palla, a riparare un giocattolo, a salvare l’incauto bimbetto che non riusciva a scendere dal traliccio metallico.

Siamo alla fine ritornati alla loro casa, in tre in precario equilibrio sulla bicicletta della mamma, dev’essere magica, perché sa trasformarsi in astronave, con campanelli missili e fanali a raggi laser.

Erano stanchi anche i nonni all’ora di cena, due giorni consecutivi di ginnastica e piscina, sia pure per la terza età, si erano fatti sentire.

Ma questo fine settimana, per ben tre giorni, la famiglia di nonno Talpone al completo si riunirà a Venezia per festeggiare i 40 anni di matrimonio dei due giovani innamorati.

Proprio quella città romantica e senilmente decaduta in cui, come per i matrimoni dei bisnonni nel primo novecento, tanti anni fa erano approdati, dopo un lungo viaggio in una cinquecento giallo uovo, quei due ragazzi spensierati e poveri, ma ricchi di illusioni, sogni e immensa felicità.

GLI EVASI DI VENTOTENE


Ieri sera, terminata la cena a casa dei cognati, presso cui è momentaneamente ospitato, quale profugo famigliare, nonno Talpone è stato improvvisamente aggredito verbalmente dalla cognata Paperoga, che impugnava la bottiglia di vino che presa dalla tavola.

“ Quanto vino hai bevuto tu ?”

Distogliendo lo sguardo dalla sparatoria tra gang di rapinatori del vecchio film che stava mostrando la televisione, il nostro amico, sorpreso e con un vago senso di colpa che lo prende sempre quando è proditoriamente assalito, non ha saputo rispondere subito.

Era forse un atto di accusa per aver trascurato il problema dei propri diverticoli ?

Aveva magari macchiato la tovaglia pulita ?

Aveva inconsciamente bevuto troppo, abusando dell’ospitalità offerta ?

La cena era stata semplice ma gustosa, sulla tavola  era stata posta una bottiglia d’acqua minerale ed una bottiglia di vino, peraltro già iniziata, eravamo in tre, io, l’accusatrice e il cognato Lingua di Ferro.

Paperoga, accigliata e con lo sguardo duro da domenicano della santa inquisizione, ha agitato il fondo della bottiglia e ha ripetuto bruscamente.

“ Tu quanti bicchieri hai consumato ? Dimmelo subito senza barare !”

Barare ?

E perché mai ?

Muovendo lentamente la testa, ancora stupito, nonno Talpone ha scorto il cognato Lingua di Ferro, appollaiato nella poltrona preferita e alle spalle dell’accusatrice, che restava stranamente ammutolito, quasi paralizzato, aveva solo gli occhi spalancati che roteavano incessantemente con una strana espressività.

“ Allora rispondi, quanto ne hai bevuto tu di vino ? – ha ribattuto lei implacabile.

“Non so, qualche bicchiere, non ricordo – ho risposto esitante, rendendomi conto alla fine, con un certo sollievo, che non ero più l’accusato, ma solo il testimone a carico.

“ Ne ho bevuti parecchi, vero ? – ho chiesto gentilmente, con l’aria sottomessa di un cane che è stato sgridato per aver involontariamente  mangiato qualcosa di proibito.

“ Non è per te, che però devi aver cura dei tuoi diverticoli, ma a questo ci penserà poi mia sorella. E’ per quel disgraziato – ha precisato, puntando l’indice sul colpevole marito, che cercava disperatamente di farsi inghiottire dalla capace poltrona in cui era sempre più rannicchiato.

“ Non deve bere più vino, gli fa male, deve bere acqua, almeno tre litri al giorno, me l’aveva promesso.  Lui ! – ha precisato, girando il viso aggrottato verso il penitente.

“ Vi controllo ora, avete capito ? E non russate stanotte, altrimenti vi butto fuori casa e dormite in giardino ! – cosi Paperoga, nella sua veste di appuntato dei carabinieri,  ha chiuso la sua requisitoria, portandosi via la bottiglia incriminata, per segnarvi il livello rimasto o per vuotarla disgraziatamente nel lavello della cucina.

Mio cognato ed io ci siamo guardati con aria colpevole ed accorata, poi abbiamo mormorato :

“ Come era bello quando eravamo soli al mare.   I letti sfatti, i bagni e le nuotate che duravano delle ore, la pesca in barca fino alle tre del  mattino, le cene abbondanti e saporite di pesce quando si aveva fame. Oh le carbonare con otto uova, pancetta e pecorino a volontà, i cadaveri delle bottiglie ammonticchiate a terra senza contarle, una benefica strage, che dava allegria e ci faceva cantare e ballare in piazza le canzoni napoletane del tempo antico.  Ti ricordi ?”

L’anno prossimo nonno Talpone e Lingua di Ferro, cognati, amici e complici, cercheranno di fuggire ancora nell’isoletta di Ventotene, paradossalmente come evasi verso la libertà.

UN TONFO AL CUORE


Un’altra giornata calda di sole, per una situazione meteorologica bizzarra come quella inglese, anche se si è in piena estate questo sembra già un’anomalia.

Dopo aver piacevolmente dormito ben oltre le dieci, nonna Istrice si era svegliata sorridente e felice, scendendo a salutare il marito che, seduto al tavolo della sala davanti alla sua seconda tazza di te con tarallucci alla cipolla, aveva già un’aria mortificata.

Avendone chiesto il motivo, il buon nonno Talpone aveva ammesso che, svegliatosi poco dopo le sei, aveva letto una ventina di pagine di Grandi Speranze sul suo specchietto elettronico rosso ciliegia, poi, in uno slancio di giovanile ardore, si era armato di cesoie e aveva iniziato a tagliare rami, cespugli, rovi, edera e rampicanti vari che avvolgono la casetta ove sono ospiti, dopo probabili anni di abbandono.

Purtroppo, ostinandosi a lavorare in pigiama,ciabatte e soprattutto senza occhiali, nello sfrondare il glicine che oscurava metà della finestra aveva tranciato due grossi cavi elettrici neri.

“ Cucciolo ! Spero che non fossero della corrente ? – aveva chiesto ansiosamente la soave Istrice.

“ Per fortuna no, erano collegati alla parabola esterna del ricevitore satellitare, cosa dirà ora la sorella maggiore ? – rispose il malcapitato, immedesimato ancora nella veste di Pip, schiavizzato dalla sua parente.

La buona moglie l’aveva rassicurato con toni di allegra condiscendenza, ad ogni cosa c’è rimedio, poi aveva preparato la colazione per due e persino superato lo choc di lavarsi con acqua fredda, dato che nessuno dei due aveva capito come funzionassero questi boiler inglesi, dotati di enormi cisterne metalliche coibentate, rinchiuse negli sgabuzzini più nascosti e dotati  di pulsanti, manopole, rubinetti.

Appaiono allo straniero come antiquate locomotive senza ruote, frettolosamente accantonate negli angoli di casa dai tempi della locomozione a vapore di epoca vittoriana.

Infine i due nonni erano usciti per i viali soleggiati, tenendosi per mano e scendendo verso il centro di Cambridge, teneri e spensierati, lui con camicia a maniche lunghe e una severa casacca blu, lei prudentemente con golfino panna e una giacca a vento da velisti color rosso fuoco.

 

Stranamente incontravano uomini in calzoncini e magliette, le ragazze in camicioni leggeri trasparenti o con corpetti aperti ad ogni lato e hot pants.

Poverini, forse erano 25 gradi, per loro evidentemente equivalenti ai nostri 36 – 42, cosa avrebbero fatto mai nel deserto, meditava nonno Talpone, ricordando una passata gita nel deserto rosso giordano, in cui aveva orgogliosamente sfoggiato una lunga giaballah verde bottiglia e un lenzuolino bianco sfrangiato avvolto attorno al capo, tanto da assomigliare, secondo la sua personalissima opinione, al divino Lawrence, il suo mito assoluto di avventuriero.

Girellando per i negozi addobbati con grandi cartelli di saldi e i negozietti delle numerose  Charity nonna Istrice aveva acquistato a pressi di un caffè con brioche due magliette sbarazzine, un giubbotto di lana colorato e una pesante coperta matrimoniale verde bosco.

Alla fine avevano fortunatamente scoperto alla Salvation Army un’enorme valigia di tela con rotelle in cui inserire tutti gli acquisti, volendo ci si sarebbe comodamente accomodata l’Istrice stessa.

Era stato accuratamente perlustrato anche un grande magazzino in cui ogni oggetto costa solo una sterlina, generando un’orgia di ulteriori acquisti, nonno Talpone arraffando pilette colorate con fischietto da calciatore e bussola annessa, set di modellini aerei in balsa da far volare, freccette con bersaglio, ciabattine e cappelli da Batman, pennarelli, DVD di cartoons, libretti da colorare.

Nonna si era invaghita di set di limette per unghie con fantasiosi colori e di una incredibile pinzetta per le ciglia che torce e strappa il peletto anche grazie ad un puntatore laser.

Con il loro valigione baule si erano infine fermati in un Caffè Nero, accomodati beatamente in comode poltrone di cuoio, strategicamente posti dietro alla finestra principale in cui si dominava il passaggio della gente, godendosi lo spettacolo insieme ad una torta double chocolat con panna e cappuccino cremoso, oziando e chiacchierando come due signori d’altri tempi.

Al ritorno, risalendo la china nella calura pomeridiana, si erano man mano sfilati gli indumenti pesanti, infilandoli nel provvidenziale valigione.

Che affare !

Come essere felici spendendo in tutta la giornata meno di 40 sterline!

“ Però ora mi sento battere il cuore in modo convulso, con un  sussulto ogni tanto – aveva confessato nonno Talpone, fermandosi stremato all’ombra di un albero del viale.

“ Bisogna che ti fai vedere, passerotto mio, anch’io prendo ogni mattina la Cardioaspirina – l’aveva rassicurato nonna Istrice, inoltrandosi in un dettagliato resoconto di come potesse variare il battito cardiaco, le sue conseguenze e i possibili rimedi.

Nonno Talpone non capisce proprio nulla di medicina e se ne tiene lontano con una netta avversità pregiudiziale, pari a quella che nutre verso avvocati e architetti, non si sa per qual motivo.

Si erano rimessi in viaggio lentamente, lui trascinando il valigione a rotelle, tenendosi leggermente le mani, teneramente, come quando si incontrarono per caso a Londra 43 anni fa e si dichiararono il loro amore.

Lui adesso, con il suo cuore che tonfa e si contrae aritmicamente, era assurdamente sicuro che batteva in tal modo solo per amore.